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 2023  settembre 01 Venerdì calendario

Reportage da Brandizzo

Cinque vite spazzate via nella notte, cinque operai spappolati come insetti sul parabrezza, nella stazioncina da treni pendolari che ormai di lavoratori ne trasportano sempre di meno verso gli stabilimenti di Settimo Torinese e di quella che fu la grande città-fabbrica. Chissà se il presidente Mattarella ha visto il murale del sottopassaggio di Brandizzo, con una fila di uomini, la schiena piegata da un carico di sassi e la scritta: “Condividi di più, consuma di più, sorridi di più”.
Ha invece pianto tutta la mattina P., 22 anni, dipendente fino alla settimana scorsa proprio della squadra “Regolazione corta” della Sigifer Costruzioni Ferroviarie, massacrata da un treno in corsa. Mi rilascia la sua testimonianza seduto di fronte ai dirigenti della Camera del Lavoro di Vercelli: “Non è stato facile dirlo alla mia compagna perché sono un padre di famiglia, abbiamo dei bambini da crescere, ma gliel’ho detto: ‘Io voglio tornare a casa vivo, a lavorare lì non voglio andarci più’. L’ultima busta paga, tutta di orario notturno, comprensiva del Tfr, è stata di 980 euro. Il mese prima ne avevo guadagnati 899”.
Eppure, replico, al bar della stazione di Brandizzo ricordano com’era felice il suo defunto coetaneo Kevin Laganà che aveva offerto da bere a tutti perché gli avevano rinnovato il contratto: “Già, il mio amico Kevin. Era arrivato a conquistare il posto fisso. La tabella in Sigifer è questa: primo contratto di un mese, poi tre contratti di sei mesi, solo dopo questa trafila, se gli vai bene, tempo indeterminato. Ci mandavano in cantiere con le lampadine sul casco che fanno pochissima luce. Nessun lampione. Ci facevano firmare un corso sulla sicurezza mai effettuato. E siccome non timbri ma hai solo il foglio ore, capitava di fare sia il turno del mattino che quello di notte. I più anziani fra i colleghi morti arrivavano a prendere 1.700-800 al mese per un lavoro duro in cui rischiavi la pelle. Se fossi rimasto probabilmente ieri sarei morto anch’io”.
Ora dicono che quel treno doveva passare prima che loro scendessero sui binari… “Io so solo che prima di iniziare aspettavamo sempre quella che chiamiamo l’interruzione. La colpa non è neanche del macchinista del treno, è l’ufficio della stazione che doveva deviare lo scambio bloccando quel tratto”.
Li ricorda uno a uno, non solo Kevin Laganà, i colleghi con cui saliva sul furgone a Borgo Vercellese alle 21:30 per poi bere un caffè all’autogrill, aspettare in stazione il segnale dell’interruzione e lavorare al buio fino alle 3:30: Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa. Vuole incontrare i loro familiari prima di muoversi con il sindacato, a cui si era già rivolto prima della strage cui è scampato: “Quando stamattina leggevo i loro nomi mi veniva ogni volta da ripetere anche il mio”.
Questa nuova strage somiglia maledettamente a quella che 16 anni fa costò la vita a sette operai della Thyssenkrupp, sbattendo in faccia a Torino e all’Italia intera la retrocessione del lavoro operaio. Perché oggi come allora la responsabilità della mancata sicurezza riguarda aziende di prima grandezza: che sia la multinazionale dell’acciaio, Rete Ferroviaria Italiana o la stessa Sigifer di Borgo Vercelli, 250 dipendenti, che a Brandizzo operava in subappalto della CLF.
Com’è possibile che un banale errore umano non potesse venir rimediato? Me lo hanno sintetizzato brutalmente così i dirigenti della Fillea, sindacato edili Cgil: “Sulle linee dell’Alta velocità basta che un uccello ‘sporchi’ un binario e scatta il meccanismo automatico che blocca tutto. Invece sulla cosiddetta rete secondaria, che poi è il 70 per cento delle nostre ferrovie, nulla è cambiato dagli anni Settanta. Si va avanti con le radioline e i pezzi di carta. E per quanto le infrastrutture siano vecchie e la manutenzione carente, la logica del profitto vince su quella del servizio pubblico. In sintesi, fanno correre sempre più treni su tratte malandate. Questa è la responsabilità che pesa sulle spalle di RFI, per questo scioperiamo e piangiamo i nostri compagni”.
A Brandizzo mi sgridano quando sorpasso il nastro segnaletico per guardare l’orario della stazione. In effetti ormai di qui passano solo pochi treni pendolari per Chivasso, Lingotto, Pinerolo, Novara. Molte linee in Piemonte sono state soppresse. E i binari si sostituiscono di notte, quando va bene col braccio meccanico che serve a posizionare le “macchinette” necessarie a alzarli e abbassarli. Un tabellone ricorda che il primo treno è passato da Brandizzo nel 1855 e che trent’anni dopo, nel 1885, è avvenuto il raddoppio dei binari. A celebrare l’epoca post-industriale, come ultimo rintocco di campana, giunge ora il sacrificio dei cinque operai Sigifer.
Imbarazzante è constatare come al lutto fin da subito si è accompagnato lo scaricabarile delle responsabilità partito da Roma, mentre il giornale radio trasmette in diretta Giorgia Meloni a Caivano, non il presidente Sergio Mattarella venuto alla stazione di Brandizzo per deporvi un mazzo di fiori.
Prima di raggiungere il luogo della strage, la piccola folla ammutolita dei cittadini che sostano fra le telecamere, ero passato da Borgo Vercelli per tentare invano di visitare la Sigifer. Il sindaco Mario Demagistri suona il citofono, ma non ci fanno entrare. Vedo la grande insegna col disegno di un vagone ferroviario, i furgoni posteggiati in attesa di raggiungere i cantieri… sulla cancellata però a ora di pranzo non hanno ancora pensato di mettere neanche un segno di lutto.
Demagistri mi racconta di aziende sane che danno lavoro ai suoi duemila e passa residenti, presto ne arriverà pure una della logistica. In effetti non siamo lontani dal grande polo di Biandrate, dove l’estate scorsa un altro operaio era morto investito da un Tir durante un picchettaggio.
Soprattutto, il sindaco ci tiene a dire che i titolari della Sigifer prima erano anch’essi operai, capaci in trent’anni di mettere su una ditta fiorente, divenuta fra le principali appaltatrici della manutenzione RFI.
Certo il suo racconto diverge assai dalla descrizione delle condizioni di lavoro e retributive testimoniate dall’ex dipendente che incontrerò nel pomeriggio alla Camera del Lavoro di Vercelli.