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 2023  settembre 06 Mercoledì calendario

Intervista a Éric-Emmanuel Schmitt - su "La sfida di Gerusalemme. Un viaggio in Terra Santa" (e/o)

La fede vista dentro un paesaggio spirituale che ti cambia, che coinvolge non solo l’intelletto, ma anche il corpo, in una terra piena di contraddizioni, dimensioni che lo scrittore Eric Emmanuel Schmitt ha raccontato e che lo ha cambiato profondamente.

Lei ha avuto un’esperienza della Terra Santa attraverso l’immaginazione nei suoi libri. Ora che l’ha vissuta, quale differenza ha riscontrato?

È più facile scrivere su Calcutta quando si è a Parigi o viceversa, perché ci si accontenta di sensazioni, suggestioni, piccoli dettagli che creano un mondo. Così, nel mio romanzo Il Vangelo secondo Pilato ho percorso la Terra Santa con il prefetto di Roma, vedendola con i suoi occhi di romano che non ama questo tipo di campagna, questi paesaggi, questa Gerusalemme così diversa dalla città imperiale e soprattutto questa religione che non capisce. Mi sono aiutato con racconti, immagini, film e ho cercato di aggiungervi odori e suoni. Quando sono arrivato in Terra Santa, ho ritrovato inizialmente alcune di queste sensazioni, ma ho scoperto altre cose.

Quali?

Il cristianesimo mi è apparso come una religione del Medio Oriente, lontana dalle nostre chiese fredde e grigie. Sul lago di Galilea, ad Abu Ghosh, luogo probabile dell’episodio di Emmaus, ho visto la gioia, il sole, l’esuberanza. Di conseguenza, anche la naturalezza di quella tenerezza che Cristo manifesta. Ho trovato che la sua generosità, il suo amore per gli altri, fosse in sintonia con il paesaggio.

Spesso lei nota che molte chiese di Terra Santa sembrano invece contrastare con l’ambiente spirituale. Come giudica le architetture ecclesiastiche moderne, spesso considerate poco attraenti?

In architettura non c’è un secolo più geniale degli altri. Ogni volta, il talento individuale dà splendore a un monumento. Oggi ci sono splendide chiese contemporanee che offrono uno spazio diverso per la meditazione e giocano in modo diverso con i colori dei vetri. Personalmente, ho amato alcuni edifici, ad esempio quelli progettati da Le Corbusier, che rinnovano completamente il linguaggio delle luci e creano una sensazione di grazia.

In una chiesa lei incontra una donna di colore che esprime la fede con tutto il corpo. C’è un approccio fisico alla fede che si è perduto in Occidente?

L’Europa ha ucciso il corpo cristiano e quindi una parte della fede cristiana. La storia del cristianesimo in Europa passa attraverso la separazione tra corpo e spirito, operata dai filosofi greci. Ciò ha portato al disprezzo del corpo, all’odio per la carne. In passato, alcuni devoti umiliavano i loro corpi. Quanta assurdità! Immaginare che la fede si elevi abbassando il corpo! È stato un errore fondamentale, un miraggio dannoso dovuto al dualismo. Al contrario, la fede che esiste nelle Americhe, passata attraverso l’Africa, non dimentica il corpo, utilizza il canto, a volte la danza. La forza delle chiese evangeliche oggi è quella di rivolgersi all’essere nella sua interezza. In Europa, dovremmo davvero fare mea culpa per ritrovare la dimensione fisica dell’impegno. Il canto, la danza, il teatro, il gioco aiutano a sviluppare la spiritualità.

Fin dall’inizio, il viaggio è stato segnato dalla semplicità francescana. Come ha vissuto questa forte presenza in Terra Santa?

La mia fede deve tutto a Charles de Foucault, una delle figure moderne molto vicine a san Francesco. Durante il mio periodo di ateismo, avevo scritto una sceneggiatura cinematografica su di lui e sono partito per verificare i luoghi nel Sahara. Il mio viaggio mi ha portato da Tamanrasset all’altopiano dell’Assekrem. Durante questo viaggio a piedi, mi sono perso. Invece di avere paura, ho trascorso una notte mistica sotto le stelle e ho ritrovato la fede. Un dono di Dio attraverso Charles de Foucault. Egli incarna una vita completamente dedicata a Cristo. I francescani sono vicini a questo perché mettono l’accento su fraternità e semplicità. Quando il papa, nonostante la sua formazione gesuita, ha scelto di chiamarsi Francesco, ho subito sviluppato un affetto per lui. Avevo l’impressione che stessimo tornando ai valori fondamentali non solo della Chiesa, ma dei Vangeli, poiché spesso nella storia la Chiesa si è allontanata dai Vangeli, talvolta fino a dimenticarli.

Al Santo Sepolcro lei ha un’esperienza mistica. Come le ha cambiato la prospettiva?

Prima del viaggio, il mio cristianesimo era intellettuale, basato sulla lettura dei vangeli. Avevo persino dubbi che il mio viaggio potesse cambiare qualcosa a questo riguardo. Mi sbagliavo profondamente. Il mio cristianesimo da intellettuale è diventato carnale. Sentire la presenza inspiegabile e misteriosa di Cristo nel cuore del Santo Sepolcro, rivivere poi il cammino di croce con un piede nel primo secolo e uno nel ventunesimo, ha dato una profondità concreta ai Vangeli. Torno da Gerusalemme completamente, definitivamente cristiano.

Che effetto le ha fatto il Muro di separazione?

Mi sono trovato di fronte a una tragedia. È come Antigone e Creonte. Ognuno ha ragione dal suo punto di vista. Il muro separa due legittimità: degli ebrei che sono stati scandalosamente cacciati da Israele due volte; dei Palestinesi che ci vivono da migliaia di anni. Credo che questi due popoli siano fratelli, tanto più che la genetica dimostra che sono veramente legati dallo stesso sangue. Quando i fratelli diventano fratricidi è perché hanno dimenticato di avere un’origine comune. Il passaggio alla fraternità sarà difficile, passerà attraverso la conoscenza, ma richiederà tempo, perché questa situazione provoca fratture sempre più profonde. L’odio si accumula. Non credo che vedrò la riconciliazione dei popoli che occupano questa terra.

“Preferisco i ponti ai muri”, una frase cara al Pontefice. Cosa conserva dell’incontro con lui?

La volontà di elevazione, di speranza, di determinazione. Papa Francesco è un uomo umile, volontariamente umile. Sa di avere un compito difficile e infinito, quello di far vivere il cristianesimo nel nostro mondo in continua evoluzione. Affronta questa missione con una grazia particolare. Secondo lui ogni cristiano è in grado di compiere questa missione semplicemente vivendo secondo i valori cristiani e testimoniandone la luce. Essi non vedono più il missionario come un conquistatore associato a eserciti o poteri imperialisti. Al contrario, egli vede un individuo solitario, come Charles de Foucault, che ha recentemente canonizzato, un individuo soloitario che non cerca di convertire gli altri, ma testimonia, brilla di una luce particolare.