Avvenire, 30 agosto 2023
2,8 miliardi per la banda ultra larga
Ritardi nelle aree bianche e grigie, contenziosi sui permessi, difficoltà di accesso alla rete e l’annoso tema della cessione della rete di Tim. Per colpa di questi e altri nodi da sciogliere, il sogno di portare internet super veloce a tutte le famiglie e aziende italiane non si è ancora avverato. Tutti i piani finanziati dagli ultimi governi, infatti, sono in grave ritardo. Ed è per questo che il governo ha appena rilanciato la nuova Strategia nazionale 20232026 per la Banda ultra larga. La strategia è “nuova”, ma in buona parte riprende la Strategia italiana per la Banda ultra larga approvata dal governo Draghi nel maggio del 2021. L’obiettivo finale è comunque lo stesso: recuperare terreno nello sviluppo della connettività veloce in tutto il Paese, intervenire sulle cosiddette aree bianche e grigie del territorio e spingere sulla diffusione del 5G e, al tempo stesso, rilanciare il settore delle telecomunicazioni.
Sul tavolo investimenti complessivi per 2,82 miliardi di euro, di cui una parte derivante dalle economie maturate nell’ambito degli interventi Pnrr per la Banda ultralarga. La situazione va sbloccata e per questo il governo intende investire in nuovi mezzi e soluzioni per supportare gli enti pubblici nella autorizzazione e nel controllo dei cantieri, ma anche per mappare e georeferenziare i civici e le unità immobiliari da connettere, per le quali oggi c’è un tasso di errore superiore al 20%. Dei fondi messi a disposizione una parte sarà dedicata alle infrastrutture vere e proprie, facendo entrare più pesantemente in campo il settore pubblico. In questa direzione sono stati per esempio stanziati 400 milioni di euro per una “rete di ritorno” in fibra ottica di proprietà pubblica lungo le tratte ferroviarie. La collaborazione con FS vale anche lato 5G: verranno stanziati infatti 250 milioni per realizzare un’infrastruttura 5G multi-operatore pubblica lungo le tratte ad Alta Velocità. Altri 800 milioni di euro serviranno invece per spingere le grandi realtà nazionali (enti pubblici, distretti industriali, aree portuali, poli di alta specializzazione e aree agricole) a sviluppare applicazioni e servizi innovativi verticali basati sul 5G e sulle tecnologie più innovative come l’edge computing. Sul tavolo diverse aree di intervento: da “Italia a 1 Giga” per promuovere, attraverso l’intervento pubblico, a tutti gli utenti una velocità di connessione in linea con gli standard europei, fino ai progetti “Scuola connessa” – con l’obiettivo di garantire a tutti gli edifici scolastici pubblici del Paese connettività ad almeno 1 Gigabit/s – e “Sanità connessa” per fornire copertura adeguata a oltre 12 mila strutture del servizio sanitario nazionale. A questo si aggiunge anche l’attenzione a incrementare la copertura delle reti radiomobili e l’evoluzione verso i servizi 5G per 21 isole minori fra Lazio, Puglia, Sicilia, Toscana e Sardegna, tramite la posa di cavi ottici sottomarini. L’urgenza c’è, il 2026 è dietro l’angolo e i tanti ritardi già accumulati stanno diventando una zavorra anche e soprattutto per le imprese e i distretti industriali del made in Italy. La “geografia della connettività veloce”, infatti, è scoraggiante: molte zone, comprese quelle produttive, sono ancora sprovviste o comunque scarsamente coperte della banda ultralarga su rete fissa, la cosiddetta fiber to the home (Ftth), ossia un collegamento che porta la fibra ottica dalla centrale fin dentro case e aziende. Un limite strutturale oggi molto forte, visto che senza banda larga alle imprese viene precluso l’accesso a piattaforme e servizi che garantiscono una vera innovazione. Incrociando l’elenco dei distretti presenti nell’ultimo censimento Istat e la mappa della banda larga pubblicata dall’Agcom, infatti, in molti dei comuni che danno nome ai poli non c’è traccia di Ftth, in altri casi la connessione in fibra si ferma all’1%: la maggior parte dei distretti industriali sono infatti collegati con connessione Fiber to the cabinet (Fttc), la fibra che si ferma agli armadietti stradali, e che in certi casi non supera i 30 megabit al secondo.