La Stampa, 14 settembre 2023
Måneskin, l’ultima rock band. Lo dice New York Times
Nel 1979, in pieno boom della disco music, negli uffici di una casa discografica italiana si discuteva se pubblicare la canzone My Sharona della band esordiente americana The Knack, e qualcuno sentenziò: «Ancora con’sto rock? Non avete capito che il rock è morto?». Quello fu il disco più venduto dell’anno nel mondo, e guidò l’ennesima resurrezione di un genere la cui morte viene ciclicamente annunciata e puntualmente smentita. Oggi il rock è, dal punto di vista della rilevanza sul mercato, un genere di seconda fila, i grandi numeri dello streaming sono nelle mani del pop e della trap. L’ultima canzone rock a conquistare il numero uno nella classifica americana è stata How You Remind Me dei Nickelback, nel 2001. Ventidue anni fa. Forse è per questo che gli italiani Måneskin sono appena stati definiti «The last rock band» nientemeno che dal New York Times, che ha dedicato loro un lungo articolo dopo averli seguiti nei trionfali concerti estivi negli stadi di Roma e Milano, pubblicato alla vigilia del prestigioso premio «Best Rock» vinto ieri agli MTV Video Music Awards nel New Jersey.
Perché «l’ultima rock band»? Non certo per mancanza di compagnia, visto che sono ancora in piena attività molte band storiche, dai Rolling Stones in poi, e tra quelle nate negli ultimi vent’anni ce ne sono diverse che godono di ottima salute e fanno numeri importanti ai concerti: dai Killers agli Imagine Dragons agli Arctic Monkeys. Ma i Måneskin sono probabilmente l’ultima band in ordine di tempo che, con una proposta musicale mutuata dai canoni tradizionali del rock, è diventata un fenomeno pop. Sono quelli che, come ha detto Rolling Stone Usa: «Dimostrano cosa deve fare il rock’n’roll per farsi notare». Che si facciano notare non c’è dubbio, e la loro forza è proprio quella di essere una band, un corpo unico in cui quattro individualità si alimentano tra loro, creano una immagine, e in qualche modo si proteggono l’un l’altro. «Negli anni del punk – aveva detto Paul Simonon dei Clash – il ruolo dei bassisti come me era quello di proteggere il proprio cantante. E i cantanti, ti assicuro, avevano molto bisogno di essere protetti». Dunque, per permettere a Damiano di svettare a petto nudo come un nuovo «Rock God», prendendosi, come ieri notte durante la performance su MTV, un bacio volante della più grande star dell’universo musicale Taylor Swift, ci vogliono attorno a lui la grinta sexy di Victoria, gli assoli di Thomas e le chiome di Ethan che si agitano dietro la batteria. È una formula rodata, un assioma della performance, un modulo che hanno imparato appassionandosi a tutta la storia del rock che li ha preceduti. Poco importano le stroncature, una band così va avanti dritta anche dopo che l’autorevole magazine americano Pitchfork ha definito il loro ultimo album «Assolutamente terribile ad ogni concepibile livello». «Quando vedono una band di giovani carini e vestiti eccentrici pensano che non sia vero rock’n’roll, solo perché non siamo brutti e dentro a un garage», dice Victoria De Angelis. Che qualsiasi tipo di rock si avvicini troppo al mercato di massa sia «il male» è, da sempre, una convinzione dei puristi, valeva per il punk negli Anni ’70, per la new wave negli ’80, e a maggior ragione quando il rock cosiddetto «alternativo» degli Anni ’90 era diventato il genere di maggior successo al mondo. Probabilmente da allora, da trent’anni, il rock non dice più nulla di universalmente rilevante. L’ultima rivoluzione è stata quella dei Nirvana in America e del Brit Pop in Inghilterra, tra il 1991 e il 1996, ma anche quella era musica derivata da ciò che c’era stato prima: il punk, il metal, e ovviamente i Beatles. Non cerchiamo il capolavoro nel rock dei Måneskin, né di chiunque altro. Non aspettiamoci niente di nuovo dal rock, in generale, quello suonato con chitarre basso e batteria. I Måneskin hanno successo, fanno rock muovendosi in ambito pop, e per questo vengono bersagliati da critiche, ma il pubblico è dalla loro, riempiono gli stadi e sono super professionali pur avendo tutti tra i 22 e i 24 anni. Si stanno per imbarcare in un tour di arene in Usa che parte la settimana prossima dal tempio sacro del Madison Square Garden di New York. Nessuna band italiana era mai arrivata a tanto. Non sono di certo l’ultima rock band, dopo di loro ce ne sarà sempre un’altra, e ci sarà sempre qualcuno a dire che il rock è morto