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 2023  settembre 09 Sabato calendario

La storia del «Cremonese»

Le vie del centro, illuminate a festa, profumeranno di torrone e castagne quando, il prossimo 18 dicembre, il virtuoso russo Ilya Gringolts debutterà all’Auditorium Giovanni Arvedi suonando per la prima volta uno dei simboli della città, il preziosissimo Stradivari del 1715 detto appunto «Il Cremonese». L’ormai tradizionale concerto per ricordare la scomparsa, 206 anni fa, del grande liutaio vedrà il violinista russo, già Premio Paganini a soli 15 anni, duettare con il pianista Peter Laul in un programma che prevede la Sonata n. 2 per violino e pianoforte di Schumann, la Fantasia in do maggiore di Schubert e «Baal Shem» di Ernest Bloch, brano che secondo il compositore Mario Castelnuovo Tedesco «presenta gli stessi tre movimenti dell’anima ebraica: la tristezza, l’esaltazione lirica e la gioia sfrenata».
Il vero protagonista della serata, però, sarà proprio «il Cremonese», appena prelevato dalla teca dello Scrigno dei tesori, la sala del Museo del Violino dove viene abitualmente conservato – e ammirato da studiosi, appassionati e spasimanti vari – come una reliquia.
Il violino, realizzato con un abete rosso di qualità acustiche sopraffine per la cassa armonica e una tavola di acero di bellezza straordinaria, fu costruito da Stradivari in un’epoca, quella segnata dalla sanguinosa Guerra di successione tra i sostenitori di Filippo d’Angiò e del futuro Carlo VI d’Asburgo, che ridusse anche Cremona in miseria. In una città semideserta, fiaccata dalle malattie e dalla fame, anche le famiglie di grandi liutai come Amati e Guarneri furono vittime di un rapido declino. La solida bottega di Stradivari attraversò invece una stagione fertile e creativa durante la quale produsse quasi tutti i suoi strumenti ancora oggi più apprezzati.
Il «Cremonese» potrebbe essere stato venduto al marchese mantovano Carbonelli, nel cui patrimonio risulta uno Stradivari del 1715, o aver preso la via della Sassonia, alla corte di Augusto II, futuro sovrano di Polonia, caso nel quale non è improbabile che sia stato ascoltato da Bach.
Il violino riapparve solo nel 1870 a Parigi, nuovo centro della liuteria europea, dove passò freneticamente di mano in mano tra musicisti, direttori d’orchestra, celebri collezionisti o perfetti sconosciuti. Ma l’auspicato ritorno in città di un violino del maestro aveva bisogno di un terreno fertile. Nel 1930, grazie alla donazione del liutaio Giuseppe Fiorini, tornarono a Cremona 1.303 tra forme, disegni e attrezzi della bottega di Stradivari, mentre nel 1937 le celebrazioni dei duecento anni dalla sua morte furono benzina sul fuoco dell’antica passione. Nel 1961, Alfredo Puerari, direttore del Museo Civico, scatenò una vera e propria caccia internazionale per riportare a Cremona uno Stradivari degno di questo nome. Dopo vicende tese e complesse, lo Joachim, subito ribattezzato «Cremonese», fu acquistato dagli Hill, noti commercianti londinesi di strumenti antichi, che lo portarono in città. Sarà stato un caso, ma anche quella volta era un 18 dicembre e, c’è da giurarci, il profumo di torrone e castagne non era mai stato così buono.