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 2023  settembre 12 Martedì calendario

La verità sul Superbonus

Sul Superbonus le parole di Paolo Gentiloni sono più misurate di quel «disastro» usato dalla premier, ma il dilemma resta trovare una “exit strategy” credibile per una saga che da 40 mesi offre all’Italia mezze verità, omissioni, bugie, previsioni inattendibili e una lunga catena di errori. Per molte ragioni – crediti incagliati, truffe, impatti perduranti sui conti pubblici, spinta al prodotto interno lordo, necessità di una politica “green” sul patrimonio immobiliare – servirebbe oggi un’analisi fondata su dati oggettivi e punti fermi condivisi. Ma nel paese dei guelfi e ghibellini è molto lontana.
Il buco nei conti pubblici
Il primo punto fermo è che l’intervento con cui Meloni e Giorgetti il 12 novembre 2022 hanno troncato il Superbonus al 110% era necessario. C’erano i 37,8 miliardi di “buco” denunciati dal ministro, e un trascinamento che nel 2023 avrebbe prodotto altri 30 miliardi di deficit ( 60 nel 2021-2023). Meloni aveva ereditato un Superbonus a briglia sciolta. Già Mario Draghi aveva detto che il contributo al 110 per cento era un regalo iniquo sul piano fiscale e portatore di truffe e impatti distorsivi sulla catena dei prezzi. Ma il Parlamento a maggioranza Movimento Cinquestelle aveva tirato dritto.
Per la finanza pubblica il rischio è stato enorme ma si dimentica che a renderlo più sostenibile è la decisione di Eurostat del 1° marzo 2023: modificando le modalità di contabilizzazione dei crediti di imposta, ha arretrato al triennio 2020-2022 ben 80 miliardi di euro di deficit, alleggerendo i conti (ma non il debito) di Giorgetti per il 2023 e gli anni successivi. Limitando la spalmatura dei crediti negli anni futuri, però, tutti gli sforamenti aggiuntivi rischiano di ripercuotersi ora sul bilancio presente.
Anche la lotteria dei numeri non ha fine. A riportarci alla realtà sono i dati dell’Enea (l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile). Le detrazioni di imposta per lavori già effettuati ammontano al 31 agosto 2023 a 76,1 miliardi di euro, mentre il totale delle detrazioni dagli 85 miliardi di investimenti asseverati (compresi i non realizzati) è di 93,5 miliardi di euro. Spesa, non deficit.
Le tre criticità attuali
A tre criticità Meloni non ha dato soluzioni in questi mesi. La più grave è quella dei crediti incagliati per 30 miliardi. Una bomba sociale che riguarda (dati Ance, Associazione nazionale dei costruttori edili) 57mila ville unifamiliari e 38mila condomini, 33mila imprese e 320mila famiglie per 750mila persone. Archiviata l’ipotesi di una piattaforma Enel X annunciata a marzo come soluzione definitiva, restano in campo la riapertura di acquisti da parte della Cdp (Cassa depositi e prestiti) e una proroga per completare i lavori dei condomini. Il governo muove qualche passo, ma servono scelte nette.
Seconda criticità: quali politiche economiche sostituiranno il 110 per cento nel sostegno agli investimenti e al prodotto interno lordo e nella decarbonizzazione degli immobili? Silenzio. Nel secondo trimestre il Pil è a -0,4 per cento e il settore delle costruzioni a -3,2 per cento. Gli investimenti sulle abitazioni -7,7% rispetto a un anno fa. E il 2024? Sugli investimenti in infrastrutture, che avrebbero dovuto rimpiazzare il Superbonus, pesa la rimodulazione del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza ) che terrà bassa ancora a lungo la spesa effettiva.
La direttiva Ue “casa verde” richiederà interventi che non saranno realizzati senza un incentivo stabile, sostenibile finanziariamente e appetibile per le famiglie. L’Ance stima che bisogna intervenire su 120mila immobili all’anno per attuare la direttiva. I limiti di reddito a 15mila euro e il divieto di cessione del credito strozzano l’incentivo del 90 per cento che ha funzionato per frenare la spesa, non come politica per il dopo-Superbonus.
Il successo dei bonus edilizi
La stagione dei bonus edilizi, inaugurata da Prodi nel 1998, racconta uno straordinario gradimento di incentivi ben congegnati come 36%, 50%, 65%, fino all’85%. Il Cresme stima, su dati Agenzia delle Entrate, che tra il 1998 e il 2020 (prima del Superbonus) 21,2 milioni di interventi hanno prodotto investimenti per 350 miliardi. Gli incentivi non sono mai diventati, però, una politica stabile con obiettivi quantitativi definiti. Sono diventati invece una bomba quando M5S nel 2020 ha imposto che la cessione del credito venisse estesa a tutti i bonus.
Il conflitto fra Mef e Parlamento
Il dialogo fra sordi Mef-Parlamento ha impedito soluzioni condivise ed efficaci ai problemi. Il 110% è stato un metodo politico fallimentare: mai una riunione con numeri condivisi e previsioni attendibili. Il Parlamento ha messo in minoranza il governo tecnico, in un braccio di ferro senza fine, con 21 correzioni e proroghe in trenta mesi. Il Mef ha sottovalutato la crescita del settore edile e il suo traino al Pil: in tutti e sei i documenti di finanza pubblica del triennio 2020-2022, la previsione di crescita è risultata più bassa del dato reale, nel Def 2021 addirittura di 12,9 punti percentuali.
Gli effetti del Superbonus sull’economia
La nota Istat del 1° marzo 2023 e il documento presentato alla Camera il 24 maggio hanno confermato il carattere “keynesiano” del Superbonus (reso possibile dalla sospensione del Patto di stabilità). A dispetto di una gestione caratterizzata da incertezza e instabilità normativa, nel 2022 il Superbonus ha portato: due punti e mezzo aggiuntivi di deficit/Pil; un apporto al Pil di almeno un punto e mezzo percentuale su 3,7 complessivi (con i suoi modelli econometrici Istat si spinge a ipotizzare una spinta al Pil di 2,4 punti nel biennio 2021-2022); una crescita degli investimenti in costruzioni del 10,2% (+20,7% del 2021); un incremento di 400.000 posti di lavoro, il 70% dei posti persi in edilizia nei dodici anni precedenti; il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr sull’efficienza energetica; il contributo al raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica concordati con la Ue nel 2019, con una riduzione di 0,74 milioni di Tep (dati Enea).
Incentivo inefficiente
Le ombre non riguardano solo i conti pubblici. L’Enea ha stimato l’inefficienza dell’incentivo sul piano dei costi unitari, proprio per la dimensione anomala dell’agevolazione che ha distorto la formazione dei prezzi e il mercato. Il costo unitario per kWh/anno risparmiato è stato di 5,57 euro per il Superbonus e di 2,84 euro per l’Eurobonus al 65%.
Ultima considerazione: la straordinaria accelerazione prodotta dal Superbonus è merito delle semplificazioni di Renato Brunetta. Il 110% ha generato in tre anni cantieri e lavori per 67 miliardi suddivisi fra 422mila interventi. Se lo Stato avesse deciso di stanziare 96 miliardi in opere pubbliche, quanti anni avremmo atteso per vedere un cantiere?