Avvenire, 9 settembre 2023
In classe con i kalashnikov. La nuova scuola di Putin è senza speranza
Un lancio d’agenzia, il 6 settembre, dice quanto segue: «Con il nuovo anno scolastico i bambini russi impareranno anche a usare i kalashnikov; l’intelligence britannica svela che nei nuovi programmi voluti da Putin è previsto l’addestramento militare di base; questo comprenderà il maneggio dei fucili, l’uso delle bombe a mano, le operazioni con velivoli senza equipaggio, il primo soccorso sul campo di battaglia». Cerchiamo di capire.
I bambini russi (“bambini”, non “ragazzi”) capiranno cosa vuol dire sparare. Noi abbiamo un insegnamento che dice «non uccidere», e io credo che il nostro compito (“nostro” di noi che scriviamo articoli, e che insegniamo nelle scuole, che è poi la stessa cosa) stia nel portare il «non uccidere» a diventare «non sparare», perché sparare è introduttivo a uccidere, ne fa parte, per uccidere bisogna saper sparare, chi impara a sparare impara ad avvicinarsi al nemico senza che il nemico se n’accorga, impara il passo del gatto e il passo del gattino, impara a puntare, a mirare, a premere il grilletto, a reggere il contraccolpo dell’arma sulla spalla, e una volta, quando noi italiani eravamo dei soldati senza tecnologia, imparava a ricaricare, manovrando quella insulsa leva che serviva a espellere il bossolo del colpo sparato e a mettere in canna un nuovo colpo da sparare, operazione complicatissima e distraente per il soldato che nel frattempo poteva essere ucciso sette volte dal nemico, il quale, se era americano, aveva un’arma che quelle operazioni le faceva in un attimo e tutte lei da sola, sicché quel soldato non doveva mai distogliere la mira ma solo mirare e sparare. Il fascismo voleva fornire ai ragazzi libro e moschetto. Ma un libro incolto e un moschetto arcaico. L’agenzia che arriva in questo momento da Mosca dice che là stanno preparando la stessa operazione: libro e kalashnikov. Il kalashnikov è meglio del moschetto. È un’arma meravigliosa, semplice che non s’inceppa mai, potente, con buona capacità di perforazione, gran parte delle guerre in atto sul mondo in questo momento sono combattute col kalashnikov. Mi domando però se combattere e progredire vadano d’accordo, o se non sia giunta l’ora di allevare generazioni che non sappiano sparare. Una generazione che sa sparare, prima o poi spara. John Ford, il regista, diceva che se in un film si vede un fucile, prima che il film finisca quel fucile spara.
E così se una generazione sa sparare, prima di diventare vecchia spara. L’addestramento militare che Putin vuole introdurre nelle scuole mira a questo. La generazione che sa sparare spara. Bisognerebbe insegnare tutte le altre cose, tranne sparare. Sono convinto che vedremmo fiorire il progresso e migliorare le condizioni della vita. Perciò dovremmo sostituire il «non uccidere» col «non sparare»: è più chiaro e più completo.