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 2023  settembre 03 Domenica calendario

Il compromesso sul patto di stabilità

CERNOBBIO Il governo italiano non è isolato in Europa nella sua richiesta di nuove regole di bilancio europee che escludano dal deficit le spese militari o dal debito quelle legate ai prestiti del Piano di ripresa (Pnrr). Grecia, Polonia, Ungheria, i baltici, la Romania e la Slovenia propongono di non calcolare nei conti l’impatto dei bilanci della difesa; il Portogallo pensa a regole europee che siano, nella sostanza, vicine a quelle di cui anche ieri al Forum Ambrosetti di Cernobbio ha parlato il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Dunque la partita del nuovo Patto di stabilità resta aperta. Ma non sarà semplice. Né la Germania, né la Francia sono conquistate dalla proposta italiana e proprio in queste settimane stanno lavorando a una posizione comune che – se raggiunta – darebbe una svolta al negoziato. Era certo prevedibile che Christian Lindner, ministro delle Finanze di Berlino, non aderisse all’idea di aggiungere altra flessibilità ai vincoli di finanza pubblica. Quanto al governo francese, in questa fase sembra avere priorità diverse. A Parigi si teme che l’opzione di scomputare dal deficit voci diverse finisca per generare distorsioni e interpretazioni un po’ troppo creative della contabilità; si sospetta anche che possa produrre dissidi tra Paesi: ciascuno presenterebbe le proprie voci preferite da eliminare dal computo del deficit, in base alle differenti priorità, dunque trovare una sintesi sarebbe difficile.
La Francia sembra più interessata alla proposta della Commissione, che prevede di definire piani di riduzione del debito di una durata fino a sette anni, se nel frattempo un governo si impegna in riforme e investimenti strategici. Quei percorsi sarebbero diversi fra loro e definiti su misura per ciascun Paese, sulla base di un’analisi di sostenibilità dei conti svolta dalla Commissione stessa. Parigi è soprattutto interessata a guadagnare uno o due anni prima che il meccanismo scatti, perché l’anno prossimo e nel 2025 potrebbe avere un deficit ancora decisamente troppo alto (il più alto dell’area euro, con Belgio e Slovacchia). Il governo tedesco invece rifiuta soprattutto quello che percepisce come un eccessivo aumento del potere della Commissione, perché il percorso di bilancio di ciascun Paese sarebbe disegnato e vigilato nell’esecutivo di Bruxelles. Di qui la proposta iniziale di Lindner di rendere obbligatoria una riduzione del debito dell’uno per cento del prodotto lordo, ogni anno e per tutti i Paesi.
Niente di tutto questo sembra andare bene all’Italia. A Roma si teme che i percorsi di rientro ritagliati su misura penalizzino i Paesi dal debito più alto, e che la rigidità del meccanismo di Lindner aggravi le fasi di debolezza dell’economia. Ad oggi è probabile però una proposta di compromesso di Parigi e Berlino che confermi la sostanza del nuovo Patto di stabilità immaginato dalla Commissione, aggiungendoci sopra una forte dose di controllo da parte del Consiglio dei ministri europeo: è lì che sono rappresentati i governi ed è lì che la Germania conta decisamente di più.
Per negoziare giudizi di favore sugli investimenti restano però alcune strade aperte al governo di Roma: la spesa militare o per altre priorità strategiche europee potrebbe rientrare nei «fattori rilevanti» che, se invocati, possono evitare a un Paese di subire una procedura per deficit eccessivo anche quando è oltre i limiti. Il governo di Lisbona ci sta lavorando. Ma nel negoziato l’Italia ha dei limiti, anche perché il lavoro comune con Madrid è diventato più difficile malgrado gli interessi comuni: il premier Pedro Sanchez non ha gradito quando la sua collega Giorgia Meloni ha appoggiato la campagna elettorale di Vox in Spagna, che cercava di farlo cadere. E, senza dire una parola in pubblico, Sanchez non ha dimenticato.