il Fatto Quotidiano, 7 settembre 2023
Freedom Act Anti-Netflix: Mediaset chiede su pubblicità, concentrazione e audience. La maggioranza esegue
L’Italia si presenterà ai negoziati europei sul Media Freedom Act, il regolamento europeo sulla libertà dei media che sarà votato oggi dal Parlamento europeo e poi discusso nel trilogo insieme a Commissione e Consiglio, con una posizione precisa: parere positivo sul regolamento, ma richieste di modifica sullo strapotere delle piattaforme digitali, le Big Tech mondiali che stanno stravolgendo il mercato dei media. La richiesta a Bruxelles arriva dal Parlamento italiano che, tra febbraio e luglio, ha votato su proposta della destra il parere sul regolamento. Il tutto con un suggeritore speciale: Mediaset.
Le condizioni finali al parere favorevole approvato dalla commissione Cultura della Camera lo scorso 18 luglio infatti ricalcano, nella parte relativa al mercato dei media, una relazione consegnata ai deputati dall’azienda di Cologno Monzese che era stata audita dalla commissione, come altri competitor tra cui Rai e Sky. Il 22 febbraio scorso, i deputati avevano ascoltato il direttore delle Relazioni Istituzionali di Mediaset Stefano Selli che, alla fine della seduta, aveva consegnato ai componenti della commissione una relazione con le richieste del Biscione. Proposte di modifica del regolamento che riguardavano soprattutto un freno allo strapotere delle piattaforme digitali (da Netflix a Google, passando per Facebook) e che sono state accolte praticamente in toto dalla maggioranza di destra che le ha riportate nelle “condizioni” finali in vista della trattativa europea. Anche Rai e Sky hanno presentato relazioni, ma nessuno di questi ha chiesto modifiche così significative e soprattutto relative al mercato dell’informazione con un’attenzione particolare alla raccolta pubblicitaria.
Il contesto è d’obbligo. Le televisioni italiane sono terrorizzate dall’ingresso delle piattaforme digitali nel mercato pubblicitario: colossi come Netflix e Prime Video hanno iniziato a raccogliere la pubblicità e questo sta provocando scompensi nel duopolio Rai-Mediaset. Meno introiti, bilanci più magri e quindi palinsesti da ripensare. Per questo le televisioni tradizionali stanno pressando il governo perché inizi a regolare il mercato delle piattaforme digitali imponendo loro gli stessi limiti dei media tradizionali. Una preoccupazione espressa da Mediaset nella relazione consegnata ai deputati in vista del parere finale al regolamento: “La pubblicità in forma audiovisiva – si legge nel documento letto dal Fatto – può essere, da tempo, efficacemente diffusa, oltre che dai broadcaster, tanto dai ‘nuovi’ fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta (Netflix, per limitarci a un esempio, ha da tempo annunciato la propria intenzione di entrare nel mercato pubblicitario), quanto dalle piattaforme ‘non editoriali’. Inoltre, non può essere sottaciuto il ruolo dei grandi motori di ricerca, partendo da Google, che assumono sempre più il ruolo di porta d’accesso dei contenuti, compresi quelli pubblicitari, all’utenza”. Questo, sottolinea il Biscione, “genera importanti e complesse questioni, tra cui, ad esempio, quella relativa alla misurazione delle audience, affrontate dalla proposta”.
Pur apprezzando molti temi della proposta di regolamento europea e lo strumento sovranazionale più idoneo rispetto alla legislazione interna, Mediaset chiede modifiche proprio su diversi aspetti relativi al potere delle piattaforme digitali. Il primo riguarda il ruolo delle piattaforme digitali che offrono servizi di intermediazione online ai media. I motori di ricerca e i social network, infatti, spesso mettono in collegamento i media tradizionali e il pubblico ma, si legge nel documento di Mediaset, “qualora questi soggetti non prestino i propri servizi a un determinato editore o li prestino in modo discriminatorio, l’effettiva capacità dei media di raggiungere il pubblico può essere seriamente compromessa”. Così il Biscione chiede di modificare l’articolo 17 della proposta che si ferma a stabilire una negoziazione in buona fede tra l’operatore Internet e i media introducendo misure di “salvaguardia” più stringenti.
Tra i limiti alle piattaforme, inoltre, Mediaset nella relazione al Parlamento chiede anche nuove linee guida in merito “all’accessibilità dei servizi di media audiovisivi tramite l’interfaccia utente” (cioè le tv che riproducono un computer) ma soprattutto la specifica richiesta di cambiare l’articolo 23 della proposta per inserire modalità di misurazione dell’audience anche per i media digitali come per quelli tradizionali: “L’importanza di questo aspetto è evidente – aggiunge l’azienda di Cologno Monzese – poiché si tratta di un elemento chiave rispetto alle decisioni degli investitori pubblicitari”. E quindi, conclude l’azienda guidata da Pier Silvio Berlusconi, gli strumenti di misurazione dell’audience dovrebbero essere “oggettivi, trasparenti e verificabili, idonei, tuttavia, a tenere conto delle specificità di ognuno”.
L’altra richiesta riguarda le norme anti-concentrazione. Il duopolio Rai-Mediaset rappresenta una specificità del panorama televisivo italiano dai tempi del conflitto d’interessi di Silvio Berlusconi e il Biscione non vuole che questo quadro venga messo in discussione. Per questo, dopo aver elogiato le norme sul pluralismo italiano, Mediaset chiede di modificare l’articolo 21 del regolamento che prevede norme stringenti anti-concentrazione: la richiesta è quella di non applicarla solo ai media tradizionali ma anche alle piattaforme online che raccolgono pubblicità “evitando, in questo modo, l’introduzione di regole specifiche limitate ai soli media, che potrebbero ostacolare il necessario consolidamento del settore, senza, al tempo stesso, introdurre una disciplina che consenta di valutare gli effetti sul pluralismo delle concentrazioni realizzate dagli operatori della Rete”. E quindi, si legge nella relazione, “si suggerisce di prevedere che, nella valutazione delle concentrazioni che coinvolgono imprese dei media, si tenga conto della concorrenza proveniente dai prestatori di servizi internet, compresi gli intermediari online di grandi dimensioni”.
Richieste che sono state inserite sotto forma di “condizioni” nel parere favorevole approvato dalla commissione Cultura a larga maggioranza: la relatrice è stata la meloniana Grazia Di Maggio ed è stato votato da tutti i partiti, tranne che dal M5S che si è astenuto avendo espresso contrarietà alle richieste sulle norme anti-concetrazioni (proprio una di quelle di Mediaset). L’Italia dunque tratterà a Bruxelles a determinate condizioni, tra cui quelle chieste dal Biscione: ai punti 8 e 10 del parere si chiede esattamente di introdurre regole più stringenti per le piattaforme digitali su audience, interfaccia e servizi di intermediazione, dall’11 al 13 si propone di estendere le norme anti-concentrazione anche ai media digitali e forme di misurazione dell’audience.