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 2023  settembre 06 Mercoledì calendario

Il non-luogo tra destra e sinistra

Difficile che la fantasia aiuti “il Centro” di Renzi. Con tale “brand”, come l’ex Rottamatore ha designato la lista alla cui guida parteciperà alle prossime europee, esistono già diversi Centri commerciali, un quotidiano in Abruzzo, una dozzina di ristoranti, un circolo giovanile, un’associazione che si occupa di benessere e counseling, una scuola di lingue, un paio di agenzie immobiliari, tre onlus, un poliambulatorio, una fondazione per l’antroposofia.
Arrivati a una comunità che sempre in ambito socioeconomico studia l’impatto tra la fede cristiana e “le dinamiche culturali del nostro tempo” ci si sarebbe anche arresi dinanzi all’originalità battesimale della “nuova” lista renziana. Ma sempre riguardo al Centro rimaneva inesplorato il comparto più strettamente politico e qui, grazie all’instancabile censimento di Gabriele Maestri, pontefice massimo dei simboli e delle azzardate denominazioni onnipresenti nel suo blog www.isimbolidelladiscordia. it, si deduce che in vista delle europee Renzi potrebbe vedersela non più, non solo o non tanto con l’Unione di Centro di Casini e Cesa, che nel 2005 si presentarono con il claim “Io Centro” (al che“Io c’esco” fu la pronta risposta denigratoria), né con quella di Raffaele Costa e forse nemmeno con l’omonima e primigenia fondata da Ugo Sarao, cancelliere della Corte d’Appello di Milano. Ma quasi certamente l’ex premier dovrà convincere gli uffici elettorali per ottenere che il suo Centro abbia il via libera nonostante il Centro democratico di Tabacci, il Centro Popolare Europeo di Dario Sgueri, l’Italia al Centro di Toti e Noi di Centro di Mastella.
La vita politica italiana si è ridotta così. Alla geometria piana della Prima Repubblica, con le sue simmetrie e le sue parallele, è subentrata la disciplina dei solidi della Seconda, il poliedro berlusconiano, l’Ulivo tridimensionale di Prodi. Bene, ora siamo alla nebulizzazione implosiva e magari anche terminale della Terza. Là dove – ed è la cosa più buffa e patetica – questo benedetto Centro non esiste proprio, non si vede, non si sente, non ha odori né sapori, né niente di reale se non il fatto che ogni tanto qualcuno – Renzi è l’ultimo anche se sarà più di un anno che insieme con Calenda ci gira attorno – dice: ecco, sì, facciamo il Centro, stai a vedere che becchiamo il 3 per cento.
Di solito la pantomima dura un paio di giorni e poi finisce lì. In genere più se ne parla e più i tempi di consumazione si accorciano, ma per qualche misterioso sortilegio, di sicuro propiziato dall’italianissima divinità delle perdite di tempo, sotto elezioni l’argomento strenuamente si ripropone; e allora eccoci qui un’altra volta ad arricchire il repertorio dell’impossibilità teoretica e pratica, per cui il Centro è un’astrazione, un’approssimazione, uno spazio vacuo e fluttuante, un non-luogo, una chimera, un riflesso pavloviano, un sudoku, un parcheggio, un pollaio con troppi galli a cantare, che non si fece mai giorno. E così fra proverbi, mitologia, fisiologia e paesaggi di ordinaria quotidianità si arriva regolarmente al centrino da tavola, e tutti giù a ridere, ignari che il post- politichese ha già messo in circolo ulteriori varianti lessicali tipo il “centricchio” e – guai ai maliziosi! – addirittura il “centriculo”.
Nel frattempo, il sempre più vano e misconosciuto tarlo della memoria torna a rosicchiare, tra Beckett e Ionesco, Pellegrino Capaldo e il cardinal Sodano che invocava “una santa audacia”, le brevi e meste avventure di quanti, più che creduto, ci hanno provato. E dunque, un po’ alla rinfusa, Rutelli, Casini, Segni, Martinazzoli, D’Antoni, Pivetti, Lamberto Dini, Cirino Pomicino, Pippo Baudo, Pippo Franco. “Il cendro – proclamava De Mita roteando gli occhietti come capocchie di spilli – è un modo di governare”. La Cosa Bianca, la Grande Cisl, Quagliariello, Pizzarotti, magari Moratti, alla fine pure Gigino Di Maio, adesso anche Fioroni, Signorile e Cateno De Luca.
Forse Renzi non si rende tanto conto dell’effetto che fa. Forse è colpa di chi si ostina a non vedere la grande opportunità pseudo-centrica.