La Stampa, 3 settembre 2023
Brandizzo, gli operai non avevano il via libera
Alle 23,36 della notte tra mercoledì e giovedì scorsi, la telecamera che inquadra banchina e binari della stazione di Brandizzo immortala nitidamente Antonio Massa, preposto Rfi al cantiere gestito dalla ditta Sigifer ora indagato dalla procura di Ivrea per disastro e omicidio con dolo eventuale. Sta parlando al telefono. È la terza chiamata negli ultimi minuti con la dirigente movimento dello snodo ferroviario di Chivasso, una lavoratrice esperta. La traccia audio è nelle mani dei magistrati acquisita dal server Rfi: «Deve passare un treno in ritardo, aspetta».
La richiesta, anche se non perentoria, è chiara, ma nelle immagini della stazione si vedono già i cinque operai di borgo Vercelli (Michael Zanera, 34 anni; Giuseppe Sorvillo, 43 anni; Saverio Giuseppe Lombardo, 52 anni; Giuseppe Aversa, 49 anni; Kevin Laganà, 22 anni) che armeggiano sulla massicciata. Stanno smontando pezzi di rotaia con un avvitatore. I rumori in sottofondo confermano l’attività in corso. Non dovevano essere lì. Eppure già alle 23,26, nella prima (di quattro) complessive telefonate tra Massa e la centrale operativa era stato proprio quest’ultimo a chiedere: «Possiamo iniziare allora?». E la risposta era sempre stata la stessa: «Aspetta, devono passare due convogli, uno è in ritardo». Il primo, un regionale, era transitato, ma il treno vuoto che di lì a poco investirà – «come una bomba» dicono ora gli investigatori – stava per arrivare.
Non serve essere dei profondi conoscitori del codice penale per comprendere che – al netto dell’assenza di autorizzazione a lavorare sia verbale che scritta già accertata dagli investigatori – la posizione del dipendente Rfi (addetto alla scorta cantieri) si complica, se possibile, ancora di più. Perché l’ipotetica attenuante di un ritardo di convoglio a lui non noto, si polverizza in questa telefonata. E nella testimonianza del capo cantiere della Sigifer, Andrea Girardin Gibin, l’altro indagato: «Ci ha detto lui di iniziare, ha dato il via libera». Prima di mezzanotte Massa farà ancora una chiamata e la dirigente gli proporrà due possibili fasce per l’intervento: «Da mezzanotte all’una e venti oppure dopo l’1,30 e fino alle quattro» perché a quell’ora è previsto il transito di un ultimo convoglio. Mentre parlano si consuma la tragedia cui – come ha raccontato La Stampa – seguirà una drammatica, finale, conversazione: «Sono morti, sono tutti morti».
Dice la procuratrice di Ivrea, Gabriella Viglione che coordina le indagini svolte dal nucleo incidenti ferroviari della Polfer e dalla guardia di Finanza: «Bisogna capire se procedere con i lavori senza avere il permesso sia una sciagurata scelta delle persone coinvolte o, al contrario, se in questo comportamento possano esserci delle abitudini, delle consuetudini e delle richieste». Un collega delle vittime, Antonio Veneziano, dirà al Tg1 che «mi è già capitato di iniziare dei lavori prima in quel tratto». Per risparmiare tempo? Perché meno dura un cantiere meno costa al committente? Su questo non vi è ancora una vera e propria ipotesi investigativa, ma un ragionamento in corso sì.
A Ivrea certo vogliono comprendere se ancora a monte della fase finale della tragedia vi possano essere omissioni o insufficienze nella procedura di sicurezza. Per far questo, a breve, saranno disposte almeno due consulenze. Una riguarderà un ingegnere «specializzato nelle dinamiche di circolazione ferroviaria». L’altra farà riferimento a una figura che possa studiare processi di sistema in materia di sicurezza incrociando le attuali norme e regolamenti con le evidenze accertate nella tragedia di Brandizzo.
Certo è che nessuno dei sistemi possibili per arginare la corsa di quel treno pur in presenza di un ostacolo sui binari si è attivato. In quella zona non è in uso il sistema della cosiddette “C luminose”. «E questo è un fatto – ragiona un investigatore – altro discorso è se questo sia normale o meno. Lo stiamo accertando».
Ancora: gli operai non stavano lavorando con un carrello d’acciaio posizionato sui binari e il sistema alternativo non ha rilevato nulla: «Sbullonavano a margine della rotaia forse è questo il motivo per cui l’alert è rimasto sulla carta». Forse già all’inizio della prossima settimana, Massa, sentito all’inizio come persone informata sui fatti (e per questo interrotto nel primo verbale in attesa dell’avvocato d’ufficio), verrà nuovamente interrogato con un legale di fiducia. le sue precedenti dichiarazioni, pur utili ai fini investigativi, non saranno utilizzabili processualmente se non ribadite da lui stesso