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 2023  settembre 05 Martedì calendario

Intervista a Oscar Farinetti

Oscar Farinetti, come mai ha venduto Eataly?
«A parte che ho tenuto il 22%, io ogni vent’anni cambio lavoro. Prima l’elettronica. Poi il cibo. Adesso il vino. E i libri, ovviamente».
Lei ha tre figli maschi.
«Francesco, il romantico, si occupa di Green Pea, dove si vendono solo prodotti sostenibili. Nicola, l’americano, è il presidente di Eataly. Andrea, l’enologo, fa il vino. Sono convinto che sia un settore strategico per la nostra economia».
Quest’anno il mercato è in flessione.
«Le nostre undici cantine sono in crescita; ma in effetti il cambio climatico sta sconvolgendo anche il nostro mondo. Un tempo il barolo si faceva un anno sì e tre no; ora dopo la pandemia si sono accumulati alcuni stock. Ma in futuro tutto il mondo berrà vino. Sa quanto fattura il vino, dal magnum di champagne al cartone?».
Meno della Coca Cola?
«Molto meno: 70 miliardi contro i 110 della Coca-Cola, i 400 della birra, i 600 dei superalcolici, che sono una piaga per i giovani. Non sarà sempre così. E bere una bottiglia di vino italiano e francese sarà un segno di distinzione».
Qui in Langa la vendemmia è già cominciata.
«Con un mese di anticipo rispetto a vent’anni fa. Ho comprato i terreni più alti delle Langhe, a Mombarcaro, che si chiama così perché nelle giornate terse si vedono le barche nel Mar Ligure: faremo l’Alta Langa e lo chiameremo quota 896».
Ora Solferino pubblica il suo nuovo libro: «10 mosse per affrontare il futuro». Come vede il futuro dell’Italia?
«Bene. Perché ci salveranno i ventenni. Sono una generazione straordinaria. Nati con la crisi: flessibili, capaci, pieni di idee e di entusiasmo».
In rete gira un suo video con 18 milioni di visualizzazioni, di cui sei milioni negli Stati Uniti, sui numeri da record dell’Italia. Eppure nel mondo siamo soltanto quinti per numero di turisti. Superati anche dagli Stati Uniti.
«Non esiste un Paese ricco di biodiversità come l’Italia: una penisola lunga e stretta, con ghiacciai al Nord e vulcani attivi al Sud, al centro di un mare chiuso, con venti favorevoli. Un Paese così non può fallire».
Ma lei nel libro ricorda che la Sicilia, con i suoi 1.500 chilometri di stupende coste, ha meno della metà dei turisti della Riviera romagnola, con i suoi cento chilometri di mare non altrettanto splendido.
«Eppure la Sicilia ce la farà. Oggi esporta solo l’1,9% dei prodotti agroalimentari italiani: è una percentuale che può soltanto crescere, perché i prodotti siciliani sono straordinari, a cominciare proprio dal vino. L’importante è credere in se stessi, smettere di pensare che la colpa sia sempre degli altri. I siciliani dicono: moviti fermu. Anche in piemontese ci sono proverbi che lodano l’immobilità. È il momento di cambiare. Dobbiamo recuperare la fiducia e la vergogna».
La vergogna?
«Da bambino mia mamma Bianca mi mandava a ritirare il latte, e non pagavo sull’unghia, la negoziante scriveva sul suo quaderno: Farinetti lire 100. Aveva fiducia che mia mamma pagasse. E mia mamma si sarebbe vergognata da morire a non pagare».
Lei cita un sondaggio di Win-Gallup: per tasso di fiducia su 130 nazioni l’Italia è ultima.
«E il Bangladesh è terzo. Il Bangladesh! Cos’ha più di noi? È più bello? Impossibile, noi abbiamo 55 siti patrimonio dell’umanità Unesco, siamo i primi al mondo, loro ne hanno tre. È più ricco? Il reddito pro-capite degli italiani è 14 volte quello dei bengalesi».
Perché allora?
«Forse perché hanno la pancia più vuota. E stanno un po’ come noi nel dopoguerra, quando eravamo poveri ma ansiosi di ripartire».
Anche la pancia di noi italiani non è più così piena.
«In Sicilia e in Campania il tasso di povertà ed esclusione sociale è attorno al 50% della popolazione. Qualcuno ha teorizzato la decrescita felice. Che non esiste. La decrescita è infelice per definizione. Intanto perché contraddice la natura umana, lo stimolo a migliorare la nostra vita che è il segreto dell’evoluzione dal “più grande uomo del Pleistocene” a oggi. E poi perché la storia insegna che il prezzo della decrescita ricade sempre sui più poveri. Il Bangladesh è un Paese giovane. Noi, con i giapponesi, siamo il popolo più vecchio al mondo. E meno male, ripeto, che abbiamo i ventenni».
