la Repubblica, 8 settembre 2023
la battaglia contro le fake news
Attacco al copyright. Diffusione di bugie. Aggressività del potere esecutivo Ecco i pericoli della cattiva informazione che dobbiamo combattere
La decisione del G20 in corso a New Delhi di dedicare un forum alla libertà di informazione, il Media Freedom Summit, offre l’occasione per riflettere sulle tre differenti tipologie di pericoli portati dal fenomeno delle fake news e quindi sulle possibili risposte per difendere qualità e indipendenza dei mezzi di comunicazione, così cruciali per la vita delle democrazie.
Il primo pericolo che le fake news portano è alla proprietà intellettuale dei contenuti, ovvero al copyright. Ogni giornalista, e più in generale ogni persona, è titolare dei contenuti che crea e, eventualmente, diffonde su ogni piattaforma. È un pilastro della credibilità della libertà di informazione perché ha a che vedere con la responsabilità personale, in ogni sua possibile declinazione. Dalla necessità di far fronte ad ogni conseguenza fino alle opportunità economiche che il copyright può offrire. Dunque, chi si appropria illegalmente di contenuti altrui, li copia e ripropone come se fossero propri o li diffonde senza autorizzazione commette una grave infrazione che genera danni intellettuali ed economici. Oltre ad essere la possibile genesi di falsità e inganni di ogni genere. Da qui la necessità che il diritto d’autore venga protetto con severità nella realtà digitale come già avviene in quella fisica, declinando online le norme dello Stato di Diritto in ogni legislazione nazionale.
Il secondo fronte di pericolo viene dalla disinformazione vera e propria ovvero notizie false che singoli attori – persone fisiche, organizzazioni o Stati sovrani – diffondono al fine di colpire, delegittimare, isolare, infangare individui o collettività che identificano come nemici da aggredire. L’uso della bugia e del pregiudizio contro il prossimo è antico quanto la Storia dell’umanità ma il web ed i social network offrono alla disinformazione una piattaforma con un’efficacia senza precedenti per velocità e capacità di diffusione. In questo caso si tratta di uno strumento pericoloso perché consente di aggredire singoli– come con il cyberbullismo fra i più giovani – moltiplicare l’impatto delle violenze compiute – diffondendo ad esempio immagini di stupri, aggressioni e razzismo – e creare vere e proprie tempeste di falsità per tutelare interessi particolari di organizzazioni e Stati. Si tratta di reati che rientrano nella tipologia di violenza, aggressione, razzismo e disinformazione che le normative vigenti negli Stati democratici puniscono. Da qui la necessità di applicare le stesse protezioni nel digitale. È vero che l’online è uno spazio transnazionale ma è vero anche che i singoli Stati democratici hanno il dovere di proteggere i propri cittadini e possono iniziare a estendere tali tutele giuridiche dalla realtà fisica a quella digitale. L’Unione Europea, con decisioni e direttive approvate da Commissione e Parlamento, è senza dubbio all’avanguardia su questo fronte ed è suo interesse coordinare ed estendere tali sforzi in accordo con Paesi alleati e partner in altre organizzazioni internazionali, a cominciare da G7 e G20. Anche perché gli Stati sovrani che usano le fake news come strumento di aggressione sono quasi sempre autocrazie, dittature e regimi di ogni genere convinti che la disinformazione sia un formidabile strumento per condurre guerre ibride capaci di farimplodere le democrazie fomentando intolleranza contro le istituzioni. Se la Russia di Vladimir Putin legittima l’aggressione militare all’Ucraina affermando che si tratta di una nazione che non esiste e l’Iran degli ayatollah legittima l’oppressione brutale delle donne sostenendo che è basata sulla fede è perché l’uso sistematico della bugia è il fondamento grazie al quale ogni despota si rafforza.
Ma non è tutto, perché le fake news hanno anche un terzo e più insidioso binario di diffusione quando – all’interno di un Paese democratico – divengono strumento di leader, partiti politici o governi intenzionati a rafforzare a tal punto il potere esecutivo rispetto a quelli legislativo e giudiziario da incrinare l’equilibrio istituzionale, frutto del pensiero di Montesquieu, che garantisce e protegge le libertà degli individui. Il primo interprete di questo approccio è stato Donald Trump quando, eletto alla Casa Bianca nel 2016, ha affermato il concetto di elaborare e diffondere “verità alternative” a quelle diffuse dai mezzi di informazione fino a spingersi oltre la linea rossa del tentativo di rovesciare a proprio vantaggio il risultato delle presidenziali del 2020, legittimando l’assalto dei propri sostenitori a Capitol Hill, sededel Congresso di Washington. La “verità alternativa” ha spinto Trump a identificare il potere esecutivo con i propri desideri personali, dando più valore agli istinti della piazza di Rousseau rispetto alle norme di Montesquieu. E creando un precedente a cui i leader e gruppi populisti, in Europa e altrove, si richiamano con sempre maggiore intensità per cavalcare gli istinti più anti-moderni, intolleranti ed anti-democratici: dando vita a fenomeni come la negazione del Covid-19, la contestazione dei vaccini, il sarcasmo sui cambiamenti climatici, i pregiudizi contro migranti e minoranze, fino a sostenere la superiorità delle autocrazie sulle democrazie. Sotto questo punto di vista le fake news diventano lo strumento grazie al quale il populismo diffonde l’anti-modernità al fine di aggredire la forza della ragione su cui si fonda lo Stato di Diritto, da cui dipende la vita democratica. Ed in questo caso la risposta più efficace non può che venire da ogni cittadino, chiamato con il proprio voto e la propria opinione ad opporsi a chiunque sfrutti le libertà costituzionali per indebolire dal di dentro i sistemi democratici, puntando ad esaltare i peggiori istinti degli esseri umani per aggredire il prossimo all’unico fine di consolidare il proprio potere.
Ecco perché combattere le fake news è una sfida cruciale per ogni democrazia: al fine di proteggersi da chi vuole demolirla dall’interno e da chi la aggredisce dall’esterno; per tutelare sicurezza e prosperità dei propri cittadini non solo nella realtà fisica ma anche in quella digitale; per evitare che odio e pregiudizi portino le nuove generazioni sul sentiero dell’intolleranza. L’entità del confronto è tale da richiedere non solo alle democrazie di impegnare le migliori risorse – a cominciare dall’educazione dei più giovani – ma anche ai singoli cittadini, a tutti noi, di ricorrere al libero arbitrio per difenderci da chi aggredisce le nostre libertà.