il Giornale, 8 settembre 2023
Tutti gli errori di Xi, da Jack Ma a Evergrande
lla fine di novembre dello scorso anno, migliaia di lavoratori della fabbrica Foxconn hanno ignorato gli ordini della polizia e sono usciti di corsa dal gigantesco stabilimento di Zhengzhou, bloccando un’autostrada e una linea ferroviaria, perché non volevano rimanere intrappolati dal lockdown dovuto al Covid. Hanno attaccato gli agenti che cercavano di fermarli, finché le stesse forze dell’ordine non si sono ritirate. Xi Jinping non ha ordinato di aprire il fuoco sugli operai, ma la settimana successiva ha capitolato senza condizioni, interrompendo bruscamente tutte le restrizioni sul Covid in tutta la Cina. Un annuncio arrivato solo poche ore dopo l’ennesimo proclama sulla necessità di fermare l’epidemia ad ogni costo. Questa giravolta ha indebolito l’autorità di Xi come mai era accaduto prima, e la cosa rimbalza oggi su tutta la rete Internet cinese nonostante la censura. Ma Xi non aveva altra scelta: con solo 1,5 milioni di poliziotti armati a fronte di 1,4 miliardi di cinesi (una percentuale molto inferiore rispetto ai circa 150.000 Carabinieri e finanzieri italiani), era impossibile inviare abbastanza uomini per controllare decine di migliaia di lavoratori. Al contrario di Mao, Xi Jinping non ha a disposizione le Guardie rosse, un esercito di giovani fanatici pronti ad attaccare i suoi nemici (compreso il padre di Xi, un alto funzionario che le Guardie Rosse fecero sfilare per Pechino con un pesante cartello al collo). Ma il vero problema di Xi oggi inizia con un dato particolare: a giugno la disoccupazione giovanile tra i giovani dai 16 ai 24 anni ha raggiunto il 21,3%. A rendere esplosivo questo dato non è il fatto che la disoccupazione di giugno fosse in realtà molto più alta del 21,3% (le stime degli esperti partono dal 30%), e nemmeno il fatto che la percentuale di luglio non sia stata pubblicata perché molto più alta, ma piuttosto la responsabilità molto personale di Xi Jinping per gran parte di questa disoccupazione. È stato Xi, con una decisione personale presa d’imperio in nome dell’uguaglianza sociale, a chiudere bruscamente, nel luglio 2021, il gran numero di scuole private cinesi per la preparazione agli esami, privando i neolaureati di un’ambita opportunità di lavoro: solo le sette maggiori società di insegnamento hanno dovuto licenziare più di 250mila laureati. I più intraprendenti hanno cercato di insegnare privatamente, ma a coloro i quali riuscivano a radunare qualche allievo per le lezioni nei parchi o nei caffè è stato intimato di smettere, pena l’arresto. La responsabilità personale di Xi Jinping è ancora più evidente nel brusco crollo della domanda di neolaureati nell’intero settore dell’alta tecnologia, che ha fatto seguito alla scomparsa nel novembre 2020 del più dinamico imprenditore cinese, il fondatore di Alibaba Jack Ma. I dittatori sono ben noti per la loro gelosia: lo spettacolo di Ma vestito da Michael Jackson e celebrato da più di 25.000 dipendenti di Alibaba in estasi per il suo compleanno è stato troppo per Xi, che ha ricevuto solo doverosi applausi dai suoi sottoposti di partito. Nel novembre 2020, Jack Ma è stato convocato in un ufficio del partito. Pochi giorni dopo, la quotazione in borsa da record (34 miliardi di dollari) del suo nuovo Ant Group, che avrebbe dovuto assumere decine di migliaia di persone, è stata bruscamente interrotta, mentre lo stesso Ma è scomparso per tre mesi. Quando è riemerso, Ma ha capito il messaggio: Alibaba era troppo importante. Invece di assumere altri 20mila nuovi laureati come nel 2020, Alibaba ne ha licenziati 20mila nel 2021 e non ha assunto nessuno nel 2022. Altre aziende cinesi ad alta tecnologia hanno cancellato nuovi progetti per evitare l’«attenzione» del regime. Molti in Cina sanno anche che il bellicismo di Xi – il quale continua a ripetere all’esercito di prepararsi a combattere e a vincere – è alle radici della diffusione di atteggiamenti anti-cinesi in tutto il mondo e ha inoltre causato una notevole riduzione degli investimenti stranieri, una diminuzione dell’occupazione e un moltiplicarsi di pregiudizi negativi nei confronti di turisti e studenti cinesi, che in molti Paesi non si sentono più graditi. Infine, c’è il crollo del mercato immobiliare, sulla scia di quanto accaduto nel 2007 in America, ma su scala molto, molto più grande. La trasformazione delle città cinesi – ormai dozzine di metropoli somigliano a Manhattan – è stata finanziata assumendo immensi debiti, che ora devono essere ridotti per riprendere investimenti redditizi. Negli Stati Uniti, la cura per la crisi del debito del 2007-2009 è stata costituita da molti fallimenti, a partire da quello di Lehman Brothers, mentre milioni di americani proprietari di immobili, incapaci di pagare il mutuo, hanno semplicemente abbandonato le loro case (negli Stati Uniti i prestiti sono legati alla casa, non alla persona). Ma poiché sono stati costruiti troppi appartamenti in troppe città, si stima che circa 65 milioni di appartamenti (!) siano ora vuoti, il che genera costi fiscali e di altro tipo, anziché reddito. I proprietari spesso non hanno altre entrate e hanno bisogno di affittuari, ma con l’alta e crescente disoccupazione di oggi anche le giovani coppie che mettono su famiglia sono costrette a vivere con i genitori. Ed è proprio a questo punto che un problema economico diventa un problema politico. Non ci sono prove di alcun rivale di partito che possa minacciare il monopolio del potere di Xi, ma ci sono prove di un’opposizione – ai più alti livelli di governo – che sta cominciando ad emergere. Cosa che non accadrebbe se non ci fossero alcune figure di partito in grado di fornire una certa protezione. Per esempio, il 19 agosto Jiang Xiaojuan, ex ministro, professoressa e membro dell’Accademia delle Scienze Sociali che fornisce consulenza al Comitato Centrale, se n’è uscita all’improvviso con una dichiarazione che ha ricordato Jack Ma: gli imprenditori privati cinesi «hanno costruito le loro fortune sul duro lavoro e sull’innovazione», non sullo sfruttamento. E ha ricordato che lo sviluppo dell’economia privata richiede sforzi collaborativi da parte di tutti. Con i giovani disoccupati o che temono la disoccupazione, e gli anziani lasciati con pensioni statali molto basse perché 65 milioni di appartamenti sono vuoti, Xi è diventato improvvisamente molto impopolare. Ecco perché, naturalmente, si deve pensare a Taiwan e alla distrazione che una guerra a Taiwan offrirebbe...