Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  settembre 10 Domenica calendario

Da Agnelli a Saint Laurent. Quando moda, arte e politica colonizzavano la città imperiale

Leggenda vuole che il nome Marrakech, forse dal berbero «terra di Dio», sia la radice della parola «Marocco», ma non è certo; le cronache mondane sono più precise ed è invece indubbio che da Marrakech, e dalle preziose stoffe in vendita nella medina ora squassata dal sisma, Marta Marzotto avesse preso l’ispirazione per i suoi distintivi caftani. La prima visita negli anni Ottanta; da allora l’ex-Cenerentola era diventata un pilastro della società di cosmopoliti, da Marella Agnelli a Keith Haring, che si incontravano nell’ex capitale imperiale come a Gstaad, Saint Tropez, Capri, Ibiza. Era amica perfino della famiglia reale; la cognata di re Hassan, a una cena a palazzo, ne ammirò tanto il caftano Cavalli che Marta Marzotto se lo sfilò, e glielo donò lì per lì.
Leggende mondane. Ce ne sono molte attorno alla medina di Marrakech e a Gueliz, il quartiere art nouveau dove il pittore francese Jacques Majorelle costruì la villa dipinta del noto blu (blu majorelle, appunto) che poi fece innamorare Yves Saint-Laurent. Lo stilista ne comprò il giardino botanico nel 1980 insieme al compagno, e poi si trasferirono nella villa, oggi visitata da 600 mila persone l’anno anche in forza del Musée Saint Laurent che vi è accanto. Storica una copertina di Elle del 1992 ambientata nella medina: Catherine Deneuve, già 49enne, coi più bei capi dell’archivio dell’amico Yves. Lo stilista aveva inaugurato un genere: Marrakech come ritiro per artisti e miliardari, attirati dalla luce mielata delle pendici dell’Atlante, dal clima mite, dal costo prossimo allo zero (un tempo) di terreni e immobili e dalla servitù francofona e ben addestrata da anni di protettorato francese (1912-1956).
Tra loro non solo Marta Marzotto, proprietaria e scenografa di un riad dalla piscina smeraldina nel cuore della città vecchia; ripeteva nelle interviste di aver preso solo una volta un volo low-cost, e tra Milano e Marrakech: «un’esperienza orrenda». Una profezia: oggi da Milano a Marrakech e ritorno decollano sei voli al giorno, tutti low-cost, sistematicamente in ritardo o annullati, con turisti carichi di caftani economici, olio d’argan, verres Beldi.
Quasi vicina di casa di Marzotto era l’anima di Vogue Italia Franca Sozzani: anche la sua Casa Franca, costruita negli anni Novanta unendo quattro riad in un labirinto di ferro battuto e seta antica, con piscina a mosaico, sorge nel cuore della città vecchia. Suscitò le proteste (vane) degli umili vicini autoctoni, le cui mura antiche si erano riempite di crepe dopo i lavori. Mezza moda, del resto, e non solo, ha o ha avuto casa a Marrakech: Pierre Balmain e Jean-Paul Gaultier, il re dei profumi Serge Lutens, Romeo Gigli, Gianfranco Ferrè; Carla Bruni, col marito Nicolas Sarkozy, Jacques Chirac vicino di casa di Marzotto, il filosofo Bernard Henry-Lévy (a cui il riad l’ha venduto Alain Delon). Sting.
Ma il progetto più ambizioso fu quello di donna Marella Agnelli: la villa Ain Kassimou costruita a fine Ottocento per Olga Tolstoj (parente) dove la vedova Agnelli decise di vivere dal 2005 cambiando stanza preferita secondo la stagione dell’anno. Il giardino era stato progettato nel 2005, nientemeno, con Madison Cox, paesaggista che dirigeva i Jardins Majorelle. Lì si è sposata nel 2009 la nipote Ginevra Elkann vestita in Lanvin, riunendo tre generazioni di Agnelli.
Al compleanno 2006 della già distante consorte Veronica Lario, che festeggiava nel più lussuoso ristorante del centro con sette amiche, Silvio Berlusconi irruppe a sorpresa travestito da berbero: «Riuscì a farmi piangere», ricordava lei nei giorni del divorzio, tre anni dopo.
Marrakech, tappa obbligata dei viaggi d’artista e letterari di mezzo Novecento: nel 1953 lo scrittore Elias Canetti, atterrito dalla macellazione dei cammelli e dalle urla dei ciechi ( Voci di Marrakech ); vi passarono gli artisti Cy Twombly e Robert Rauschenberg negli stessi mesi, il fotografo Gabriele Basilico nel 1971, nel 1969 Crosby, Stills, Nash and Young cantavano il notturno Tangeri-Marrakech nella mitica Marrakesh Express. Oggi è tra le mete dei «nomadi digitali» di tutto il mondo: alcuni riad sono stati comprati, e adattati a co-working, dagli immancabili fondi americani. A ogni epoca il suo jet-set.