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 2023  settembre 02 Sabato calendario

Un articolo sulla città di Bergamo

Ho sempre condiviso l’ammirazione incondizionata di architetti come Le Corbusier e Frank Lloyd Wright per la città di Bergamo, per il suo generoso e civile abbraccio in cui grandi monumenti e tessuto edilizio, da un lato, conformazione naturale e disegno urbano, dall’altro, si fondono in una densa stratificazione storica senza soluzione di continuità e in due parti di città tra loro ben distinte. Sul colle è insediata infatti la Città Alta, con il suo centro politico e religioso; sul piano la Città Bassa, oggi investita non da un semplice ampliamento ma da una sua riorganizzazione bipolare, per un ripensamento su senso e forma delle città contemporanee maturato nella seconda metà del secolo scorso.
Il policentrismo che ogni grande città moderna italiana insegue faticosamente, in quanto figura adeguata alla sua vastità e complessità, qui dunque è fenomeno già da tempo in atto, favorito dall’incontro tra morfologia naturale del sito e storia, si potrebbe dire tra natura e modi dell’umano abitare. Oggi la Città sul colle è completamente cinta dalle mura veneziane, dalle quali la vista può spaziare nelle giornate più limpide dal profilo delle Alpi Orobie fino a Milano, e riconoscere dettagliatamente, sotto di esse, la Città Bassa. Volgendo lo sguardo all’interno si è invece sorpresi dal compatto assommarsi di palazzi, cupole, torri e campanili in una densità resa sempre più varia dal Medioevo fino al pieno Rinascimento. Fulcro della città sul colle è l’insieme di due piazze contigue, messe in comunicazione dalle arcate aperte del Palazzo della Ragione del XII secolo. In una sorgono: il duomo di Sant’Alessandro, iniziato nel 1459 su disegni di Antonio Averulino detto il Filarete, con imponenti tracce tardo antiche nel sottosuolo emerse dagli scavi del 2004; la cappella Colleoni, del 1470-1475, dall’esuberante facciata policroma, dell’architetto e scultore Giovanni Antonio Amadeo; la basilica di Santa Maria Maggiore, di struttura romanica, dal XV secolo gestita dalla congregazione laica di origine medievale detta Opera Pia Misericordia Maggiore (Mia), con protiro e battistero del trecentesco Giovanni da Campione, all’interno rimaneggiata nel Seicento da Francesco Maria Richini. Qui si trova il cenotafio, scolpito da Vincenzo Vela, di Gaetano Donizetti, nativo di Bergamo. L’altra piazza, denominata Vecchia e sede per molti secoli dell’attività politica e civile citta-dina, pavimentata a losanghe di mattoncini rossi di disegno settecentesco, è dominata dalla Torre civica o Campanone che tuttora, alle 22 di ogni giorno, scocca cento colpi, segnale un tempo della chiusura notturna dei portoni delle mura venete. Attorno al suo centro, occupato dalla fontana Contarini del 1780, si allineano nobili edifici oggi sede di istituzioni pubbliche: il Palazzo Nuovo, con la Biblioteca Angelo Mai, quello della Ragione − che ospita mostre d’arte −, e quello del Podestà − con la facciata affrescata da Bramante nel 1477 − con il Museo storico.
Il Rinascimento fu il periodo di maggior splendore artistico della città: decorazioni dipinte furono realizzate sulle facciate e nei portici dei palazzi e delle case, le chiese vennero ornate con pale e quadri d’altare come, per citarne alcuni, il polittico del Bergognone nella chiesa di Santo Spirito; i dipinti di Romanino, Moretto e Moroni delle cinquecentesche scuole bergamasca e bresciana; quelli di Jacopo Bassano, di Palma il Giovane, di Sebastiano Ricci e molti altri della scuola veneta tra Cinque e Settecento. Indimenticabile il complesso di opere di Lorenzo Lotto, che soggiornò in Bergamo tra 1513 e 1526.
Incide con forza nel paesaggio il giro di queste robuste mura di circa sei chilometri, intervallate da quattro porte imponenti, che immettono nel tessuto edilizio urbano, dedicate a San Giacomo, San Lorenzo − o Porta Garibaldi −, Sant’Alessandro e Sant’Agostino. Capolavoro di ingegneria militare, il sistema di- costruito tra 1561 e 1588 quando Bergamo era sotto il dominio della Repubblica veneziana, ha vie di fuga, postazioni di cannoni, depositi di munizioni e tutto ciò che, con l’introduzione della polvere da sparo a scopi bellici, portò al progetto delle fortificazioni definite bastionate. Questa gigantesca fortezza, fortunatamente mai utilizzata, costituisce l’estremità occidentale del sistema di difesa dello Stato di Terra della Serenissima, che proteggeva dalle potenze europee a nord-ovest, mentre le difese del suo Stato da Mar salvaguardavano le rotte marittime e i porti sul Mar Adriatico a est. L’eccezionale insieme di queste reti difensive costituisce, dal luglio 2017, un unico sito Unesco transnazionale.
La cinta bastionata di Bergamo comportò la distruzione di molti edifici preesistenti, segnò con una decisa frattura, ricucita in seguito con interventi puntuali di connessione, i due nuclei urbani, diede luogo a una ridistribuzione della popolazione e orientò le attività produttive verso la Città Bassa, che ottenne configurazione mercantile e finanziaria sempre più accentuata, dal momento che l’antico insediamento sul colle riusciva sempre meno a corrispondere alle nuove dinamiche contenendole e rappresentandole.
Bergamo Bassa si dotò tra Settecento e Ottocento di edifici pubblici e infrastrutture essenziali per la sua dinamica vita civile: da una grande Porta Nuova con propilei in stile neoclassico del 1837, realizzata in occasione dell’ingresso in città di Ferdifensivo nando I d’Austria, alla stazione ferroviaria, alla sede dell’Accademia Carrara, al teatro Donizetti, ai palazzi della Prefettura, del Comune, dell’Ospedale psichiatrico. Nel 1907 il concorso per la trasformazione della “fiera di pietra” di Sant’Alessandro fu vinto dal progetto firmato dall’ingegnere Giuseppe Quaroni, padre del più noto Ludovico, e da un giovane studente dell’Accademia di Belle Arti, Marcello Piacentini. Fu il trampolino di lancio di quest’ultimo, figura di riferimento nell’epoca mussoliniana e tra i maggiori protagonisti del Novecento italiano. Con la collaborazione di Luigi Angelini, dell’ingegnere Ernesto Suardo e di Giovanni Muzio tra 1912 e 1927 egli costruì, in un’area più ampia di quella della Fiera abbattuta, un insieme di edifici di grandi dimensioni: la Banca d’Italia. il Credito Italiano, la Torre dei Caduti, la Camera di Commercio, il blocco di edifici per uffici lungo il Sentierone, le Poste e Telegrafi e il Palazzo di Giustizia. Definì pertanto nel giro di pochi anni il nucleo centrale, omogeneo e compatto, oggi denominato centro piacentiniano, di una città borghese che assunse conformazione stilisticamente unitaria, da subito rappresentativa del potere politico ed economico emergente che mirava a inserirsi in una rete sempre più fitta di scambi. L’intervento piacentiniano in Città Bassa e il quasi contemporaneo risanamento di Città Alta, su progetto di Luigi Angelini, documentano un contributo moderno al dialogo tra passato e presente tra i più preziosi nella storia urbana italiana, suggellato in un certo senso dallo svolgimento nel 1949, in Bergamo, del VII Ciam (Congresso internazionale di architettura moderna) guidato da Le Corbusier, che ha lasciato un suo splendido schizzo della città.