La Lettura, 10 settembre 2023
Gli scrittori che hanno abitato a Roma
«Vivere a Roma è un modo di perdere la vita», scrive Ennio Flaiano in uno dei suoi fulminanti appunti dedicati all’immenso fondale urbano della Dolce vita, capolavoro cinematografico di cui firma nel 1959-1960 con altri – tra cui ovviamente il regista Federico Fellini – la sceneggiatura. Flaiano ha 50 anni, i problemi di cuore sono ancora lontani, è nel pieno delle forze: certo non immagina che, anni dopo la sua morte avvenuta nel 1972, la sua traccia non si perderà ma apparirà su una lapide all’ingresso di via Montecristo 6, nel cuore di Montesacro, la sua casa dal 1953 flaianamente appartata, lontana dai salotti romani e dal centro, quindi dalla «sua» via Veneto.
Roma è insuperabile nella gestione della memoria. L’archeologia romana, il medioevo, il rinascimento e poi la modernità convivono sovrapponendosi. I Savoia non distrussero mai una sola lapide papale sulle grandi opere. Lo stesso la Repubblica con gli stemmi Savoia. E così romani e turisti «leggono» le tracce della storia, dell’archeologia, dell’arte e dell’architettura ma anche della letteratura sui muri di Roma e tra i vicoli dove, come cantò Lucio Dalla, qualcuno scrive sempre una canzone, o una poesia, o un romanzo. Un palinsesto plurisecolare e cosmopolita, com’è nell’identità millenaria di Roma Eterna.
Da anni la Sovrintendenza Capitolina è impegnata nella catalogazione, inventariazione e informatizzazione dei beni dell’amministrazione comunale. E così esiste una banca-dati delle lapidi dedicate a scrittrici, scrittori, potesse e poeti. Il palinsesto è vasto e stratificato, e nel giro di poche decine di metri possono trovarsi le lapidi che ricordano la poetessa e scrittrice austrica Ingeborg Bachmann (morta a Roma il 17 ottobre 1973) in via Bocca di Leone 60, poco dopo in via del Babuino 115 il ricordo di Trilussa, alias Carlo Alberto Salustri, cantore della Roma post-unitaria in un magnifico romanesco, poi in via Condotti Giacomo Leopardi che lì visse cinque mesi tra la fine del 1822 e l’aprile 1823 senza capire né amare la Città Eterna, infine in vicolo del Bottino 10 ecco Corrado Alvaro, che lì morì nel 1956 ormai «romano d’adozione», come rammenta la stele.
In via Sistina altro capolavoro temporale: Hans Christian Andersen (civico 104) sta a un passo da Nicolaj Gogol’ (al 125) e poco prima di Pietro Garinei e Sandro Giovannini, i due padri della commedia musicale italiana, padroni di casa del Teatro Sistina dove allestirono i loro leggendari successi di sapore broadwayano in salsa romana. Un altro incastro spettacolare avvicina Ludovico Ariosto (piazza della Rotonda, alias Pantheon) passato per l’Hotel del Sole tuttora aperto, a Thomas Mann in via del Pantheon, a Stendhal lì a pochi passi in piazza della Minerva e poi, altra manciata di metri, al tedesco Ferdinand Gregorovius in via di Pietra, definito sul marmo civis romanus per l’immenso amore per Roma riversato nei suoi studi.
In via dei Redentoristi, dietro al Teatro Valle, per un’altra coincidenza tutta romana, la casa natale di Giuseppe Gioachino Belli (sommo poeta in un romanesco che è scintillane lingua) sta vicino alle lapidi di Aldo Palazzeschi e dell’attrice e scrittrice Adelaide Ristori.
Vittorio Alfieri è rammentato in via Torino, dove scrisse le tragedie Merope e Saul (ma l’edificio è moderno, il villino degli Strozzi non esiste più). Dante Alighieri ha una lapide sulla «Casa di Dante» in piazza Sonnino, un’invenzione novecentesca sull’area degli Anguillara dedicata agli studi danteschi. Sempre a Trastevere si ricorda la nascita romana nel 1880 del poeta francese Guillame Apollinaire in piazza Mastai. Goethe ha persino il suo museo romano nella casa che lo ospitò in via del Corso, e c’è una stele al civico 20. Robert Browning ed Elizabeth Barrett dopo la vita sono uniti anche nella memoria in via Bocca di Leone 41, la zona più anglofila di Roma (in via del Babuino c’è l’anglicana All Saints’ Church, costruita dopo la caduta del potere papale ma che attestava una presenza consolidata). Eleonora de Fonseca Pimentel è invece onorata per la sua nascita romana in via di Ripetta 17.
