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 2023  settembre 09 Sabato calendario

Anche le carceri minorili sono piene

ROMA – Il decreto Caivano potrà davvero cambiare la giustizia minorile? Sarà un freno – reale – al dilagare della delinquenza giovanile, di ragazzini che nell’età del calcetto e dei primi amori diventano manovalanza della criminalità, baby corrieri dello spaccio, gang che rapinano, sparano, a volte muoiono senza nemmeno aver iniziato a vivere?
Il giorno dopo l’approvazione del discusso e avversato pacchetto di misure per inasprire le pene contro la devianza giovanile, giudici, magistrati e garanti dei detenuti si interrogano. Non soltanto sulla reale efficacia “rieducativa” di quelle norme, ma soprattutto sulla capacità delle attuali carceri e comunità minorili di reggere il probabile impatto di tanti nuovi utenti. Ipotetici baby carcerati fin dai 14 anni.
Perplessità che non nasconde Mauro Palma, garante nazionale dei detenuti. «Oggi in Italia abbiamo 17 istituti di pena per minorenni che possono contenere fino a 400 ragazzi. Il numero attuale è di 404 minori. È evidente che se gli accessi dovessero crescere, restando queste le attuali strutture, tutto il sistema andrebbe in sofferenza». Aggiunge Palma: «Senza contare che ad un maggior numero di giovani ristretti, servirebbe un notevole ampliamento di personale, non solo di sicurezza, ma psicologi ed educatori. Ci sono i fondi o è un decreto fatto di slogan? Perché da sempre nella giustizia minorile l’approdo nell’istituto di pena dovrebbe essere residuale». Insomma il fragile equilibrio tra detenzione e rieducazione potrebbe saltare se i numeri crescessero troppo. Non solo. È anche il sistema delle comunità, che assorbe il maggior numero di minori con reati medi e piccoli, ad essere «in grande crisi e lo Stat dovrebbe riprenderne il controllo». Sono 637 (dati 2021) le comunità per minori sottoposti a provvedimenti penali, di queste solo tre gestite dal ministero della Giustizia. Ospitano circa mille ragazzi. Una goccia nel mare.
Hanno invece posizioni opposte due importanti presidenti di tribunali per i minorenni. Roberto Di Bella, che dirige il tribunale di Catania e Giuseppe Spadaro, che dirige quello di Trento. Di Bella è famoso per il suo lavoro sui figli dei clan di mafia e ’ndrangheta, “Liberi di scegliere”, tanti giovani sottratti per legge alle famiglie criminali da cui provenivano, dunque sottratti ad un futuro di malavita. «Questo decreto è importante, non demonizzatelo. Partendo da un presupposto: prima la giustizia minorile intercetta il giovane che delinque, più alta è la possibilità di salvezza per quel ragazzo. Faccio un esempio: un quattordicenne fermato con 5 dosi di cocaina e una ricetrasmittente allo Zen di Palermo, non è un piccolo spacciatore, è già un soldato della criminalità. Per questo abbassare l’età dell’arresto in flagranza è una tutela, non semplice repressione».
«La detenzione, la comunità possono cambiare la vita di un giovane. Sono in contatto con tanti ragazzi ai quali ho inflitto anche pene dure che oggi studiano, lavorano, mi scrivono. L’importante è che la sanzione sia sempre nell’ottica della rieducazione». È assolutamente scettico sull’efficacia del decreto Caivano, invece, il giudice Giuseppe Spadaro. Sue sono alcune tra le più avanzate sentenze in tema di affidi e adozioni a nuove famiglie, dai single alle coppie gay. Spiega: «Il primo dato è che le risorse attuali non bastano e non basteranno. Poco il personale, insufficiente la formazione, educatori sempre più rari. Con questo decreto c’è il rischio di marginalizzare ancora di più i ragazzi più disagiati. Mentre si risparmia sulla scuola. sulla sanità, mentre l’Istat conferma che la povertà si eredita, accrescere la repressione è come partire dai sintomi essendo tra coloro che quei sintomi li hanno creati».
«Questo decreto non funzionerà – dice Spadaro – più che su nuove sanzioni bisogna puntare sulla giustizia riparativa, sulla mediazione penale. In aula dico ai ragazzi che hanno commesso gravi reati che devono vedere la sofferenza provocata alle vittime e alle loro famiglie». Ed è sui buchi della rete del recupero che Spadaro, come il garante Palma, indirizza la critica, A cosa serve inasprire le pene, abbassare l’età dell’arresto, se poi nessuno si occupa di restituire a un ragazzino che sbaglia una seconda chance? «C’è una notevole crisi delle comunità per minori. Quelle ministeriali sono state ridotte a favore del privato. Il risultato è che non si trovano più educatori. E senza riabilitazione il tasso di recidiva diventa sempre più alto».