Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  agosto 31 Giovedì calendario

Cavani, prima regista con il Leone d’oro

 «Sono la prima donna a ricevere questo premio e non lo trovo giusto. Ci sono molte registe e sceneggiatrici che lavorano bene nel cinema, tanto quanto gli uomini. Dobbiamo dargli la possibilità di essere viste. Mi auguro che questo inizio abbia un seguito negli anni». Un discorso di ringraziamento sentito e commosso quello di Liliana Cavani per il Leone d’oro alla carriera, con standing ovation e abbraccio sul palco della Sala Grande, accanto a Charlotte Rampling, la sua musa di Portiere di notte, che ha introdotto l’omaggio («Hai preso le nostre ombre e le hai portate alla luce»). Con quel fuori programma a braccio. «Voglio aggiungere una cosa», ha precisato in coda al testo che si era preparata, poi una pausa a controllare le emozioni, lei che è abituata a centellinarle, almeno in pubblico. Le donne che hanno vinto il Leone alla carriera sono in stragrande maggioranza attrici, una sceneggiatrice, Suso Cecchi D’Amico e una regista, la cinese Ann Hui. Cavani è la prima regista italiana a ottenerlo.
Ha ragione Claudia Gerini: altro che novantenne, ha il coraggio e l’entusiasmo della ragazzina. Arrivata al Lido con un doppio motivo di soddisfazione – anche la presentazione, fuori concorso, del suo nuovo film, L’ordine del tempo, molto liberamente tratto dall’omonimo saggio del fisico Carlo Rovelli, in sala da oggi —, coccolatissima dal suo cast, Gerini e Edoardo Leo, Valentina Cervi, Francesca Inaudi, Ksenia Rappoport, la regista di Portiere di notte, arrivato dopo il suo lavoro da documentarista sul Terzo Reich, non si è tirata indietro su nulla. «I rigurgiti del fascismo? Un detto popolare dice: “la madre degli imbecilli è sempre incinta”. Credo sia quasi inevitabile chi vive nella nostalgia per un passato che, per fortuna per noi, non c’è più. Ma sono tranquilla: un pericolo fascista oggi alle porte non c’è». Quello che non accetta è il negazionismo. «Ci sono ancora persone che negano, nonostante l’orrore dei campi sia stato filmato. Li metterei legati, costretti a vedere tutto. Mi stupisco, però credo nasca dall’ignoranza. La storia a scuola si studia troppo poco e non sempre con il desiderio di capire, non adeguato alla ferocia dei tempi».
Commenta con ironia le attenzioni iniziate mesi fa con la torta di compleanno al ministero della Cultura. «Forse si sono accorti che esistevo, in certi settori le donne evidentemente è come se non ci fossero. Mi sentivo un po’ come quelle sarte che lavorano solo per un gruppo di clienti affezionato». In quanto al Leone taglia corto, anche se non nasconde la gioia. «Non ci ho mai pensato, il premio è poter fare il mio lavoro».
In questo caso andando a lezione di fisica da Rovelli. «Scrive libri che consiglio di leggere a tutti. Anche se non capite. Lui veniva a casa mia, con il mio cosceneggiatore Paolo Costella ci facevamo spiegare e non so se abbiamo capito veramente ma ne è uscito questo film sul tempo. È qualcosa che ci perseguita, ci pone domande continue. C’è un ordine nel tempo? Va avanti o magari indietro? Quando dici “tutto passa” dove va? Sui libri di storia?».
Il suo tempo da regista, racconta, iniziò da piccolissima, prima da spettatrice («Mia mamma mi portava al cinema già a 4 anni») con gusti precisi. «Vedevo i film di Bergman, un autore che fa un cinema di sentimenti, di azione interiore. Ma se potessi salvare un solo film sarebbe L’oro di Napoli». Quindi da regista. «Vinsi un concorso in Rai da dirigente ma spiegai alla commissione che non volevo fare la burocrate. E iniziai con i documentari. Quella è stata la mia scuola di storia».