il Fatto Quotidiano, 9 settembre 2023
Fi e il problema di B. nel simbolo
In Forza Italia c’è chi scruta l’orizzonte temendo il peggio, ossia scivolare nell’irrilevanza alle urne. Ma c’è anche chi, più banalmente, si chiede come sarà tecnicamente possibile presentarsi alle Europee con il nome di B. sul simbolo come tradizione vuole e come promesso, o meglio auspicato, a giugno da Antonio Tajani. Che ha giurato che Forza Italia sarà sempre il partito di Silvio Berlusconi e soprattutto che il suo nome non scomparirà dal brand azzurro. Il che però allo stato richiede un vero e proprio miracolo o in alternativa un barbatrucco: secondo il manuale di istruzioni del Viminale, valido innanzitutto per prossime elezioni Europee, per presentare la lista con il nome di Berlusconi, sarà necessaria una autorizzazione che solo Lui può dare. E se è vero che molti, per esorcizzare il momento, citano l’epitaffio di Franco Califano e dunque non escludono il ritorno del Cav, molto più probabile è che nel frattempo un altro Berlusconi scenda infine in campo. Per salvare capre e cavoli, magari con il titolo di presidente così come recita la dicitura del contrassegno di Forza Italia.
Ma cosa prevedono le regole del ministero dell’Interno che potrebbero rivelarsi una prova diabolica per Forza Italia? Ecco qui il passaggio più insidioso del manualetto: “Qualora un contrassegno contenga al suo interno uno o più nominativi, è necessario presentare contestualmente al contrassegno un espresso consenso all’utilizzazione di tale o tali nominativi da parte degli interessati”. Una dichiarazione all’utilizzo del proprio nome attraverso un modulo con le generalità (nome, cognome luogo e data di nascita oltre che domicilio) debitamente firmato per l’autenticazione che contiene una postilla che parla da sé: “Il sottoscrittore è stato ammonito sulla responsabilità in cui può incorrere in caso di dichiarazione mendace”. Scartoffie, si dirà. Ma mica tanto: la questione in casa Forza Italia è un grattacapo di non facile soluzione. Che Marina Berlusconi, a lungo tirata per la giacchetta, si presti è “solo una suggestione” secondo quanto riferiscono fonti accreditate di Forza Italia. In cui serpeggia pure un’altra considerazione: “Siccome è certo che rimpiccioliremo fino ai livelli dell’Udc, mai si sognerebbe di associare il suo nome a un brand con un destino ormai scritto”.
Ovvio che l’affetto per Forza Italia, la creatura dell’amato padre non verrà mai meno come ha rassicurato lo stesso Tajani subito dopo la morte di B: “Marina Berlusconi mi ha chiesto di ringraziare tutti. Mi ha ribadito, nel rispetto dei ruoli, vicinanza di tutta famiglia a Forza Italia che è una delle maggiori realizzazioni di Silvio Berlusconi”. Come dire che il sostegno anche finanziario continuerà a esserci anche se il partito è già debitore nel confronti di Berlusconi padre per circa 100 milioni, spiccio più spiccio meno. E Pier Silvio Berlusconi? La diffusione di sondaggi promettenti rispetto alla sua discesa in campo ha ingolosito il clan azzurro, ma poi ha detto che no, almeno per ora: “Non scendo in politica, è un mestiere serio e Mediaset è in un momento importante”. Chi più? I tre figli minori di B., Barbara, Eleonora e Luigi sin qui hanno solo contribuito a sostenere le casse azzurre come del resto hanno fatto anche Marina e Pier Silvio: 100 mila euro a testa ché la legge sul finanziamento dei partiti non consente di più. Anche se poi il modo si trova, come dimostra non solo il debito monstre di cui si è fatto carico il fondatore (e che la famiglia non ha certo intenzione di chiedere indietro). Che in anni più recenti ha foraggiato i “forzieri” (il copyright e della quasi moglie Marta Fascina) anche attraverso un altro strumento, come si evince della nota integrativa al rendiconto del partito. Dove figura un ammontare di 7 milioni relativo a garanzie: rilasciate in precedenti esercizi, per 3 milioni dal presidente Silvio Berlusconi. Ma anche, per 4 milioni, da Paolo Berlusconi “a fronte degli affidamenti concessi da un istituto bancario al Movimento Forza Italia” e buonanotte ai limiti di legge. Ma questa è un’altra storia. O forse no.