La Lettura, 10 settembre 2023
Sulla Torre Eiffel
Sono rare le icone riconosciute a livello internazionale, in grado di parlare a ognuno di noi e soprattutto capaci di comunicare «la parte per il tutto». La Tour Eiffel, realizzata nel 1889, rappresenta Parigi, la Francia, in sostanza l’idea di una tecnologia e di un materiale che, superando il proprio tempo, si trasforma in un simbolo «metafisico». Questa è la sua forza iconica: essere di tutti e di nessuno, anche se sono stati necessari 3.629 disegni per fabbricare i 18 mila segmenti metallici sui quali si regge il traliccio.
La sua fisicità è incombente e irraggiungibile, non si esaurisce, e più la vediamo, più grande e potente è la sua capacità onirica. Non c’è partita nemmeno se la confrontiamo con l’edificio più alto al mondo, almeno finora: il grattacielo Burj Khalifa, a Dubai, 828 metri e 163 piani. La capacità iconica di un’architettura con un’altezza di circa un terzo della torre di negli Emirati è inesauribile per una ragione semplice: dialoga con il territorio e il contesto storico. Intorno c’è una città che viene da lontano, Parigi, mentre la potenza muscolare che mostra solo sé stessa non è in grado di raccontare da dove veniamo e chi siamo. Rimane un esercizio accademico, perché l’icona parla sempre al cuore oltre che alla ragione.
La Tour Eiffel siamo noi, comuni mortali che almeno una volta nella vita l’abbiamo vista dal vero o attraverso un’immagine, appartiene al nostro patrimonio simbolico, la riconosciamo immediatamente, senza mediazioni e note esplicative. Ci appare così com’è, è nostra, come Marilyn Monroe o la Primavera di Sandro Botticelli. La sua funzione evocativa e iconica si regge sul doppio elemento conoscitivo e affettivo, si rinnova anno dopo anno, tant’è che per l’Olimpiade parigina del 2024, a restauro non ancora concluso, sarà ridipinta a metà con il suo «giallo bruno» che Eiffel aveva pensato in origine, mentre proprio ai piedi della torre si terranno la prove di beach volley. In un saggio del 1964 Roland Barthes scrive che la Tour Eiffel «è tutto quello che l’uomo pone in essa, e questo tutto è infinito. Attraverso questa opera, l’uomo esercita la grande funzione dell’immaginario, che è la propria libertà». Oltre il proprio tempo, nel segno della libertà interpretativa: un’icona unica.