Ma il viaggio più eloquente riguarda il Novecento e i giorni nostri, tra memoria tracciata, quindi visibile, e vistose assenze. Luigi Pirandello è rammentato in via Antonio Bosio 15, dietro villa Torlonia, dove morì il 10 dicembre 1936, oggi una casa-museo. Ecco Massimo Bontempelli e Paola Masino, in coppia, nella loro via Liegi 6, nel cuore dei Parioli. Luigi Albertini, storico proprietario e direttore del «Corriere della Sera», appare sulla sua bella casa al Quirinale in via XXIV Maggio 14. Il grande critico e storico della letteratura Giacomo Debenedetti è tra noi grazie alla scritta in via del Governo Vecchio 78. E così lo squisito e appartato poeta Sandro Penna in via Mola dei Fiorentini 28. Cesare Zavattini è descritto all’ingresso della sua casa in via Sant’Angela Merici 40 al Nomentano doverosamente come «Scrittore, pittore, sceneggiatore, regista e teorico del Neorealismo».
Ecco le contraddizioni. Pier Paolo Pasolini totalizza ben cinque lapidi nelle sue varie case e, ovviamente, all’Idroscalo di Ostia dove venne ucciso. Elsa Morante è ricordata in via Amerigo Vespucci 41 a Testaccio. Due presenze per Giorgio Caproni. Ma manca una targa per Alberto Moravia, romanziere incomprensibile senza Roma, nemmeno davanti alla sua casa-museo in lungotevere della Vittoria 1, splendidamente tenuta dagli eredi e aperta al pubblico. Niente memoria per Alberto Arbasino in via Gianturco 4. Negli uffici capitolini sottolineano che le proposte di targhe vengono esaminate su richiesta o degli eredi o di comitati o di uffici studi (ma solo dopo dieci anni dalla morte, per legge nazionale, ecco perché qui non si parla di Raffaele La Capria, scomparso nel 2022). La famiglia di Enzo Siciliano, morto nel 2006, esplicitamente non volle lapidi né vie intestate preferendo far confluire i 19 mila volumi del letterato come Fondo liberamente consultabile alla Casa delle Letterature di Roma.
Altre richieste sono sospese in attesa di «documentazione e valutazioni» (la nota tempistica burocratica romana, e lo scrive un romano doc, impedisce ogni previsione): Giorgio Bassani in via Gran Sasso 16, Ugo Betti in via Giuseppe Valadier 13, Ugo Pirro in via della Fontanella Borghese, Ignazio Silone e Darina Laracy in via di Villa Ricotti.
C’è poi il fascicolo degli «iter autorizzativi in corso» negli uffici capitolini: potrebbero arrivare, ma non si sa quando, le targhe per Goffredo e Maria Bellonci in via dei Fratelli Ruspoli 2 (dove nacque il «loro» Premio Strega, ora altra casa-museo), per Italo Calvino in piazza di Campo Marzio (e sarebbe assolutamente ora, visto che il 2023 è l’anno del centenario della sua nascita), per Natalia Ginzburg (nella stessa piazza), per Giorgio Manganelli (in via Antonio Chinotto).
Infine c’è il surreale capitolo delle richieste burocraticamente «non attuabili». Per apporre una targa occorre il parere favorevole dei proprietari degli stabili: dei condomini (e a Roma le liti condominiali non si contano) o degli edifici di proprietà pubblica, e la cosa spesso perfino si complica. E così si comprende il vuoto per la poetessa Maria Luisa Spaziani (via Cola di Rienzo), per Mario Pannunzio (tra via di Campo Marzio e via dei Prefetti), Giuseppe Patroni Griffi in via Margutta, Giorgio Bassani e Mario Soldati (entrambi in via Giovanni Battista De Rossi). Rafael Alberti non è ricordato né nella sua amata via Garibaldi in Trastevere né, con María Teresa León, in via Monserrato. Un giorno chissà: condominio permettendo.