La Stampa, 10 settembre 2023
G20, niente condanna alla Russia
Narendra Modi ha scacciato l’incubo di un G20 senza un comunicato finale congiunto, sarebbe stata la prima volta dall’esordio nel 2008 e uno smacco per il premier indiano che sul summit ha modellato l’immagine di un’India contemporaneamente traino del Global South e al tavolo dei Grandi della Terra.
A tenere in scacco sino al primo pomeriggio i lavori degli sherpa è stato il dossier ucraino: nei 200 meeting in ambito G20 tenutesi nel 2023 a livello ministeriale, il conflitto ha sempre impedito di trovare un terreno comune e il destino pareva ripetersi al vertice dei leader. Modi e i suoi hanno fatto di tutto per scongiurare il fiasco e il comunicato finale è arrivato prima della cena di galà offerta dalla presidente Droupadi Murmu e accompagnata da 70 musicisti. Testo che chiede alla Russia «di ripristinare accordo sul grano», e poco più.
Dal punto di vista indiano l’esito è «un successo storico» poiché il G20 si apre ufficialmente all’Unione africana (55 membri e 1,4 miliardi di abitanti), sostiene la Banca Mondiale, benedice il piano finanziario per i Paesi emergenti, lancia progetti per favorire la digitalizzazione di Paesi arretrati e non rompe sul clima equilibrando risorse per la transizione energetica triplicate pur senza accelerare sulla dismissione del fossile.
L’Ucraina però inceppa il meccanismo di condivisione dell’entusiasmo. La reazione che giunge da Kiev al linguaggio del comunicato – 37 pagine suddivise in 83 paragrafi – è secca: «Non c’è nulla di cui andare orgogliosi». Rispetto a quello del novembre 2022, G20 a Bali, la Dichiarazione di New Delhi dimentica la parola “aggressione” della Russia, non chiede il ritiro «completo e incondizionato» e non condanna le azioni in violazione del diritto internazionale.
Eppure, invoca «una pace giusta e duratura» in pieno linguaggio statunitense, e riferisce che «ogni Stato deve astenersi dall’uso della violenza per ottenere acquisizioni territoriali violando sovranità e integrità». Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, ha evidenziato però che il comunicato «difende i principi» e leggendovi dentro le accuse a Mosca «che è in violazione di queste norme». Ma la parola Russia non compare mai, le frasi sono generiche, i termini sono vaghi e non c’è un’esplicita denuncia della violazione dell’integrità territoriale da consentire al capo degli sherpa russi, Svetlana Lukash, di definire «equilibrata» la dichiarazione finale.
Due essenzialmente le spinte che hanno impedito una condanna delle azioni russe: la prima è stata l’opposizione cinese a ripetere il termine “aggressione” come a Bali; la seconda è stata l’asse dei Brics e dell’Indonesia che hanno lavorato a smussare le differenze. Come 10 mesi fa si è ribadito «che il G20 è un consesso economico» che non si occupa di controversie politiche. Janet Yellen venerdì aveva messo l’accento proprio sul fatto che la crescita globale beneficerebbe subito dalla fine del conflitto, ma pur riconoscendo l’impatto su energia, sicurezza, cibo e sistema finanziario, il G20 ha preso atto che sull’Ucraina «ci sono visioni differenti fra i Paesi membri». Stamane l’ultima sessione, “One Future”, al Bharat Mandapam, poi appuntamento in Brasile nel 2024.