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 2023  settembre 02 Sabato calendario

A scuola di Putin

«Mi chiamo Ivan, oggi è il mio primo giorno di scuola e vorrei ringraziare Vladimir Vladimirovich per essersi preso cura della mia città, Mariupol». Il piccolo Ivan è circondato da uomini in uniforme, che gli fanno da suggeritori mentre recita il suo discorsino al presidente russo, che sorride soddisfatto. L’anno scolastico in Russia inizia con Vladimir Putin: è lui che tiene – prima in videoconferenza, e poi in presenza di una trentina dei migliori allevi da tutta la Federazione – la lezione “Conversazioni importanti”, l’ora obbligatoria di ideologia introdotta dopo l’invasione dell’Ucraina per indottrinare gli studenti. È il suo volto che appare sulla copertina dei quaderni distribuiti ai bambini della nuova scuola di Mariupol, costruita dai militari russi dopo che il padrone del Cremlino “si è preso cura” della città ucraina radendola quasi interamente al suolo. È sua anche la scelta dei corsi che i ragazzi russi dai 6 ai 17 anni seguiranno per l’intero arco di studi nelle scuole è già arrivato il nuovo “manuale unico” di storia contemporanea, riscritto per ordine del presidente nelle ultime settimane, con tutti i cliché della propaganda e il ponte di Crimea in copertina, su indicazione esplicita del capo di Stato.
In alcune città dell’Ucraina l’inizio dell’anno scolastico è stato celebrato nei rifugi antiaerei, e soltanto il 60% degli scolari potrà frequentare le scuole a tempo pieno. Gli altri dovranno accontentarsi di una modalità mista, tra aula e collegamento online, perché centinaia di scuole sono state distrutte dall’artiglieria russa, e molte altre – circa un terzo, secondo il primo ministro Denys Shmyhal – non dispongono di rifugi capaci di accogliere in caso di allarme aereo tutti gli studenti e i docenti, e quindi non potranno venire riaperte. A Kharkiv in alcune stazioni della metropolitana sono state create “aule” per più di mille allievi: la città si trova vicino al confine russo e gli attacchi di razzi sono troppo frequenti per rischiare. Nei territori ucraini occupati dalla Russia invece le scuole hanno riaperto come russe, con programmi omologati a quelli di Mosca e spesso anche con docenti inviati da oltre confine per garantire l’applicazione degli “standard di istruzione” voluti dal Cremlino. In alcune scuole delle zone occupate delle regioni di Zaporizhzhia e Kherson però è stata conservata l’opzione di lezioni in ucraino come madrelingua (con manuali russi però), scelta dal 46% degli allievi, in un gesto di evidente sfida che pare aver preoccupato Mosca. Che non a caso continua a cercare di deportare ragazzi ucraini in territorio russo, il reato per il quale Putin è stato incriminato dal Tribunale dell’Aja: proprio ieri, l’Ucraina è riuscita a riportare a casa 11 minori dai due ai 16 anni.
La scuola è un fronte di battaglia che Putin considera prioritario, e da ieri sia i ragazzi russi che gli ucraini dei territori occupati sono entrati in una macchina di indottrinamento ideologico che ricorda sempre più da vicino l’istruzione di epoca sovietica, non a caso proclamata più volte «la migliore del mondo» da molti personaggi della corte del Cremlino. La scuola non solo non è più fuori dalla politica, ma ne è parte integrante, con l’obiettivo di preparare i ragazzi a combattere e morire per la patria. Lo stesso Putin ieri ha raccontato durante la sua lezione che «i russi sono semplicemente invincibili», proponendo come esempio le lettere che suo nonno scriveva a suo zio al fronte della Seconda guerra mondiale, invitandolo a «fare a pezzi quei bastardi». Un evidente parallelo con la guerra in Ucraina che il Cremlino propone come sorta di sequel della guerra sovietica contro la Germania di Hitler, ormai una sorta di ossessione per Putin.
Il culto della militarizzazione è stato ieri evidente anche in molte cerimonie di inizio anni in diversi istituti russi: molti presidi hanno fatto vestire i bambini e i ragazzi con uniformi, marciare e mimare (a volte anche con armi in mano) comportamenti da soldati. Iniziative che qualche volta hanno provocato le proteste dei genitori, ma quello che fino a un anno e mezzo fa poteva essere un eccesso di zelo di singoli presidi o governatori, oggi è politica dello Stato, e anche per chi non è entusiasta del militarismo a scuola esimersi diventa difficile. Le scene di ragazzi che marciano, che cantano canzoni patriottiche come l’inno “Sono un russo” del cantante neonazista Shaman, o che al comando dei docenti alzano il pugno al cielo «contro la Nato», hanno riempito i social russi. Molte scuole hanno riaperto i battenti cambiando insegna: ora portano i nomi dei loro ex studenti morti sul fronte ucraino, con tanto di lapidi e “banchi degli eroi”, scrivanie decorate con foto di soldati e simboli militari, sedere dietro le quali viene presentato come un onore per i migliori.
Non si tratta soltanto di nuove scenografie, anche il piano didattico è stato cambiato. Mentre le “Conversazioni importanti” rimangono a tema libero, e molti docenti le rendono puramente rituali, il resto dei corsi è stato ridisegnato in maniera tale da rendere impossibile a insegnanti e studenti sfuggire alla propaganda. Il manuale di storia unico, che ripete la visione del mondo promossa da Putin e dalle sue televisioni negli ultimi due anni, è diventato obbligatorio. Sono spariti tutti i corsi che potevano insegnare ai ragazzi valori diversi, come le ore dedicate a “Ecologia”, “Economia” e “Diritto”. Al loro posto arrivano le “Basi della cultura russa”, le lezioni “di lavoro” per insegnare mestieri manuali, e il corso di preparazione militare, un’altra riesumazione di una tradizione sovietica, che servirà anche a trovare lavoro a molti reduci della “operazione militare speciale”.