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 2023  settembre 09 Sabato calendario

Intervista a Valerio Lundini

Valerio Lundini, lei è un cazzaro?
In che senso?
Acquisiva potere nella comitiva organizzando scherzi perfidi?
Tipo suonare ai citofoni? Sì, ma non era divertente. La gente rispondeva e finiva lì.
Altre frecce al suo arco?
Le cabine telefoniche. Chiamavamo i numeri verdi delle compagnie e poi chiudevamo con pernacchie o facevamo abbonamenti a nome d’altri.
E da solo?
Quando ero all’università stampavo artigianalmente avvisi falsi. Che appendevo in facoltà.
Esempio?
‘Causa sciopero la macchinetta del caffè è guasta. Rivolgersi in direzione’. Restavo lì a vedere l’effetto che faceva. Funzionava, di solito.
In cosa si è laureato?
Dopo un passaggio improduttivo a Giurisprudenza, l’ho sfangata a Lettere. Non ricordo quanto presi. Cento? Boh.
La tesi?
Il giornalismo digitale paragonato a quello cartaceo. Mi autoplagiai.
Serio?
Copiai un capitolo della mia tesi per il corso triennale e lo riutilizzai per la specializzazione.
Adesso invalideranno tutto il suo percorso.
Ricomincerò da capo. Elementari dalle suore, con tutti i tabù. Ti impongono di non dire parolacce, e ti sfoghi da adulto. Diventi un comico irridente.
Dov’è cresciuto?
Roma, quartiere Alberone… Che poi l’alberone leggendario è caduto, e al suo posto hanno piantato un albero normale. Dovrebbero ribattezzare la zona Alberello.
Non essendo Brad Pitt, per rimorchiare puntava sulla battuta?
Osservavo certi amici brutti brutti. Avevano affinato la tecnica e portavano a casa più risultati di quelli carucci. Oh, comunque io so’ normale, d’aspetto!
A proposito di battute, nel film appena uscito, Il più bel secolo della mia vita di Bardani, uno straordinario Sergio Castellitto gliene rivolge una fulminante.
‘Ma ce n’è uno che nella vita je sei stato simpatico cinque minuti?’. Sì, il mio personaggio è un po’ antipatico, ma si riscatta.
Con Castellitto formate una coppia sorprendente.
Lui affrontava cinque ore e mezza di trucco, più lo strucco. La mia ansia era evitare errori per non aggravargli la fatica. Avere Sergio accanto nel mio debutto cinematografico è stato pazzesco.
Che consigli le dava?
Mi diceva di pensare alla sostanza della recitazione, di fregarmene se in qualche ripresa capita di avere, che so, la camicia sbottonata e all’inquadratura successiva no. Io invece sono un maniaco: in un film cerco di stanare le imperfezioni. Se l’attore ha la riga a destra e poi a sinistra ci resto male.
Non dovrebbe essere un improvvisatore?
Quando suono. Domani io e i Vazzanikki, per la Festa del Fatto, saremo alla Casa del Jazz.
Che scaletta avete immaginato?
Vista la location, avevamo ipotizzato un concerto jazz… però non abbiamo avuto tempo per provare quel repertorio. Così il nostro spettacolo resterà improntato al rock anni 50. Cose che danno energia, pezzi che si prestano a diventare sketch. Abbiamo tolto i brani autoriferiti, la band e il suo gergo segreto, che gli estranei non capiscono. Il concerto è rodato da anni, si intitola Canzoni Carine e Altre Meno.
Gavetta di sagre e matrimoni.
Esattamente. E ai rinfreschi nuziali il pericolo è sempre in agguato.
L’invitato ubriaco che vi molesta.
Pretende pezzi che magari non sappiamo. Sì, abbiamo affrontato pranzi di nozze hard core. Una volta uno esigeva a tutti i costi una canzone di Bennato. Il nostro frontman non sapeva il testo, e io che suono le tastiere mi sono immolato: la canto io. Come ho aperto bocca ho scoperto di non ricordare una parola. Però è tutta esperienza che abbiamo riversato in tv, per Una Pezza di Lundini.
Vazzanikki è un nome che vi suggerì Greg. Ma Iva ha mai saputo di voi?
Qualcuno glielo confermò quando la signora andò ospite dalla Bortone. Disse: ‘Mesi fa guardavo in tv il concertone del Primo Maggio e Ambra gridò: ecco Valerio Lundini e Iva Zanicchi!’.
Perché non invitarla per un featuring? Magari su Zingara?
Ah, così, sul classico? Ma non abbiamo i contatti…
A parte il cinema e il rock, che tv prepara?
Un programma di reportage. Su RaiPlay e credo Rai3 sotto Natale. Si chiama Faccende complicate. Andrò a chiedere cose alla gente. Il problema è che mi sono scritto tutto.
E che problema sarebbe?
Che se non rispondono come mi aspetto, la cosa potrebbe non funzionare, e se invece lo fanno, si sospetterà che sia tutto preparato.
Non teme invece, visti i tempi, eventuali censure?
Finora, forse perché andavamo in onda in terza serata, ho sempre potuto affrontare temi delicati con ironia. Della censura non ho paura: al limite mi eviteranno di fare figuracce. Temo più Internet.
Internet?
Se su 100 persone 95 ti ignorano e 5 fraintendono quel che volevi dire e poi ti massacrano sui social, diventa una grana. Già lo fanno con le malattie…
Che malattie?
Mi tolsero un tumore alla tiroide e gli acchiappaclick scrissero “Il cancro di Lundini”. Appena ti distrai ti ammazzano. Di cazzate.