la Repubblica, 3 settembre 2023
Ustica, la Francia vuola collaborare ma non aprire gli archivi
«Su questa tragedia la Francia ha fornito ogni elemento in suo possesso ogni volta che le è stato chiesto». Il ministero degli Esteri francese mostra a parole apertura sull’appello lanciato dall’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato per arrivare alla verità sul disastro di Ustica. Il ministero aggiunge che ogni informazione è stata fornita «soprattutto nel quadro delle inchieste condotte dalla giustizia italiana. Restiamo ovviamente a disposizione per lavorare con l’Italia se ce lo chiederà». È una linea di continuità rispetto alla presidenza del socialista François Hollande che nel 2014, su richiesta dell’allora premier Matteo Renzi, aveva dato il via libera alle rogatorie arrivate dall’Italia. Una posizione confermata da Emmanuel Macron all’Eliseo che segna una disponibilità solo apparente, perché nei fatti la collaborazione giudiziaria tra i due paesi non si è sostanziata in elementi concreti per far avanzare l’inchiesta. Le risposte francesi ai pm di Roma sono state spesso evasive sui tanti chiarimenti sollecitati, come l’ipotesi che un pilota francese si sarebbe suicidato dopo l’operazione che ha portato all’abbattimento del Dc9.
Un muro di gomma che non aiuta a fugare i sospetti. Le richieste di informazioni dei giornalisti al ministero francese della Difesa che non a caso è soprannominatoLa Grande Muette, la grande muta – finiscono in un vuoto pneumatico. La verità, o almeno una parte, si trova forse negli archivi militari custoditi nel château de Vincennes. Documenti che, in assenza di una decisione politica, saranno desecretati non prima del 2040. «La Francia ha una delle durate più lunghe per il segreto sulla Difesa, sessant’anni e in alcuni casi di più come per alcuni documenti della Seconda guerra mondiale che sono ancora classificati», nota lo studioso Laurent Chalard, membro del think tank European Centre for International Affairs. «Nel caso di Ustica – prosegue Chalard – è probabile che ci sia un doppio sigillo di segretezza sui documenti dell’epoca, dello Stato francese ma anche della Nato».
Una delle altre possibili ragioni che spiegano la reticenza dell’esercito d’Oltralpe è proteggere dalla giustizia italiana i piloti francesi coinvolti, molti probabilmente ancora vivi. «Il silenzio della Francia su questa vicenda è assoluto», commenta Emmanuel Ostian, uno dei pochi giornalistid’Oltralpe che ha indagato sul coinvolgimento francese nella strage del 1980. Autore di “Crash de Ustica, une bavure française”, documentario trasmesso sul Canal+ nel 2016, Ostian ha mandato decine di domande alla Difesa per consultare gli archivi militari: «Tutte cadute nel vuoto, non hanno avuto neanche la cortesia di rispondermi». Il documentario diCanal+ ha rintracciato la presenza della portaerei Foch nel Mediterraneo, contrariamente a quanto sostenuto da altre fonti ufficiali. E ha confermato l’attività nella base di Solenzara la sera del 27 giugno 1980. Il giornalista ha anche ripescato dichiarazioni tv dell’allora capo dello Sdec (Service de Documentation et de Contre- Espionnage) Alexandre de Marenches, aristocratico mosso da un fervente odio anticomunista, che ha regnato sui servizi francesi tra il 1970 e il 1981. De Marenches si vantava allora di voler eliminare Muammar Gheddafi, “nemico pubblico numero uno” della Francia e degli Stati Uniti.
Il mandato veniva dal capo di Stato, Valery Giscard d’Estaing. Nel suo libro “Le Pouvoir et la Vie”, l’ex presidente racconta che già nel marzo 1977 aveva cominciato a dialogare con Anwar el-Sadat, capo di Stato egiziano, per sbarazzarsi del colonnello libico, che oltre a sostenere vari gruppi terroristi era regista di molte trame antifrancesi in Africa. Il Service Action, le squadre speciali dell’allora Sdec (oggi Dgse), avevano pianifcato di far esplodere una bomba al passaggio di un corteo nel quale viaggiava Gheddafi. Un’altra volta doveva essere colpito durante una conferenza stampa. Ogni volta, grazie al suo intuito o a buoni informatori, il raìs non si è presentato. Giscard scrive nelle sue memorie: «Rimpiango che non se ne sia fatto nulla. Un cambio di regime in Libia sarebbe stato vantaggioso per l’Egitto e l’Africa. Avrebbe salvato il Ciad dalla crisi sanguinosa che ha poi attraversato». Nel 2020, qualche mese prima di morire, il novantaquattrenne Giscard aveva spiegato a Repubblica di «non ricordare» l’ affaire di Ustica e non avere nulla da aggiungere rispetto a quanto scritto nella sua biografia.
L’inseguimento della Francia contro Gheddafi si è concluso qualche decennio dopo. Il 20 ottobre 2011 il raìs libico è stato ucciso in seguito ai bombardamenti in Libia guidati da Parigi.