la Repubblica, 10 settembre 2023
Biografia di Aldo Leopold, l’ecologo dell’anima
Nel torrente sembrava una cerva. Presto però fu chiaro che era una lupa. Con lei c’erano anche i suoi cuccioli. Lui e i suoi compagni spararono d’istinto. Un lupetto si allontanò zoppicando. La lupa fu subito a terra. Lui le si accostò in tempo per vedere nei suoi occhi un fuoco verde e feroce. Era un messaggio a rilascio lento, ma avrebbe cambiato la storia della wilderness in America. Così racconta Aldo Leopold, l’ecologo che dedicò la sua vita alla vita selvaggia degli altri animali.
Leopold è un vero pioniere, uno di quelli che hanno trasformato l’ecologia in scienza. Lui però ha fatto di più: all’ecologia ha dato un’anima. Gli dobbiamo non solo la moderna biologia della conservazione, ma anche l’etica della terra e le storie indimenticabili dell’ Almanacco di una contea di sabbia. Per molti è un autore cult e un classico lo è davvero: un grande scrittore che dialoga con Thoreau e Jack London, Steinbeck e Hemingway.
Che l’incontro con la lupa sia davvero accaduto non conta; conta ciò che significa. Perché in gioco non è la vicenda di un giovane cacciatore, bensì un modo politico di vivere la natura americana: quella selvaggia di lupi e montagne e quella addomesticata delle vaste distese di grano che di lì a poco avrebbe conosciuto la Depressione e la polvere del Dust Bowl.
Aldo Leopold nasce a Burlington, Iowa, nel 1887. A sparare impara dal padre, imprenditore con la passione dei classici e degli uccelli. La famiglia è di origini tedesche e il tedesco è la sua prima lingua. Il suo paesaggio però è quello del Midwest: terre di laghi glaciali e praterie, di quaglie, cervi, lepri selvatiche. La madre gli insegna la musica, ma lui preferisce stare all’aperto. Gli piace così tanto che nel 1906 va alla Forest School di Yale, appena fondata per formare i custodi delle risorse americane. Lì i principi sono chiari. La natura è un bene: morale, perché tempra il carattere, ma ancor di più economico.
Certo, solo pochi anni prima John Muir, mistico scozzese camminatore, era riuscito a convertire un presidente, Theodore Roosevelt, nel protettore delle montagne e dei paesaggi inestimabili dell’Ovest. Erano nati così i Parchi Nazionali. Muir e Roosevelt erano amici. Le foto ce li mostrano insieme a Yosemite. Di fronte a una nazione che cresceva, però, il presidente aveva anche altri pensieri, e questi riguardavano più l’economia che l’ecologia. Il suo braccio destro teorico, Gifford Pinchot, la chiamava “conservazione": significava garantire la disponibilità delle risorse al maggior numero di fruitori il più a lungo possibile. Queste risorse erano di due tipi: le foreste, per il legname, e gli animali, per gli allevatori e i cacciatori. Se nel primo caso bisognava tenere a bada la fame degli uomini, nel secondo i nemici erano altri animali: i predatori.
È questo il mondo che Leopold conosce, quando si laurea e comincia a lavorare nel Southwest. Ventiduenne lo vediamo scendere dal treno a Springfield, Arizona, per il suo primo incarico nel Servizio Forestale. Presto girerà a cavallo vestito da cowboy, pronto ad applicare i principi di Pinchot. Lì Leopold spara, forse anche a quella lupa. Non capiscesubito tutto, ma già inizia a intuire che ci sono altri modi di «amministrare le risorse». Le ferite che vede intorno a sé – montagne spoglie, erosione, calo della fauna selvatica – sono infatti cominciate col declino degli Apache, a fine Ottocento. Tagliare boschi per sostituirli con pascoli o campi coltivati solo a grano, uccidere animali perché altri proliferino gli appare sempre meno la soluzione. Negli anni capirà che la guerra contro la wilderness è dispendiosa, dolorosa e spesso inutile. Ma presto sarebbe stata la realtà stessa a confermarlo. Negli anni Trenta, infatti, una coincidenza di eventi climatici ed erosione dovuta alle colture intensive si scatena in tempeste di sabbia che trasformano l’intero continente in una scodella di polvere (Dust Bowl, appunto). Il terreno dell’Oklahoma giunge fino a New York, mentre milioni sono in miseria: lo racconta Steinbeck in Furore. Intanto la furia del Servizio Forestale e dei cacciatori ha spinto lupi, puma e orsi sull’orlo dell’estinzione.
