Corriere della Sera, 7 settembre 2023
Intervista a Roberta Metsola
BRUXELLES «Le tendenze di voto nazionali dimostrano che se noi diciamo che apparteniamo al centro costruttivo, non rispondiamo ai problemi reali. Se ci sarà una linea di faglia sarà su questo: se riusciremo a creare un Parlamento efficiente con un processo decisionale efficiente. Dobbiamo creare una rete di sicurezza per l’industria, non abbandonare le ambizioni climatiche e mantenere l’uomo al centro delle nostre decisioni, e non vedo nessuna di queste tre cose escludersi a vicenda. Non lo vedono nemmeno i gruppi pro-Europa. Il Parlamento si dividerà di nuovo come in luglio? Non posso dire no, ma non significa che le coalizioni siano morte».
La presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, maltese e del gruppo dei popolari, parla con un gruppo di media europei, tra cui il Corriere, a pochi giorni dal discorso sullo Stato dell’Unione che la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen pronuncerà la prossima settimana a Strasburgo davanti alla plenaria. L’ultimo di questa legislatura.
«Questo è il momento per l’Europa di riformarsi e ripartire dopo alcuni anni molto difficili. C’è un’enorme quantità di file legislativi davanti a noi, oltre 170 ancora aperti – dice – ma ci sono anche elezioni molto difficili: ci aspettiamo obiettivi concreti, l’attuazione di quanto promesso, forse meno nuova legislazione e più una visione. Oltre al sostegno continuo all’Ucraina». Per Metsola «l’errore del passato è stato far crescere l’euroscetticismo perché i partiti di centro davano per scontati i loro elettori» ed è «più preoccupata che le persone non votino piuttosto che scelgano gli estremi».
In luglio la maggioranza si è spaccata sulla legge per il ripristino della natura. I prossimi mesi saranno di campagna elettorale. Sarà un Parlamento Ue in difficoltà?
«Sono eurodeputata da 10 anni e la prima cosa che mi hanno detto quando sono arrivata è stata che la cooperazione di lunga data tra Ppe e S&D è morta. Qui ci concentriamo sui dossier. Ora aspettiamo che alcune delle cose promesse nei precedenti discorsi sullo Stato dell’Unione siano mantenute, come il pacchetto sulle Pmi che mi sembra di capire sarà proposto la prossima settimana. È grazie alle ampie maggioranze, con il centro come blocco, che siamo riusciti a gestire in poco più di un anno il Dsa e il Dma (le nuove norme per i Big Tech, ndr), i dossier su intelligenza artificiale, migrazione, clima, Cbam (tassa sul carbonio alla frontiera, ndr), fondo sociale per il clima. Sì, ci sono momenti in cui si verificano delle divisioni. Siamo un Parlamento ed è l’espressione della democrazia».
Sarà possibile un’alleanza tra il Ppe e i conservatori dell’Ecr dopo le elezioni 2024?
«Ci sono differenze distintive tra i partiti politici del Ppe e dell’Ecr. E queste differenze non cambieranno. Se guardo a ciò che è stato votato e a come, sull’Ucraina l’Ecr è stato completamente unito al resto. Ma è diverso, ovviamente, per quanto riguarda lo Stato di diritto e molto diverso per le questioni sociali, su cui c’è una grande maggioranza dal centrodestra alla sinistra, e questo non cambierà».
Questo è il momento per l’Europa di riformarsi e ripartire dopo alcuni anni
molto difficili
Oggi la commissione Affari costituzionali vota la riforma per aumentare la trasparenza al Parlamento Ue dopo il Qatargate. Cosa si aspetta?
«Continuo a essere fiduciosa. Questo non vuol dire che abbia trovato un sostegno unanime. Il cambiamento è sempre difficile. Ma il piano in 14 punti è realistico anche se molto ambizioso. Sono seguiti nove mesi di intenso lavoro, con un’enorme quantità di emendamenti. In linea di massima i compromessi dovrebbero reggere. E se il compromesso regge in commissione, dovrebbe anche in plenaria. A quel punto credo che potremo dire di aver voltato pagina con regole più gestibili che servono da deterrente».
Ritiene che il Qatargate avrà un impatto sulle elezioni europee o sarà circoscritto a Italia, Grecia e Belgio?
«In alcuni Paesi l’attenzione è stata più alta che in altri. Quello che combatterò è che sia usato dagli euroscettici, da chi vuole attaccare il Parlamento Ue per i suoi risultati in materia di Stato di diritto».
L’economia tedesca sta frenando. La preoccupa che il Ppe spinga per un rallentamento legislativo?
«Non è stato detto solo da un gruppo politico, ma anche dal presidente francese. Dobbiamo capire cosa vogliono i nostri cittadini da noi. Vorrei vedere poche proposte in più, un migliore calcolo dei costi delle proposte e una maggiore applicazione delle regole, piuttosto che una nuova regolamentazione dove non è considerata necessaria o dove è percepita come necessaria, ma non lo è. Ovunque io vada, c’è bisogno di un po’ di flessibilità ed è un argomento che viene usato dai primi ministri: “non posso battere una popolazione euroscettica in continua crescita”. La realtà è quella che è emersa in commissione Ambiente e in plenaria: c’è una linea invisibile che i nostri cittadini non vogliono che attraversiamo. E penso che l’abbiamo attraversata in passato».
L’alleanza di lunga data tra centro-destra e social-democratici non è morta
Lavoriamo sui dossier
Vuole diventare presidente della Commissione Ue?
«Niente speculazioni. Ursula sta facendo un ottimo lavoro. E dovremmo davvero accogliere con favore il fatto che l’Ue abbia dato prova di leadership a tutti i livelli. Questo Parlamento è molto orgoglioso di aver fatto parte di questa leadership. Mi sto concentrando sulla corsa per la rielezione a casa per vincere il mio seggio».