Corriere della Sera, 10 settembre 2023
Il matrimonio di Zaki
È entrato in chiesa in un elegantissimo completo nero con papillon e una felicità incontenibile, tenendo al braccio l’amore della sua vita, in abito bianco, la compagna che nei lunghi mesi della prigionia gli è stata sempre al fianco, sostenendolo e spronandolo, anche quando la speranza della sua liberazione si stava spegnendo. Patrick Zaki ha sposato ieri la sua Reny Iskander nella chiesa copta-ortodossa di San Marco, nel quartiere Heliopolis al Cairo. I due giovani, 32 anni lui e 27 lei, hanno così coronato il sogno d’amore dopo anni difficilissimi che li ha visti stretti l’uno all’altra, dall’incarcerazione di Zaki nel febbraio del 2020 fino alla grazia concessa dal presidente egiziano al-Sisi lo scorso 19 luglio, il giorno successivo alla condanna dell’attivista egiziano e ricercatore dell’Università di Bologna a tre anni di carcere. Reny, presenza sempre discreta al suo fianco, non ha mai mollato la presa. E lui ha sempre riconosciuto a lei, scrivendolo più e più volte sui social, il potere di fargli intravedere il futuro nonostante le torture subite in carcere.
Gli sposi, che si sono entrambi laureati (lui lo scorso 5 luglio collegato online da Mansoura con gli accademici dell’Università di Bologna) in «Women’s and gender studies», ieri erano circondati da famigliari, amici e soprattutto molti militanti per la difesa dei diritti umani in Egitto. Tra loro, seduti nei banchi della chiesa di San Marco, c’erano Hossam Bahgat, fondatore dell’Iniziativa egiziana per i diritti personali (Eipr), l’Ong per cui lavora il ricercatore egiziano, Lina Attalah, la direttrice di Mada Masr, il giornale online egiziano considerato la principale fonte di informazione indipendente rimasta in Egitto nonostante il suo sito sia stato oscurato, Ahmed Douma, condannato a 15 anni di reclusione per avere partecipato alla rivoluzione egiziana nel 2011 e graziato da al-Sisi il mese scorso, e Ahmed Harara, il cosiddetto «medico cieco» che perse entrambi gli occhi per i colpi sparati dalla polizia in due diverse manifestazioni di gennaio e novembre 2011, l’anno in cui fu spodestato l’autocrate Hosni Mubarak. Un matrimonio d’amore e d’impegno civile, quello di Patrick e Reny. Quell’impegno che lui, nel giorno del ritorno a Bologna, il 23 luglio scorso, ha promesso di voler trasformare in un lavoro, trasferendosi a breve nel capoluogo emiliano per tentare la strada di un dottorato in diritti umani.
È dalla festa privata organizzata mesi fa dai due sposi che Patrick, attraverso il telefono dell’amico e attivista Bahgat, fa esplodere tutta la sua gioia: «Sono davvero felice che il mio sogno si sia avverato – dice il neo sposo —, adesso posso andare avanti. Ringrazio tutti e ringrazio la città di Bologna per aver permesso che questo potesse realizzarsi». Sotto la sua voce c’era il frastuono dei festeggiamenti, le risate delle persone che con lui e Reny ieri hanno gioito di un traguardo sofferto. È lo stesso Bahgat, fondatore di Eipr, a raccontare i momenti densi di ieri: «La cerimonia in chiesa è stata incredibilmente commovente – dice – Quasi la metà dei presenti in chiesa erano prigionieri politici rilasciati di recente, persone di ogni ceto sociale, donne, uomini, giovani, vecchi, musulmani, laici, cristiani, insieme uniti dalla repressione patita sotto Sisi». C’erano tutti. Ieri a unirli sono stati Patrick e la moglie Reny.