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 2023  settembre 05 Martedì calendario

Siamo plasticofagi: ogni mesi mangiamo l’equivalente di 4 carte di credito

Spiaggiati, ma non solo. I rifiuti, soprattutto di plastica, sono ormai dappertutto nell’ambiente marino: sulle coste italiane l’Ispra ne ha contati, in media, 273 ogni cento metri, mentre in un ambiente in buono stato dovrebbero essercene meno di 20. Ma non basta, perché il grosso dei rifiuti di plastica si trova in mare. La concentrazione di microplastiche galleggianti si aggira in media, sempre secondo dati Ispra, sulle 40mila microparticelle per chilometro quadrato. E poi c’è il sommerso: il fondo del mare è tappezzato di plastica, difficile da quantificare. «I fondali italiani sono solcati da fratture, quasi come dei canyon in cui la plastica tende a raccogliersi», spiega Cecilia Silvestri, biologa marina che da anni studia i rifiuti plastici per l’Ispra. Il 70% della plastica che inquina il Mediterraneo, si calcola, sta lì sotto e piano piano si sgretola, entrando nel ciclo alimentare per finire sulle nostre tavole.
Nel suo libro La plastica nel piatto, il biologo Silvio Greco, dirigente di ricerca della stazione zoologica Anton Dohrn, elenca una media settimanale di quello che assumiamo: 1.769 particelle di plastica dall’acqua, 182 particelle di plastica dai frutti di mare, 10 particelle di plastica dalla birra, 11 particelle di plastica dal sale. Il totale equivale a 5 grammi, ovvero il peso di una carta di credito. «Ogni mese ingeriamo l’equivalente di almeno quattro carte di credito di plastica e ormai queste particelle circolano dappertutto nel nostro corpo: le hanno trovate nel sangue, nei reni e perfino nel cuore», precisa Greco. Stiamo diventando plasticofagi. E le conseguenze sulla salute, soprattutto dei bambini, non sono ancora chiare.
«Il Mediterraneo è il mare europeo più inquinato dalla plastica», sottolinea Silvestri, come risulta chiaro anche dal confronto fra il numero di rifiuti spiaggiati sulle coste italiane e quello sulle altre coste, nonostante il marcato calo evidenziato nel tempo. In Italia nel 2021 sono stati segnalati in media 273 rifiuti ogni 100 metri di litorale, quasi la metà rispetto al picco, raggiunto nel 2018, di 462 oggetti ogni 100 metri. «Evidentemente sta aumentando la sensibilità dell’opinione pubblica sui temi ambientali, ma siamo ancora molto lontani dall’obiettivo dei 20 rifiuti per 100 metri di costa», rileva Silvestri. La densità di rifiuti riscontrata lungo le coste italiane risulta infatti ben più elevata rispetto ad altri mari europei, come il Baltico, con appena 40 rifiuti su 100 metri di costa, il Mar Nero con 106 oggetti, e perfino il Nord Est Atlantico o il Mare del Nord, con 233 rifiuti.
«Il monitoraggio in tutta l’Unione Europea segue le stesse regole nella scelta dei litorali e nella catalogazione degli oggetti, per dare risultati facilmente confrontabili», specifica Silvestri. Per la Commissione questi dati sono importanti, per capire se le direttive in materia – come quella del 2019 sulla messa al bando della plastica monouso, arrivata nel 2022 al controverso recepimento in Italia – stanno facendo il loro effetto. L’Ue produce oltre 15 milioni di tonnellate all’anno di rifiuti da imballaggi di plastica, con un aumento del 25% in un decennio, secondo una ricerca di Openpolis su dati Eurostat. Si tratta, in media, di quasi 35 chili l’anno per abitante, rispetto ai 28 del 2010. Fra i mari italiani, l’Adriatico è chiaramente il più contaminato, con 499 rifiuti su 100 metri di litorale, e nel 2021 ha registrato un lieve aumento rispetto ai 468 rifiuti trovati nel 2020. Le spiagge con la minore densità di rifiuti sono quelle dello Ionio e del Mediterraneo centrale, con 170 oggetti per 100 metri. Il Mediterraneo occidentale è una via di mezzo, con meno di 300 rifiuti su 100 metri di costa.
La tipologia di rifiuto più frequente è la plastica monouso (single-use plastics), che rappresenta il 61% del totale. «Si tratta soprattutto di contenitori alimentari, posate usa e getta o bicchieri, che vengono abbandonati sulla spiaggia», ricorda Silvestri. E aggiunge: «Bisogna vedere se il recepimento della direttiva, pur nei suoi evidenti limiti, porterà a qualche miglioramento, ma sono dei processi molto lunghi». L’Adriatico è interessato anche da elevate densità di rifiuti legati alla pesca (fish), con 37 oggetti per 100 metri di litorale, mentre i rifiuti legati al fumo (smoke) sono più abbondanti nello Ionio e nel Mediterraneo centrale (16 rifiuti su 100 metri). In complesso, nel 2021 è stato rilevato dappertutto un leggero aumento di sacchetti e borse di plastica (bags). «Quello che raccogliamo è impressionante. Eppure i miglioramenti ci sono e dobbiamo continuare a lavorare in questa direzione», ragiona Silvestri. Il punto vero, però, è che bisogna limitare alla fonte la produzione di plastica vergine, com’è stato deciso nel recente negoziato di Parigi fra i Paesi dell’Onu: dagli anni Cinquanta la produzione di plastica è cresciuta di 200 volte e continua ad aumentare. Una valanga inquinante che va fermata.