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 2023  settembre 11 Lunedì calendario

Intervista a Seydou Sarr

VENEZIA «Non ci sono le parole». Sabato sera, chiamato a ritirare il premio Mastroianni come protagonista di Io capitano per cui Matteo Garrone ha vinto il Leone d’argento alla regia di Venezia 80, Seydou Sarr aveva lasciato parlare le emozioni. Il giorno dopo i festeggiamenti, le trova, per raccontare al Corriere il controcampo di quell’immagine che ha toccato il cuore di tanti. Ci sarà tempo per capire cosa gli riserva il futuro, a 18 anni è ancora un libro aperto. Per ora lo aspetta, insieme al coprotagonista e amico Moustapha Farr, di due anni più grande, un tour intenso di presentazione del film, in sala da giovedì: oggi Viareggio e Lucca, domani Firenze e Poggibonsi, mercoledì Milano, venerdì Udine e Pordenone, sabato Treviso e Verona, domenica Roma, martedì Napoli, quindi Cosenza e Bari.
Seydou, qual è il bilancio di questi giorni veneziani?
«Moltissime emozioni, commozione. Sono felice di come sia andato tutto. Non sapevo cosa aspettarmi, certo non che sarei ripartito con un premio. Non ero mai stato a Venezia, in questi giorni mi sono trovato nello stesso posto con tante star, attori famosi. È stata una sorpresa continua».
Facciamo un passo indietro: come è arrivato al provino? Come era la vita in Senegal, cosa vedeva nel suo futuro?
«Sono andato a Thiès, a un’ora e mezza da Dakar, per fare il primo provino per il film e mi hanno chiamato. Come tanti miei coetanei studiavo, nel tempo libero giocavo a calcio con gli amici. Il mio sogno a occhi aperti? Diventare un grandissimo giocatore».
Nel film vediamo Seydou che vive con la madre e le sorelle. Come è la sua famiglia?
«Non tanto diversa. Siamo in quattro: tre sorelle, io sono l’unico maschio. Mio padre è morto, mia madre vive in Senegal, fa la casalinga. Una sorella sta studiando in Francia, una vive con la mamma e una invece a Napoli».
Quali sono state le difficoltà per un esordiente come lei?
«La difficoltà maggiore per me è stata prendere confidenza con la telecamera. Appunto, non avevo mai recitato in un film, l’idea mi emozionava. Ma l’ho superata, in qualche modo è venuto naturale. La sorpresa più grande, quando mi sono trovato sul set, è stato capire che era una cosa molto seria, un grande film e che io ne sarei stato parte».
È vero che all’inizio i due ruoli dei due cugini, uno più Pinocchio, uno più Lucignolo, come ha spiegato Garrone, avrebbero dovuto essere diversi e li ha cambiati in corso di lavorazione, pensando fossero più vicini al vostro carattere?
«Vero sì, ha pensato che avrebbe funzionato meglio».
Avevo male agli occhi e mi sono fatto controllare: c’era un problema Grazie all’aiuto tempestivo di Matteo mi hanno operato e ho risolto
Che consapevolezza aveva dell’odissea di chi prova a arrivare in Europa? Mai pensato di intraprendere quel viaggio?
«Ne ho sempre sentito parlare in tv, in casa, ma non avevo mai realizzato fino in fondo le dimensioni e i rischi che si corrono attraversando il deserto e il mare. In quanto a me, no non avevo mai pensato di farlo».
Garrone ha parlato di ingiustizia, violazione dei diritti umani, a proposito di questi ragazzi, eroi contemporanei, costretti a rischiare la vita per viaggiare. E con Mamadou Kouassi chiede canali di ingresso regolari.
«Ha ragione. Avendo vissuto l’esperienza grazie al film penso che dobbiamo tutti fare uno sforzo per garantire gli stessi diritti umani alle persone: i giovani europei possono andare dove vogliono, al massimo serve un visto oltre a un biglietto, noi rischiamo la vita».
Tra i premi vinti da «Io capitano», come il Pasinetti, anche il Soundtrack Award per la miglior colonna sonora. La sera dell’anteprima con Moustapha avete improvvisato un concerto, incantando i presenti.
«La musica vuol dire tanto per me. Mia mamma ha sempre cantato, fa teatro amatoriale, mi ha insegnato a cantare lei».
È vero che con Moustapha avete abitato a casa con la madre di Matteo Garrone?
«Sì, è una donna molto generosa, ci ha coccolato, ci ha curato come fossimo figli suoi, provo molta gratitudine. In questi mesi ho anche dovuto affrontare un’operazione agli occhi. Ce ne siamo accorti per caso, mia mamma ha avuto un problema, pensavamo riguardasse solo lei. Ma avevo male agli occhi e mi sono fatto controllare. Grazie all’aiuto tempestivo di Matteo mi hanno operato e ho risolto».
Cosa vorrebbe dire ai vostri coetanei italiani?
«Di essere consapevoli di avere la fortuna di non dover mettere a rischio la vita per avere il diritto viaggiare. Per noi non è così, il film mostra esattamente cosa succede nel deserto e nel mare ai migranti. I loro sogni, gli orrori che affrontano».
Cosa ha detto Moustapha del premio?
«Era felice: è come un premio per tutti e due, il nostro è stato un lavoro collettivo, siamo sempre stati insieme».