il Fatto Quotidiano, 13 settembre 2023
Il “Giulio Cesare” tradotto da Montale
Anticipiamo stralci della traduzione che Montale fece del “Giulio Cesare” di Shakespeare per la messinscena di Strehler a Milano nel ’53. È il celebre monologo di Antonio, interpretato da De Lullo, che il poeta stroncò: “Non è il personaggio del testo. Non ha nulla di furbo e di machiavellico…”. Il libro sarà presentato il 20.09 al Piccolo.
ANTONIO: Amici, romani, concittadini, prestatemi orecchio. Vengo a seppellire Cesare, non a farne l’elogio. Il male che gli uomini fanno, sopravvive ad essi; il bene è spesso sepolto con le loro ossa; e sia così di Cesare. Il nobile Bruto vi ha detto che Cesare fu ambizioso; se lo era, fu una colpa e Cesare l’ha scontata duramente. E qui, con licenza di Bruto e degli altri – poiché Bruto è un uomo di onore e anche gli altri lo sono – io comincio a parlare al funerale di Cesare. Fu amico mio, fedele e giusto verso di me, ma Bruto dice che fu ambizioso e Bruto è uomo d’onore. Ha portato molti prigionieri a Roma, il riscatto dei quali ha riempito i nostri forzieri: fu questo un atto ambizioso? Quando i poveri piangevano, Cesare lacrimava; l’ambizione dovrebbe esser fatta di stoffa più grezza; ma Bruto dice che Cesare fu ambizioso e Bruto è uomo d’onore. Avete tutti veduto che sul Lupercale io gli ho offerto tre volte la corona regale. L’ha rifiutata tre volte: forse per ambizione? Eppure Bruto dice che fu ambizioso; e Bruto è certo un uomo d’onore. Io non parlo per negare ciò che Bruto ha detto ma per dire ciò che so. Voi tutti lo avete amato, un tempo, né senza motivo. Quale motivo vi trattiene ora dal compiangerlo? O senno, tu sei fuggito tra le bestie e gli uomini hanno perduto la ragione! Oh perdonatemi, la mia mente è nella bara di Cesare e io debbo aspettare che essa torni in me…
Ancora ieri la parola di Cesare avrebbe potuto far fronte al mondo: ora egli è steso qui e nessuno si stima tanto modesto da rendergli onore. O amici se io fossi disposto a eccitare i vostri cuori e i vostri animi alla rivolta farei gran torto a Bruto e a Cassio che sono, come sapete, uomini d’onore; ad essi non voglio far torto; preferisco far torto al defunto, a me stesso e a voi, piuttosto che a questi uomini d’onore. Pure, ho qui una pergamena col sigillo di Cesare, l’ho trovata in camera sua ed è il suo testamento. Scusatemi, non intendo leggerlo, ma se il popolo lo conoscesse andrebbe a baciare le ferite del morto Cesare e a immergere i fazzoletti nel suo sacro sangue; sì, tutti vorrebbero un suo capello per ricordo e morendo ne farebbero parola nei loro testamenti, lasciandolo come prezioso legato agli eredi.