Il Messaggero, 30 agosto 2023
Trafori chiusi, è allarme per l’export Made in Italy
ROMA Governo in allarme per i valichi alpini bloccati. Ieri al dicastero dei Trasporti c’è stata una riunione operativa con il ministro Matteo Salvini per fare il punto della situazione degli attraversamenti a rischio: dal Monte Bianco, al Fréjus al Brennero. Si tratta di «dossier prioritari su cui Salvini è impegnato con un’azione a tutto campo sin dal suo primo giorno al Mit», ha sostenuto il ministero in una nota.
IL CANALE
A provocare la crisi è stata la frana caduta domenica pomeriggio nella valle della Maurienne, in Savoia, subito dopo il tunnel del Frejus, che collega l’Italia con la Francia fra Bardonecchia, in Piemonte, e Modane oltreconfine. Un crollo che ha causato lo stop «per un periodo indefinito» ai treni in entrambe le direzioni e il blocco al transito dei mezzi pesanti nella galleria. La terra caduta non sarebbe ancora stabilizzata e anzi ci sarebbero altri 10mila metri cubi di roccia a rischio di distacco che rendono incerti i tempi di riapertura. La frana è caduta a meno di una settimana dalla prevista chiusura per lavori di ristrutturazione del principale itinerario alternativo: il tunnel del Monte Bianco, che collega Italia e Francia dalla val d’Aosta, dove ieri il traffico si è già molto intensificato. Da lunedì 4 settembre la circolazione verrà bloccata per 15 settimane fino al 18 dicembre. O almeno questo era il programma. Ma ora se il traforo del Fréjus non dovesse riaprire ai mezzi pesanti entro lunedì prossimo sul tavolo c’è anche l’ipotesi di rinviare la chiusura del collegamento per non mandare in tilt i trasporti. La presenza di amianto e di umidità sulla volta sono i problemi da risolvere nella galleria del Bianco con un cantiere di prova che dovrà servire a stabilire come risanare la struttura. Il piano è di proseguire poi con altri stop di 3-4 mesi all’anno fino al 2041 per rimettere a posto il tunnel. Ma i problemi ai collegamenti non ci sono solo sul versante Ovest delle Alpi. Anche la linea ferroviaria del Brennero è rimasta chiusa per più di un giorno fino a ieri pomeriggio per un’altra frana dovuta al maltempo. L’Austria inoltre ha già annunciato il calendario dei divieti di transito per i tir lungo l’asse di collegamento del Brennero per i primi sei mesi del 2024.
L’OBIETTIVO
Il ministero dei Trasporti ieri ha assicurato che l’obiettivo immediato è di «limitare al massimo i disagi» e favorire il ritorno alla normalità il più velocemente possibile. Il governo, in particolare, ha attivato un canale di dialogo con la Francia e la società di gestione del traforo del Bianco per rivedere le tempistiche di chiusura e definire le modalità più idonee per la messa in sicurezza della galleria. Sul Brennero, invece, sottolinea ancora il ministero guidato da Salvini, «si lavora al ricorso in Corte di Giustizia» contro i divieti unilaterali austriaci, a fronte dello stallo nel negoziato promosso dalla Commissione europea a causa dell’intransigenza di Vienna.
Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha detto che il governo è al lavoro con la Francia per risolvere «le criticità» e che per questo giovedì vedrà a Toledo, in Spagna, la collega francese Catherine Colonna «per trovare le soluzioni più rapide ed efficaci».
Intanto si cominciano a fare le stime di quelli che potrebbero essere i danni. Per la chiusura del Bianco, Confindustria stima che sia a rischio il 10% del Pil della Val d’Aosta. Il traforo assorbe oltre il 3% del traffico leggero ai valichi alpini e più del 5% di quello pesante. Lo stop «è un buco nero per questa regione e le sue imprese», afferma Francesco Turcato, presidente di Confindustria Valle d’Aosta. «L’unica alternativa a questi 2.000 giorni di chiusura è il raddoppio dell’attuale struttura», aggiunge. Anche il presidente del Piemonte, Alberto Cirio, chiede la costruzione della seconda canna del traforo, a cui però si oppone da sempre la Francia.
«Le gravi limitazioni alla circolazione delle merci attraverso trafori alpini e passo del Brennero costituiscono un pericolo molto serio per le aziende italiane – osserva Lorenzo Zurino, presidente del Forum Italiano dell’export -. Basti pensare che il 60% delle nostre esportazioni passano per le Alpi». «L’export italiano – aggiunge – vale oggi oltre un terzo del nostro Pil e l’assenza di colli di bottiglia infrastrutturali è essenziale per garantirne la piena competitività».
Jacopo Orsini