La Stampa, 14 settembre 2023
L’arte di Manganelli
Avete mai tenuto fra le mani un libro che in modo speciale e assoluto si possa definire “museo leggibile”? Ne stanno uscendo due, entrambi dedicati a Giorgio Manganelli, prosatore unico e inestimabile, di cui nel 2022 si è celebrato il centenario dalla nascita, strettamente connessi fra loro e integralmente dovuti alla felice e rara capacità di Andrea Cortellessa, critico letterario, di attraversare i confini tra discipline, facendo riflettere le luci delle arti visive con quelle della scrittura, e studiando il lavoro degli autori che tali specchi li hanno costruiti come tavole sperimentali coltivate: parole che fanno venir voglia di mettere al mondo segni nuovi. Arte e letteratura, sublimemente comparate.
Facciamo una prova. Provate a cercare su Google L’uccello profeta dello scultore Fausto Melotti, opera meravigliosa del 1965. Guardatelo con cura. Ora leggetene questa descrizione: «giochi d’ombre, evocazioni di altri elfi, sonorità soffocate, richiami che non si capisce donde provengono, storie, memorie, favole, miti trasformati in prodigiosa quanto casta metamorfosi in reticolo di fili, un rimbalzo di pendoli, sagome tra birillo e ninfa, lembi di stoffa che mantengono memoria di corpi divenuti esigui come il vento». Le ha scritte nel 1989 Manganelli, appunto, e le trovate in Emigrazioni oniriche (Adelphi), raccolta appena uscita di suoi scritti sull’arte e sull’architettura (e più in generale il cosmo visivo-oggettuale) che è esattamente questo: mirabile operazione curatoriale di Cortellessa, grazie alla quale si viaggia tra i capitoli come in un sogno espositivo, fragile e indimenticabile a un tempo.
E c’è di più. A una sezione del libro, intitolata Esigui e iracondi – i titoli di Cortellessa suonano splendidi – è ispirata una mostra che apre il 21 settembre a Roma, al Museo di Roma in Trastevere (fino al 24 gennaio 2024) che il curatore Cortellessa ha voluto battezzare con un altro gioco perfettamente intonato alla poetica di Manganelli, Illustrazioni per libri inesistenti, e che contiene opere di artisti importanti del secondo novecento soprattutto italiano, da Carol Rama a Gastone Novelli, oltre che Melotti, Giosetta Fioroni e svariati altri.
Basta sfogliare il volume adelphiano per venir rapiti dalla felice associazione di titoli perfetti a opere in cui perdersi, sempre in una sospensiva altalena tra visione e vocabolo. Manganelli ci fa letteralmente impazzire nelle descrizioni della grande pittrice torinese Carol Rama: «Una sinistra violenza, una vocazione alla disobbedienza, l’angoscioso amore della infrazione; un narcisismo perverso, lacerato, piagato, tetro e impetuoso, la predilezione per la frattura: tutto è tragico nella pittura di Carol Rama, tutto è sapientemente deforme».
Nelle emigrazioni di questo formidabile labirinto di pagine si possono ritrovare anche antichi amori come il saggista britannico Edgar Wind, che con i suoi scritti ha illuminato il rapporto tra mitologia, magia e immagine nel Rinascimento. Oppure Lucio Fontana e il suo progetto per il Duomo di Milano, così chiosato: «il primo gesto di Fontana di fronte alla mole del Duomo è un gesto ironico, la scelta di una presenza minima, una nonforma, un nonesistente, un nonreale: l’acqua è un riso e una erosione». E cosa dire dell’interpretazione di Luigi Serafini, forse unico vivente tra gli artisti presenti nel libro e nella mostra, noto ai più per il Codex Seraphinianus, capolavoro di calligrafia visionaria e fantastica che aveva attratto anche le passioni di Borges e Calvino? C’è «una qualità singolare della fantasia grafica di Serafini – si legge -: qualcosa che direi ilarità senza gioia, anzi una sorta di cupezza, un fondo oscuramente maniacale, una iterazione magica e superstiziosa…».
Ogni pagina di questi due volumi (Emigrazioni oniriche e Illustrazioni per libri inesistenti) si presta a microscopici e intensivi corsi di prosatura: sì, non parlerei nemmeno di scrittura, nel caso di Manganelli, ma proprio di un gesto pittorico costituito da verbi, nomi, aggettivi, preposizioni: la prosa è una rasatura del mondo, ma una rasatura al contrario, che rivela misteri, grotte, vuoti potentissimi e sibilanti pieni in cui ogni frase liscia e aderisce al soggetto su cui si posa, come il pennello di un muratore specializzato.
Consiglio a qualsiasi praticante della letteratura (e delle arti) di intingere la mente in questi saggi, i cui titoli da soli (coniati dal curatore) valgono una vertigine poetica assolutamente contemporanea: Nonluce e nonombra, Abbreviata immagine del cosmo, Eleganza deserta, Cenerentola acrobatica, Violenza immobile, I furori delle nuvole, Costanza del nero, il soffitto del mondo. «Non è impossibile che all’inizio dei tempi il mondo, l’universo fosse affollato di dèi; non c’erano amebe, non sau- ri, non uomini; solo dèi. Codesti dèi esercitavano un potere discontinuo, disordinato, isterico; possedevano mondi, perdevano mondi, inventavano mondi».
Facciamo come Manganelli; avventiamoci sugli artisti, sulle architetture, sugli oggetti, perché in larga misura sono i nostri dei. —