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 2023  settembre 09 Sabato calendario

Intervista a Brunello Cucinelli

celebrare i settant’anni di Brunello Cucinelli domenica scorsa a Solomeo, il borgo umbro che harestaurato e trasformato nel fulcro della sua azienda, c’erano più di cinquecento persone tutte vestite, su sua espressa richiesta, nei toni del bianco e del beige. La serata è iniziata nell’anfiteatro del villaggio, dove prima hanno sfilato 60 modelli – tra loro Eva Herzigova, Bianca Balti, David Gandy – con i pezzi più emblematici del brand. Poi, un Cucinelli insolitamente emozionato ha salutato gli ospiti: amici d’infanzia, star come Martha Stewart e Patrick Dempsey, e giornalisti. A seguire, Claudio Santamaria ha declamato da un balcone il quarto canto dell’ Inferno di Dante, e Ilaria Genatiempo un passaggio delCantico de’ Cantici.Infine, c’è stata la cena nella piazzetta del borgo. «L’ho chiamato il compleanno della gratitudine», spiega l’imprenditore.
E di cosa è grato?
«Di avere una vita normale».
In che senso?
«Faccio impresa nella mia terra, accanto alle persone a cui voglio più bene. Fare moda e vivere normalmente si può: lavorando le ore giuste, non trascurando gli affetti, dedicandosi agli altri. E imparando a capire quando chi ci è accanto ha bisogno di aiuto».
C’è chi la definisce l’anti-Elon Musk, per il suo approccio.
«Non voglio nemmeno più sapere cosa combina. I soldi non cambiano gli uomini, cambiano i loro modi. Un mio caro amico, che lavorava con lui, è stato portato via di peso dal suo ufficio all’improvviso, una mattina: nessuno ha il diritto di trattare la gente così. Le offese danneggiano tutti, compreso chi offende: come diceva Solone, nessun tiranno scende vivo dal trono».
Com’è finito a produrre proprio il cashmere?
«In Umbria si è sempre fatta maglieria. Volevo qualcosa che parlasse delle nostre capacità, e che fosse durevole. E un capo di cashmere non lo butti, io ho completi che uso da 40 anni e che passerò a mio nipote. Io mi definisco un custode pro tempore».
Cosa intende?
«Che il mio compito è conservare e trasmettere. Il mio ufficio a Solomeo è una stanza del Trecento: chissà quanti hanno gioito e pianto tra quelle mura, e chissà quanti lo faranno dopo di me».
Ha detto che la sua estetica nasce quando da bambino aiutava suo padre a tirare l’aratro con i buoi.
«Sono appena riuscito a comprare il piccolo podere che la mia famiglia coltivava. Mio padre ci teneva che i solchi fossero dritti, perfetti, e aveva ragione: sono molto più belli.
Mi è rimasta quell’idea di armonia».
Cos’altro la ispira?
«La coerenza: si deve essere sempre fedeli a se stessi, anche quandosembra che, cambiando, si potrebbe vendere qualche pezzo in più.
Comunque, il gusto va affinato ed educato nel tempo. Mi ricordo la prima volta in cui, a 22 anni, andai a pranzo in un grande hotel di Roma.
Ero intimidito. Il cameriere mi propose gli scampi: li adoro, ma li rifiutai perché non sapevo come sgusciarli a tavola. Poi però vidi che li servivano già puliti: allora fermai il cameriere, e gli dissi a bassa voce che avevo cambiato idea. La vita è così, una lezione continua: sbagli e impari. Conta l’esperienza».
Ormai per lei è normale incontrare le teste coronate.
«Sono sempre stato un tipo giocoso e, parlando con re Carlo, ho capito che a certe persone dispiace che nessuno scherzi più con loro. Come quando ci siamo parlati dopo la sua incoronazione: lui mi dice di temere che d’ora in poi sarà difficile per lui andare assieme sull’Himalaya, dove stiamo portando avanti un progetto di moda sostenibile nato con la sua Fashion Task Force, come avevamo in programma di fare. E io: “Beh Maestà, direi che adesso ha qualche impegno in più a cui badare”».
Non è intimidito da certe figure?
«Come Jean-Jacques Rousseau, rifiuto di credere che ci siano esseri umani uguali a me. Siamo tuttidiversi, l’importante è il porgersi nel rispetto delle diverse culture. Un paio di mesi fa ho avuto l’onore di ospitare a Solomeo la principessa Al-Mayassa bint Hamad bin Khalifa al-Thani, sorella dell’emiro del Qatar.
Mia figlia Carolina continuava a raccomandarmi di non rompere il protocollo; a me però, quando l’ho vista arrivare, è venuto naturale andarle incontro per stringerle la mano, un gesto che lei ha gradito e ricambiato. Sapeva che era un gesto di benvenuto».
Oggi qual è la sua priorità?
«È un momento bellissimo per il Made in Italy, ma dobbiamo dare dignità a chi li fa, questi splendidi prodotti: i ragazzi che frequentano la nostra Scuola dei Mestieri hanno ora accesso a dei corsi in cui imparano come avviare una piccola attività in proprio, dal chiedere un prestito al fare un budget. È un investimento sul territorio e sui giovani, e sento che è mia responsabilità».
Un atteggiamento quasi paterno.
E che tipo di padre è per le sue figlie Carolina e Camilla?
«Mi divido tra l’approccio di mio padre, che mi ha insegnato a essere una persona perbene, e quello di mio nonno, che faceva solo scherzi.
Proprio come faccio ora io con le mie nipotine più grandi».