il Fatto Quotidiano, 11 settembre 2023
I rosiconi di Venezia
Venezia è una regola. Non si capisce perché gli italiani si scannino, venendo poi puntualmente scannati, per andare a Cannes. Nell’ultimo lustro non hanno toccato premio, eccezion fatta per quello della giuria, ex aequo, a Le otto montagne nel 2022, diretto da due belgi. Ma stessero a casa, ovvero al Lido, dove ogni scarrafone è bell’a mamma soja. Se è vero che il Leone d’Oro ci manca dal 2013, Sacro GRA di Rosi, negli ultimi tre anni l’abbinata Leone d’Argento (Gran Premio il primo, regia gli altri due) e Mastroianni all’interprete emergente è stata appannaggio di Paolo Sorrentino con È stata la mano di Dio, Luca Guadagnino con Bones and All e Matteo Garrone con Io Capitano. Ma dove ci ricapita? E nemmeno serve, Bones and All, un buon film, basta il nome. Appunto, è da un ventennio che stiamo appesi alla sorti magnifiche e progressive di Paolo e Matteo, cattedrali nel deserto del cinemino nostro: si può?
Eneide. “L’unico modo per fare i conti con la rabbia è vincere”, predica Pietro Castellitto in Enea, lasciato malamente a digiuno dalla giuria presieduta da Chazelle. I conti evidentemente non tornano. E la rabbia è “clannica” (da clan): dice che sabato sul treno che la riportava a Roma con il marito Sergio e i figli Maria, Anna e Cesare Margaret Mazzantini si lamentasse dell’onta.
Critica della giuria pura. Di Chazelle e sodali colpisce il palato fino: ai quattro film più acclamati dalla stampa italiana e straniera radunata da Ciak, Poor Things (4,24 stelle su 5), Evil Does Not Exist (3,80), The Green Border (3,76) e Io Capitano (3,62), sono andati i premi più pesanti. Direbbe la signorina Silvani a Damien, “Ah… anche critico!”.
Bello il Lido ma non ci vivrei. Pensate come sarebbe la Mostra in un territorio ospitale, dove fosse possibile cenare dopo le 23, mangiare un panino a prezzo umano e altre cortesie inusitate sull’isola. Dove più bella cosa non c’è dell’Hotel des Bains, specchio dei tempi e dei modi: al netto di due feste, Campari e Adagio, rimane chiuso. Chiuso come il Lido.
Capitano (m) Io Capitano. Siam partiti Comandante, siamo arrivati Capitano – no, non Salvini, ma il premiato Seydou Sarr del film di Garrone. Il sovranismo può attendere.
Pierfrancesco Ferrari. Aveva due film in Concorso, Comandante e Adagio, ma ha preferito concentrarsi su quello che avrebbe voluto interpretare: Ferrari di Michael Mann, “rubato” da Adam Driver. Per farsi perdonare la derapata autarchica ora Picchio ha un’unica via d’uscita: doppiare Driver, dal 30 novembre in sala.
Mors tua premio meo. Nobilissimi e solidali, tutti. Ma il De profundis ha dato nell’orecchio: il Leone d’Argento Matteo Garrone guarda al Marocco terremotato, Mario Martone dedica il Premio Bresson a Giovanbattista Cutolo, Peter Sarsgaard alza la Coppa Volpi e ricorda lo zio stroncato dal Covid. Pare che il Leone d’Oro Yorgos Lanthimos abbia pensato al nostro cinema.
Stardust. Le star hollywoodiane hanno disatteso il red carpet, le star italiane hanno calcato il red carpet. Insomma, quest’anno niente star al Lido.
Emma Stone. Emma si lancia e non ritira la mano: sesso e volentieri, i suoi amplessi hanno scaldato Poor Things e arrapato la Mostra. Consegnando pure un interrogativo: detto che una così non ce l’abbiamo, proprio no, quale attrice italiana potrebbe parimenti pascere queste Povere creature? Escluse timorate di Dio e cagne maledette, chi rimane?
Danno i numeri. Ingressi complessivi: 230.000 (+17% sul 2022); 85.000 biglietti venduti (+14.00% sul 2022).
Alba tragica. Il compagno le ha dedicato il titolo, Finalmente l’alba, e intestato Alida Valli: mal gliene incolse. La Rohrwacher attrice ha dato il meglio di sé fuori stagione e fuori confine: Hors-saison di Steéphane Brizé, dove è innamorata di Guillaume Canet. Non ditelo a Saverio Costanzo.
Oscar con la lingua. Con ogni probabilità Io capitano di Matteo Garrone verrà designato dall’Italia a concorrere per l’Academy Award al miglior film internazionale. Chissà che con un’altra lingua, il wolof, non ci vada meglio.
Ammissioni. Il direttore artistico Alberto Barbera: “Non so chi ha messo in giro questa voce, anzi, lo so. Perché dovrei dimettermi quando ho un mandato che scade alla fine del 2024? Questa ipotesi delle dimissioni non esiste”.
Prova di maturità. Ancora Barbera: “Il pubblico è cambiato, è composto da giovani e giovanissimi. Sono stato fermato per strada da diciottenni”.