la Repubblica, 3 settembre 2023
Ustica, la beffe dei risarcimenti
ROMA – Per i centosessanta parenti, stretti o lontani, delle vittime della strage di Ustica sono arrivati, ad oggi, risarcimenti per cinquanta milioni di euro. Dopo 43 anni. Le richieste ammontavano, con varie voci, a un miliardo di euro. Ed erano state accolte in primo grado dal Tribunale di Palermo.
Come tutte le questioni che riguardano questa tragedia depistata, anche il caso risarcimenti ha conosciuto giudizi contrastanti e una forte contrazione del dovuto. Dovuto a chi era rimasto orfano, peresempio, ed è cresciuto in una struttura di accoglienza.
La vicenda civile si è sviluppata a partire dal 2006, chiuso il lungo processo penale. Sono 140 coloro che, affidandosi all’avvocato Daniele Osnato e successivamente al professor Alfredo Galasso, vengono riconosciuti soggetti con diritto a un risarcimento. Mogli, madri, figli. Altri venti parenti entreranno, con diversi legali, nella lista nel corso dei quattro processi paralleli. Il Tribunale civile di Palermo accoglie la gran parte delle istanze e certifica in quella cifra enorme – un miliardo di euro – ciò che lo Stato avrebbe dovuto versare ai parenti dellevittime. L’intransigente opposizione del ministero dei Trasporti, e soprattutto della Difesa, le due entità statali che hanno ostacolato anche la ricostruzione dei fatti, otterrà la sospensione del procedimento per consentire alla Cassazione di esprimersi su una questione di fondo: la vita umana è un diritto risarcibile? «Con sorpresa», sostiene l’avvocato Osnato, «la Corte suprema disse che no, la vita non è risarcibile perché il concetto non è codificato nel diritto». Con la sentenza vengono rase al suolo le indicazioni di primo grado e «la Cassazione costruì un riferimento della giurisprudenza assicurativa, da allora sbilanciata in favore delle compagnie».
Le corti di appello di Palermo, saranno trenta i magistrati civili coinvolti in un dibattimento a sua volta lungo diciassette stagioni, nel 2017 limeranno a un terzo i risarcimenti previsti: via il “diritto alla vita”, resistettero a fatica i concetti di “mancato rapporto economico” e “disgregazione familiare”. La stessa Cassazione stabilì una ripartizione tra i richiedenti indicando che il risarcimento avrebbe dovuto essere trasformato in un vitalizio.
Nel frattempo il Governo Prodi, questo nel 2006, aveva fatto entrare le “vittime di Ustica” all’interno della classe “vittime di terrorismo” garantendo loro un contributo mensile attorno ai 1.000 euro, oggi rivalutato a 1.200, fino al 75° anno di età: «Un’elemosina». Il decreto di governo, però, attivò una nuova richiesta dei ministeri coinvolti in sede di giustizia civile: parlando di rischio di “indebito arricchimento”, la burocrazia di Stato ottenne di decurtare dalle somme dovute sul piano giudiziario gli emolumenti concessi dalla politica. «Il risultato è stato quello di non dare nulla a coloro che all’epoca dei fatti erano ancora giovani, e così sarà fino ai 75 anni». Se moriranno prima, dice il legale indicando il risultato grottesco della sentenza, «potranno però essere risarciti».
Il faticoso procedimento civile, con due successivi interventi della Cassazione, è praticamente terminato, restano alla Corte suprema tre residui che difficilmente cambieranno l’impianto. Ci sono parenti delle vittime di Ustica che non hanno visto fin qui nulla e, in generale, a fronte di un risarcimento personale valutato in 3-4 milioni di euro a persona, oggi l’elargizione media è tra 150.000 e 200.000 euro. Chiude l’avvocato Osnato: «Molti parenti avevano firmato liberatorie per dare i soldi che avrebbero ottenuto in beneficenza, quella pressione monetaria serviva per arrivare alla verità: o mi dici chi ha sparato il missile o ti spello. A fronte dell’entità del dovuto, la politica si è mossa a tutti i livelli, anche pressando la magistratura civile, per depotenziare le richieste. C’è riuscita, e senza mai dare ai parenti di Ustica la verità».