il Fatto Quotidiano, 7 settembre 2023
I redditi di Zelens’kyj restano segreti
Ogni legge ha il suo cavillo, ogni regola la sua scappatoia. L’emendamento votato dai deputati alla Rada, il parlamento ucraino, contiene il suo salvacondotto in seno: per legge si dovranno rendere pubbliche le dichiarazioni dei beni posseduti dai funzionari governativi, ma tra un anno. Questo, valuta il Washington Post, “solleva potenzialmente nuove domande sull’impegno del Paese a combattere la corruzione ai più alti livelli di governo”. Il requisito di trasparenza immediata non è che uno dei parametri imprescindibili da rispettare prima che gli alleati occidentali di Kiev concedano una fetta del pacchetto di assistenza promesso: senza, non verranno erogati i fondi di oltre 15 miliardi e mezzo di dollari dal Fondo monetario internazionale.
Uno stop all’emendamento – già introdotto nel 2016 su pressante richiesta delle organizzazioni di Maidan – era arrivato con l’avvio del conflitto, quando la pubblicazione dei dati dei funzionari è stata valutata dalle autorità in guerra come “rischio per la sicurezza”. Nonostante il conflitto, ora ne chiedono l’applicazione immediata, più delle istituzioni Ue, gli attivisti ucraini anti-corruzione. Se la priorità di Zelensky è dimostrare il cambiamento, tanto al fronte quanto nel cuore dei palazzi di governo, questo ritardo annuale inficia il proposito della legge stessa: “Le fortune nascoste di deputati e ufficiali distruggeranno la fiducia degli ucraini. Il desiderio di nascondere le proprietà dal pubblico indica esclusivamente il desiderio di rubare soldi pubblici”. Nemmeno Trasparency International Ucraina promuove la scelta dei deputati: “I nostri partner difficilmente lo valuteranno come un vero passo avanti”. Ancora più grave il giudizio dell’ex direttore dell’organizzazione, Yaroslav Yurchyshyn, che ha definito il rinvio annuale una “manipolazione”: “L’obiettivo è far ritardare il più possibile il momento in cui sarà necessario segnalare le vacanze a Dubai”. Al suo coro si è unito Yaroslav Zheleznyak, del partito Holos: “Sono ovviamente spaventati di mostrare le fortune acquisite durante la guerra”.
C’è però chi dissente dalla maggioranza e renderà pubbliche prima dell’obbligo di legge previsto, e per scelta, le dichiarazioni dei beni: David Arakhamia, che guida in Parlamento il partito di Zelensky, ha chiesto di rendere pubblico il suo profilo finanziario all’Agenzia nazionale della prevenzione della corruzione (la Nacp, addetta all’immediata segnalazione di beni eccessivi, sospetti e non acquisiti in maniera trasparente). “Sarà interessante – ha detto sfidando i colleghi – sapere quale percentuale di funzionari lo farà volontariamente”.
Una piccola fronda della Rada chiede al presidente di non firmare e porre veto: “Ignorano l’opinione dell’Ue, ma soprattutto l’opinione del 91% degli ucraini che sono a favore delle dichiarazioni trasparenti in tempo di guerra”. Antac, agguerrita ong anti-corruzione ucraina, chiede che il presidente respinga la legge numero 9534 – quella in questione – ma soprattutto di cancellare il progetto 9587, quello che prevede il pagamento di una multa “dalla cifra ridicola” in caso di falsa dichiarazione dei redditi e concede che si possano nascondere oltre 1 milione di grivne e, dopo l’ammenda, evitare responsabilità legali. Anche l’Antac si appella a Zelensky affinché non firmi, altrimenti “confermerà che le autorità hanno qualcosa da nascondere agli ucraini”.