la Repubblica, 8 settembre 2023
Intervista a Novella Calligaris
Splash. Torna in acqua, anzi in mare. Per festeggiare il suo oro e record del mondo di 50 anni fa. Il primo nel nuoto dell’Italia. Per dire: la notizia apparve sul tabellone luminoso dell’Olimpico durante il derby Roma-Lazio di Coppa Italia e gli 85.000 spettatori si alzarono in piedi per un’ovazione. Era una ragazzina allora, è una (giovane) nonna di 68 anni oggi. Novella Calligaris domani si ri-butta: attraverserà lo stretto di Messina, da Torre Faro a Cannitello.
Novella, se la sente?
«Non è una gara, nessuna ansia.
Non ho paura della brutta figura.
L’importante è arrivare, saremo una ventina, posso contare sull’assistenza di Fabrizio Antonelli, allenatore di Gregorio Paltrinieri, di sua moglie, Martina De Memme, ex fondista, ci sarà Daniele Masala, oro nel pentathlon moderno a Los Angeles ’84. Lo faccio anche per festeggiare i 75 anni degli Olimpici e Azzurri d’Italia, associazione di cui sono presidente. Ci sarà la mia famiglia e le figlie di Dennerlein, il mio tecnico. Avevo anche invitato i presidenti Malagò e Pancalli. Il primo è impegnato con il Cio e mi ha dato della pazza, il secondo mi ha detto che non ci pensava proprio».
È uscita dalla piscina a 19 anni.
«E da cinquanta non nuoto più in corsia. Sempre stata allergica al cloro. Ma a me piacciono le sfide e anche l’idea di poter simbolicamente annullare le distanze. Quest’estate mi sono allenata nel mare di Ischia, Antonelli si è raccomandato: un giorno di nuoto e uno di riposo. Io ho voluto strafare e mi è venuta una nevralgia. Sono andata anche a Ostia a farmi esaminare, i test confermano che sono nata per nuotare. Però ho modificato il mio stile. Io respiravo ogni 3”, lui mi ha detto meglio ogni 4”, c’è più presa in acqua, si appoggia meglio il braccio, mi ha fatto anche abbassare la testa».
Non le è bastato negli 800 stile libero il record del mondo a Belgrado nel ’73.
«Ero un motorino in acqua, piccola e leggera, le altre tutte spilungone, ma ero scatenata. Il mio allenatore Bubi Dennerlein è stato un filosofo, precursore in tante cose, personalizzava i lavori, niente palestra per non appesantirmi, non l’avrei sopportata. Mi faceva allenare con i ragazzi, ai campionati italiani mi iscrisse a sette gare: devi imparare a perdere. Le vinsi tutte. A quei tempi in squadra si facevano molte discussioni politiche. Bubi ci provocava, sosteneva sempre l’opposto, per stimolare le nostre teste. Io ero ribelle, c’era la contestazione, interpretavo le esigenze della mia generazione e battagliavo. Gli chiesi: perché gli 800 metri? E lui: così almeno per 8 minuti stai zitta. E per lo stesso motivo mi portava in Germania a gareggiare contro le tedesche. Come avrei mai potuto montarmi la testa?».
Ha visto il corpo di molte sue avversarie cambiare.
«Soprattutto quelle della Germania Est, vittime del sistema doping. Donne non più donne, condannate a tumori, depressioni, suicidi. C’è qualcuno che oggi chiede di cancellare i loro nomi.Perché tanta cattiveria? Non avevano scelta. Vogliamo privarle delle medaglie dopo tutto quello che hanno subito? La Stasi seguiva anche me».
La credevano una spia?
«Parlavo tedesco. Capivo. In un grande magazzino vidi una mia avversaria della Ddr avvicinarsi a un costume, lo voleva comprare, ma non aveva soldi, offrì in cambio l’orologio, mi avvicinai, chiesi se potessi farle quel regalo. Mi ringraziò con una bambolina che a mia madre non piaceva. Anche a questo serve lo sport, non solo ad arrivare primi, ma a farti capire com’è fatto il mondo a un’età in cui le tue coetanee magari pensano ad altro».
Chi cresce in piscina ha paura del mare.
«Io quando nuoto ho il terrore dei motoscafi. Per la traversata userò una muta, per non essere vittima delle meduse, una mi ha presa tra ascella e seno e non è stato simpatico. Bisognerà stare attenti alle correnti, nei vortici ci si deve fare portare a fondo e poi riemergere. Saper nuotare è la prima assicurazione sulla vita, purtroppo l’annegamento è ancora una causa di morte molto alta».
Sono 3 chilometri e mezzo, ma ce l’ha fatta anche Beppe Grillo.
«Per me sono lunghi mezzo secolo. Dentro ci stanno perdite e ricordi. Papà che dopo il record mi chiese se fossi stanca. E mia madre Nella. Le telefonai per dirle che avevo fatto il mondiale, era a teatro a Siracusa e mi rispose: “Ti sei persa un bellissimo balletto di Bejart”. E io a gridare inutilmente: mamma, mamma, ho migliorato il mondiale. Era, erano fatti così, mi hanno insegnato che lo sport è un passaggio della vita, non la vita. È come lo yogurt, ha una scadenza. Dentro ci sta il nuoto italiano che non crede più alla supremazia innata del mondo anglosassone e i nuovi genitori che non hanno più paura che alle bambine in piscina vengano le spalle grosse. In questo Federica Pellegrini è stata stratosferica, ha fatto uscire il nuoto dalle vasche. Io ho vinto dentro l’acqua, lei anche fuori».
Ma anche lei suscitò attenzione.
«Non la volevo. Non mi piacevano i fotografi piazzati davanti a casa. Mi ritrovai le telecamere alla festa dei miei 18 anni a Roma. Mi fermavano: ma lei è… No, rispondevo, non sono lei, le somiglio. Non cercavo la popolarità, volevo solo nuotare. Le pressioni c’erano anche allora. L’australiana Shane Gould, un fenomeno che nello stile libero vinse in tutte le specialità, a soli 16 anni improvvisamente nel ’72 lasciò il nuoto. Era la numero uno, ma non riusciva più a mettere insieme la persona e l’atleta».
Colpa della riga nera in fondo alla vasca?
«Quella riga è una cometa all’incontrario. Solo che non sta in cielo, ma in basso. Non aliena, insegna a inseguire i propri traguardi. Anche nel mare».