Leopold guarda e agisce. Nel 1924, in New Mexico, riesce a istituire la prima wilderness area del mondo: è la Gila National Forest, mezzo milione di acri di natura selvaggia. Ma il vero cambiamento in lui avviene anni dopo, quando nella Kaibab Forest, riserva di caccia del Grand Canyon, la popolazione dei cervi esplode da 4.000 a 30.000 esemplari. Meno lupi, uguale più cervi: il paradiso dei cacciatori. Ma l’equilibrio si è rotto. La montagna non può nutrire tutti questi erbivori e i cervi muoiono a migliaia, l’ecosistema è sconvolto. Ecco il messaggio della lupa: anche se sei un cacciatore, devi pensare come una montagna, e una montagna ha bisogno dei predatori per sopravvivere. Nel 1935 Leopold fonda la Wilderness Society. Da quel momento nessuno più di lui si batte per considerare la natura selvaggia un soggetto, un organismo, un unico corpo.
Gli ultimi anni li passa in Wisconsin, ancora Midwest: è un ritorno a casa. Nel cuore sabbioso dello stato, a sud del fiume, compra una capanna. Lì nasce ilSand County Almanac,uno dei libri più intensi, belli, cristallini di ecologia che siano mai stati pensati: un libro tutto umano, pieno di animali, di stagioni, di luce, di alberi. Leopold non parla mai di ambiente, ma parla della puzzola che esce dal letargo e delle tracce delle lepri sulla neve. Parla del fulmine che una notte di febbraio colpisce una quercia e delle storie scritte nei suoi anelli. Parla della prateria, pressoché estinta, che sopravvive per distrazione in un cimitero di campagna. Parla degli amori delle beccacce, di anatre, di gru. Sono pagine vive. E viva è la sua etica, che sta alla base della scuola americana di filosofia ambientale. È ironico che questo libro oggi popolarissimo sia stato rifiutato dagli editori per ben sette anni. Il 14 aprile 1948 Oxford University Press lo chiama per comunicargli che verrà pubblicato. Una settimana dopo, Aldo muore aiutando un vicino a spegnere un incendio.
Il filosofo J. Baird Callicott, pioniere dell’etica ambientale, è il suo massimo studioso. Gli abbiamo chiesto che cosa farebbe Leopold di fronte agli animali selvatici nelle nostre città. «Ai cinghiali forse sparerebbe, ma bisogna considerare la biologia di questi animali», ci ha risposto. «I cinghiali sono diversi da orsi e lupi, hanno un ciclo riproduttivo più rapido e meno delicato. Il problema vero è come li pensiamo. Siamo membri di una comunità che ha bisogno anche di loro. Occorre preservare gli habitat, guardare gli intrecci evolutivi». Insomma, anche in città, siamo sempre parte di un’ecologia di creature viventi. Dobbiamo sostenerne l’equilibrio, perché romperlo non è saggio. Il messaggio della lupa vale anche per noi.
Si forma aYale dove comprende che la natura è un bene: morale, perché tempra il carattere, ma ancor di più economico
Convinto cacciatore
Aldo Leopold è stato un ecologo e scrittore americano ispiratore della moderna biologia di conservazione. Considerato tra i più grandi ecologisti, fondò la prima Wilderness area al mondo e rimase per tutta la sua vita un convinto e appassionato cacciatore