Lei scrive che siamo un po’ troppo conservatori.
«L’ordinazione più ascoltata nei bar italiani è “il solito”. A forza di fare le solite cose, la Kodak ha dichiarato bancarotta. La Fujifilm ha saputo cambiare, puntando sul digitale, e oggi fattura 25 miliardi di dollari».
I giorni più felici
Quando mia moglie ha accettato di sposarmi; la nascita dei miei figli; e la notte in cui dalla barca
di Soldini, nell’Atlantico, vidi orche e balene
Lei scrive pure che siamo molto meno bravi dei francesi a comunicare, a vendere, a creare miti.
«Lo penso ogni volta che andando dalle Langhe a Torino passo davanti al castello di Moncalieri. È magnifico. I Savoia ci hanno messo quattro secoli, dal Duecento al Seicento, a costruirlo. È perfettamente restaurato, ospita mostre di livello. Se fosse in Francia, sarebbe annunciato da decine di cartelloni: “Le magnifique château de Moncalieri…”».
Invece?
«Invece c’è un unico, piccolo cartello sbiadito, sovrastato da una moltitudine di enormi cartelli verde brillante con la scritta: CONTROLLO ELETTRONICO DELLA VELOCITÀ».
Rispettare i limiti è importante.
«Certo. Ma è importante che comportarsi bene, rispettare le regole, fare il proprio dovere sia percepito come figo. Come una condizione del successo, non la sua negazione. Evadi le tasse, porti la residenza all’estero? Non sei figo. Maltratti gli animali? Non sei figo».
A cosa si riferisce?
«In Italia abbiamo sei milioni di bovini, tredici milioni di maiali, 500 milioni di polli. Oltre l’80% di questi animali vivono in allevamenti intensivi: una specie di tortura, che oltretutto inquina la terra e l’aria».
Soluzione?
«Dobbiamo pagare di più la qualità. Prodotti che ci danno più salute e più gioia. Cose che durano di più».
Ma se abbiamo sempre meno soldi!
«I nostri frigoriferi sono pieni di prodotti che non mangeremo, i nostri armadi sono pieni di cose che non usiamo. Capisco che la crescita si basi anche sullo spreco. Ma c’è un limite che non va oltrepassato».
Il suo libro è scandito dalle parole di Leonardo da Vinci, riscritte da Emiliano Poddi, che ha parafrasato testi autentici del maestro. Perché?
«Perché Leonardo è la conferma che il genio consiste nell’imperfezione. Leonardo comincia a dipingere l’Adorazione dei Magi, e la lascia non finita. Realizza il modello in creta della statua equestre di Francesco Sforza, e la lascia non finita. Traccia i disegni per la Battaglia d’Anghiari a Palazzo Vecchio a Firenze, inizia ad affrescare ma la pittura non tiene, lui si ferma e la lascia non finita. Intuisce le macchine che hanno cambiato la nostra vita, dal sottomarino all’aereo, e non lascia che schizzi per le generazioni a venire. E porta la Gioconda a Parigi, dove ne hanno fatto il quadro più famoso al mondo».
A proposito di Parigi, il libro è scandito anche da suoi racconti di vita, che si direbbero autobiografici. In uno si racconta un amore con un certo Patrick…
«Sì, ma il protagonista non sono io, è una donna. Che esprime però la mia passione per la Francia. A cominciare dalla baguette: il pane migliore del mondo. Per questo ho voluto in copertina una vecchia foto di Elliott Erwitt, con un padre che in bicicletta porta il figlio lungo un viale punteggiato da platani, con due baguette nel portapacchi… un’immagine di felicità».
E lei quando è stato più felice in vita sua?
«Il giorno in cui mia moglie Graziella ha accettato di sposarmi; quando sono nati i miei figli; e la notte in cui, sulla barca a vela di Giovanni Soldini, in mezzo all’Atlantico, dal mare nero sono emersi delfini, orche, balene…».
Lei appare sempre sorridente, ottimista. Come mai?
«I pessimisti – Platone, Schopenhauer – dicono che è nato prima l’uovo della gallina. Gli ottimisti – Aristotele, Darwin – che è nata prima la gallina. Io sono convinto che sia nata prima la gallina, che è viva, si muove, pensa, e non è affatto stupida come crediamo».
E l’aldilà?
«Non bisogna confondere l’ottimismo con il realismo. Io sono laico. Da ragazzo andai dal mio parroco, don Valentino, a dirgli che non ero più sicuro che Dio esistesse, ed ero diventato comunista».
Cosa le rispose?
«Esiste, esiste. Nel dubbio, tu continua a comportarti bene».
Il prossimo anno lei ne fa settanta.
«Dovrebbero restarmene venti. Quante cose si possono fare in vent’anni! È come avere un’altra vita».