ItaliaOggi, 2 settembre 2023
Americani sono religiosi finti
Agli europei tende a provocare un certo grado di ilarità l’ostentata religiosità dei politici americani, quanto amino farsi fotografare con la famiglia sull’uscio di una chiesa a Pasqua o la frequenza con cui condiscono i loro discorsi pubblici con ampi riferimenti a Dio. L’etichetta nazionale lo richiede…
Oggi gli Stati Uniti pesano troppo per ricordare il fatto ovvio che è davvero un paese nuovo, quasi recente in termini storici. È facile pertanto non avere presente quanto gli americani siano ancora legati al proprio mito della fondazione. Romolo e Remo appartengono tranquillamente a un passato talmente lontano e ormai cancellato dal tempo che i loro pensieri e le loro opinioni non sono più né conosciuti né considerati.. Gli Usa sentono ancora sul collo il fiato dei Padri pellegrini, le guide spirituali arrivate con i primi pionieri europee. E questo solo pochi secoli fa.
Non si può uscire dalla scolarizzazione americana senza portare impressi due luoghi comuni: che i primi colonizzatori europei sono arrivati in America “yearning to be free” (agognando la libertà) e per sfuggire dalla persecuzione religiosa nei propri paesi d’origine. Che potessero star cercando invece la libertà dai creditori, dalla polizia, dalla miseria o dalle mogli non è invece considerato. La festa nazionale del 4 luglio che celebra la Dichiarazione d’Indipendenza del 1776) si festeggia sparando fuochi e bevendo alcolici. Però, la vera festa dell’americanità è Thanksgiving, il giorno del Ringraziamento, una ricorrenza a sfondo religioso (è Dio che si ringrazia) e che è celebrato con un ampio pranzo condotto perlopiù in casa e con una marcata ritualità, consumando un gigantesco tacchino in compagnia dei familiari e di altri amici intimi.
L’insistenza sull’aspetto spirituale della fondazione degli Usa è comprensibile, ma è anche una balla colossale. È certamente vero che, fin dal principio, gli Usa garantivano un grado di libertà religiosa inaudita per l’epoca, ma è anche un fatto che in molti casi i primi colonizzatori non sapevano cosa farsene. Nel New England notoriamente puritano del 1690 la percentuale della popolazione che andava in chiesa era del 15%; la stessa proporzione -15% – dei colonizzatori della Virginia che tra il 1649 e il 1680 si dettero la pena di far battezzare i figli. Un prete anglicano in visita nel Maryland nel 1683 scrisse ai suoi superiori in Inghilterra che: «Qui il giorno del Nostro Signore è profanato, la religione è disprezzata e si commettono tutti i più notori vizi. È una Sodoma…di porcherie e di iniquità».
Va bene, le frontiere sono notoriamente territori disorganizzati. Da quel periodo in poi gli americani sarebbero diventati credenti praticanti (secondo alcuni sondaggi al 50-60%) ma anche dei gran bugiardi in materia. Una ricerca sul campo dimostra che meno della metà di quelli che, intervistati, dicono di andare regolarmente in chiesa, ci vanno di rado.