la Repubblica, 3 settembre 2023
Meloni lascierà l’Ecr
Loro dicono, dal palco vista mare di Messina, cento, mille volte in un giorno: «Ponti, dobbiamo costruire ponti. Non solo quello sullo Stretto, ma ponti culturali, sociali,economici». Arriva Jorge Buxadé – l’amico leader di Vox all’Europarlamento, ospite d’onore qui alla kermesse dell’Ecr party a Scilla, con quattro ministri e tre sottosegretari – e gli rovina tutto l’infiocchettamento. «Muros. Muros y puentes», muri e ponti. I muri perchè i migranti irregolari vanno tenuti fuori, perché sono tanti quelli che delinquono, le bande che aggrediscono anche le ragazze.
È lo stesso Buxade che, interrogato sulle parole del compagno della premier, («Se eviti di ubriacarti magari non incontri il lupo»), annuisce col capo ma lo corregge senza citarlo: «Le donne vanno difese e tutelate. E le ragazze che decidono di divertirsi devono poterlo fare». Piccola perla. Vox, più a sinistra di Giambruno.
Fortuna che su tutto aleggia lei. Primi piani giganti ondeggiano sopra i panoramici scorci di Scilla, dove sfila – per la tre giorni del partito dei Conservatori e Riformisti europei – la folla dei devoti, big europei o locali, parlamentari o consiglieri o semplici aspiranti meloniani. Giorgia ti fissa da tutte le parti, fronte-retro come enormi fotocopie a unificare tutti i panel di “Se cresce il Sud, cresce l’Italia e cresce l’Europa”. E intanto, mentre dietro le quinte del palco all’Altafiumara resort si discute di strategie e candidature per le prossime elezioni per Bruxelles, filtra la notizia che Meloni, presidente appunto del partito dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr party) passerà la mano appena dopo il voto del giugno 2024. Una notizia che non pochi big del partito considerano un po’ scontata. Eppure, una volta diffusa via web da Repubblica e
Stampa, alimenta un piccolo, temporaneo caso. «In fondo, non era neanche previsto che Giorgia accettasse il mandato bis alla guida del partito europeo», riconosce infatti al mattino, con i due cronisti,a margine deilavori, Nicola Procaccini, il co-presidente del gruppo Ecr nell’assemblea di Bruxelles. Beninteso, Meloni è più che oberata: essere presidente del Consiglio e insieme leader del primo partito italiano implica che debba mollare altri ruoli apicali a livello europeo. «Se mi chiedete che lascerà, beh sì, penso sia probabile. Le stiamo chiedendo davvero tanto. Anche perché – aggiunge Procaccini – Giorgia a differenza di tanti di noi fa anche la mamma, e mi pare che anche su quella dimensione, dietro sacrifici e fatica, sia vincente. Ma resta un saldo punto di riferimento come capo di governo conservatore, rispettato a livello internazionale. E quello resta». Passa mezz’ora, Procaccini firma una nota per definire «infondati i titoli di Repubblica eStampa. Ioho risposto solo che si vedrà, per l’appunto, solo dopo le elezioni europee».
Intanto, però, tra buffet e interviste, si discute anche di chi potrebbe prendere quel testimone, al posto della “leonessa” (il profilo dell’animale campeggia nel simbolo di Ecr Party): probabilmente la delegazione che fa capo all’attuale premier ceco, Petr Fiala, leader di Ods, il Partito civico democratico. Una mossa che non lederà la coesione tra gruppi, e può servire per futuri equilibri. Obiettivo, ora, è stringere sui messaggi da far passare, sull’ineludibile concorrenza con i soci interni: Salvini soprattuto, poi Tajani. «Tajani forse ha fatto una piccola forzatura, perché alla fine il Ppe anche è pragmatico, dipende dalle lotte. Quindi, premesso che il gioco di trasporre le alleanze dall’Italia sul quadrante europeo è sbagliato, perché tutto è molto più fluido e si formano maggioranze su singole questioni, noi, guardando all’Europa, certo siamo diversi da Salvini», conferma Procaccini. Su due punti. «Come FdI rivendichiamo vicinanza e sostegno all’Ucraina, senza tentennamenti, e ci differenziamo anche sulle Regole di bilancio». Concetti confermati anche da Carlo Fidanza, capodelegazione di Fdi al Parlamento, per il quale «il nostro posizionamento sulla geopolitica è centrale». Discrimine «non superabile» che integra il nuovo coefficiente, per lui, di «credibilità internazionale» di Meloni. Girano i sondaggi secondo cui il partito dei Conservatori e Riformisti passerebbe da 65 a 82 seggi. Ipotesi. FdI rivendica ieri, con foto ricordo al tramonto, accanto a Buxadé, la «grande affinità con Vox». Quelli dei Muri. Muros (y puentes). Suono pesante, ma forse è colpa di Scilla: qui basta niente e da ninfa ti ritrovi mostro.