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 2023  settembre 11 Lunedì calendario

Intervista a Walter Isaacson

In una calda notte texana, Walter Isaacson ha seguito Elon Musk e il figlio X, di due anni, sul tetto di una casa dove alcuni operai stavano montando un impianto fotovoltaico. «Dopo aver passato tutto il giorno a supervisionare i suoi razzi, Elon urlava furioso contro quei tecnici perché erano lenti e a suo avviso incapaci». Al telefono Isaacson, il biografo dei presidenti (Benjamin Franklin) e dei grandi innovatori (Leonardo da Vinci, Steve Jobs), descrive la scena lentamente, con una voce profonda e rassicurante. Ma le sue parole evocano un inferno. Quello che il Ceo di Tesla e SpaceX intende vivere ogni giorno. E che Isaacson ha visto con i suoi occhi negli ultimi due anni: «Quando ho iniziato a lavorare alla sua biografia (Elon Musk, Mondadori), Tesla aveva evitato il fallimento ed era diventata l’azienda automobilistica con il più alto valore di mercato al mondo. SpaceX stava inviando nello Spazio il doppio dei materiali rispetto a qualsiasi altro Paese e azienda messi insieme. Musk era diventato la persona più ricca del mondo. Gli ho chiesto se aveva intenzione di gustarsi il successo e lui ha risposto di no. Quando le cose vanno bene, si sente a disagio».
Lei sembra aver capito chi è veramente Elon Musk.
«È nato per lavorare con un’intensità spaventosa e per correre rischi, spesso per puro divertimento.
Questa mentalità gli consente di essere l’innovatore che lancia razzi e crea auto elettriche. Ma lo fa sembrare anche un po’ pazzo. Come disse una volta Steve Jobs: “Le persone abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo sono quelle che lo fanno”».
Musk e Jobs: quanto si somigliano?
«Hanno in comune un po’ di scortesia.
Quando si incontrarono per la prima volta, a una festa, Steve non si interessò a Elon e anzi lo ignorò. Tuttavia, credo che Musk fosse ispirato da Jobs: ne ammirava il senso del design».
Fino a che punto Musk può essere scontroso?
«I suoi amici e familiari usano l’espressione “Modalità Demone”. A volte Musk può essere brutale. È come Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Può trasformarsi in un demone per un’ora e oltre. Altrettanto velocemente, dopo la sfuriata, può scherzare in modo euforico e sciocco. E ha pochi ricordi di ciò che ha fatto».
A cosa si deve questa furia improvvisa?
«Ai demoni che si trascina dalla sua infanzia. Elon Musk è nato e cresciuto in un Sudafrica violento.
Lui e suo fratello andavano ai concerti contro l’apartheid: spesso, quando scendevano dal treno, si imbattevano in pozze di sangue. E poi Ellon fu picchiato a scuola così tanto da finire in ospedale».
Ma le cicatrici peggiori, si legge nel suo libro, le ha lasciate il padre.
«Errol Musk era un ingegnere burbero, rimproverava Elon per
essere stato pestato. Prendeva le parti dei bulli».
Che rapporto ha Elon Musk con i suoi figli?
«Li ama molto. Ma non parla più con il figlio che ha intrapreso un percorso di transizione per diventare donna. Questa situazione per lui dolorosa ha spinto Musk verso la politica di destra e il populismo, e a detestare l’ideologia progressista».
Quanto è entrato in confidenza con Musk?
«Mi ha scritto anche a tarda notte. La sua rabbia nei confronti di Bill Gates, una volta. E poi le discussioni che stava avendo con un ministro ucraino sull’uso di Starlink. E un’altra volta, alle 4 del mattino, mi ha scritto riguardo a Zuckerberg.
Ero qualcuno a cui passava informazioni, non gli ho mai dato consigli».
Come si ottiene la fiducia di un uomo così potente?
«Una delle debolezze di Musk è che non ama essere criticato troppo.
E non gradisce le cattive notizie.
Quindi, troppo spesso, le persone che gli stanno intorno e i suoi amici non osano contraddirlo.
Ci sono solo tre o quattro amici abbastanza coraggiosi da dirgli laverità quando fa qualcosa di sbagliato o di negativo».
È possibile che Musk l’abbia usata per certificare la sua figura di innovatore visionario?
«So solo che è interessato alla storia, in particolare a Napoleone, e che ha letto le mie biografie. Adora le vicende di persone che ritiene epiche. E naturalmente si ritiene una di loro. Con me è stato trasparente, si è preso un rischio.
Credo che lo sapesse e che volesse vedere come sarebbe andata a finire».
Musk vive a Boca Chica, accanto allo spazioporto di SpaceX. Si
accontenta di un piccolo prefabbricato.
«Elon possedeva cinque case molto grandi. Le ha vendute tutte. Non ha yacht, non ama il lusso. Non perché sia virtuoso. Il comfort e le cose piacevoli potrebbero distoglierlo dal lavoro».

Eppure scrive in modo compulsivo su Twitter/X.
«Una volta un suo amico, Antonio Gracias, ha cercato di impedirglielo: ha preso il suo telefono, lo ha messo nella cassaforte della camera d’albergo e ha inserito un codice segreto. Musk ha resistito fino alle tre del mattino, poi ha chiamato la sicurezza per recuperarlo».
Il Wsj e il New Yorker sostengono che Musk assume ketamina.
«A me ha detto che la ketamina è efficace per trattare la depressione molto più dei farmaci prescritti solitamente. Ma la ketamina non influisce sulla sua personalità. Lui è sempre stato così».
Cosa resterà di Musk tra dieci anni?
«Sarà sempre alla ricerca della prossima tempesta e del prossimo azzardo. Credo si concentrerà sull’intelligenza artificiale, sul robot Optimus, su Neuralink, che utilizza chip cerebrali per connettere l’uomo ai computer, e sulle auto a guida autonoma».
Se non fosse nato in Sudafrica, probabilmente Musk avrebbe puntato la Casa Bianca.
«E sarebbe stato un candidato orribile e un pessimo presidente. Lui ama infrangere le regole. Non è diplomatico e ama essere controverso».
Lei sta dipingendo un altro Trump.
«Sa una cosa? A Elon Musk non piace Trump».