Corriere della Sera, 10 settembre 2023
I prezzi, da noi e in Francia
Caro Aldo,
sono reduce da 5 giorni sul lago di Garda con la famiglia. Ho visitato Lazise, Bardolino e la carinissima Sirmione. Ma che prezzi! Per esempio il gelato: se sei un bambino «hai diritto» alla coppetta di soli 4 euro, altrimenti ne spendi almeno 6. Va bene il turismo, va bene che tutto è più caro, ma non c’è un limite?
Ariel Rush, Monza
Ormai per risparmiare consulto le guide per conoscere i supermercati meno cari, così mi regolo. Perché lei scrive che l’impennata dei prezzi avrà sui rapporti sociali un impatto superiore all’11 settembre, alla crisi finanziaria del 2008, alla pandemia messi assieme?
Lucia TorreCari lettori,
i prezzi non sono soltanto un indice economico, la misura del potere d’acquisto. Sono anche un segno dei rapporti di forza tra le persone, le classi sociali, le nazioni. Segnano la vita delle famiglie, condizionano la nostra serenità. Negli Anni Venti l’aumento dei prezzi portò al potere le destre nazionaliste che avrebbero poi scatenato la seconda guerra mondiale; negli Anni Settanta esasperò le tensioni sociali. Non sappiamo cosa accadrà stavolta.
Il nuovo secolo è stato segnato dalle crisi seguite al crollo delle Torri Gemelle, al crack dei mutui subprime, alla pandemia; ma i prezzi restavano stabili. Con le continue iniezioni di liquidità nel sistema, il denaro non poteva continuare ad avere lo stesso valore; ora si è inevitabilmente deprezzato. Gli stipendi però sono rimasti gli stessi.
Ho passato qualche giorno nel Nord-Est della Francia, in paesi e città fuori dalle rotte turistiche, dove ero stato da giovane cronista a raccontare i primi exploit del Front National. Li ho trovati irriconoscibili. Fuori da Parigi, dalla Provenza, dalle città gioiello del Sud-Ovest come Tolosa e Bordeaux, la Francia si è impoverita in modo spaventoso. In molti villaggi hanno chiuso il bar, il bistrot, il negozio di alimentari; financo la chiesa gotica è sbarrata; l’unico punto di incontro è il cippo dei caduti, «morts pour la France». In compenso in un supermercato di Soissons ho pagato una bottiglia d’acqua naturale da due litri 22 centesimi; in una brasserie di Ginevra una bottiglia da 75 cl mi era costata 14 euro. Attraversare il traforo del Monte Bianco, sola andata, costa più di 52 euro. Consumi un tempo abituali per il ceto medio ora sono impossibili da sostenere. Non soltanto le vacanze; pure il dentista. Il presidente socialista Hollande cadde in disgrazia quando definì i poveri «sans dents», gli sdentati.
La Francia è un’economia più avanzata della nostra: la de-industrializzazione è ormai compiuta; e i servizi, dalla distribuzione alla sanità, non sono più nelle mani dei «piccoli» o dello Stato, ma in quelle delle multinazionali, che le tasse non le pagano. I prezzi ormai li fanno loro. È questo il futuro che ci attende?