La Stampa, 30 agosto 2023
La disperazione della ragazza violentata a Palermo
«Non c’è molto da difendere, lei era consenziente e poi, quando non ce la faceva più a prenderne sette, ha detto basta e loro hanno continuato». Volgare, pesante, assurdo: l’utente Instagram che si fa chiamare Gio, nome comunissimo nella troppo vasta (e anonima) popolazione social, scatena – senza saperlo, probabilmente da solo non ci sarebbe arrivato mai, a capirlo – un’autentica tempesta. Perché la vittima dello stupro di Palermo, a cui l’attacco – l’ennesimo – è rivolto, perde la testa, arriva a minacciare il suicidio e nel giro di pochissimo la Procura e i carabinieri prendono l’iniziativa, la prelevano e gli assistenti sociali la portano in una comunità protetta, dove lei potrà pure lavorare.
L’importante era toglierla da lì, dicono in ambienti inquirenti e investigativi: la cappa che si sta stringendo sulla giovanissima preda di sette coetanei, che sono in cella chi da quasi un mese, chi da un paio di settimane, è opprimente. Le pressioni su di lei, orfana di madre e senza padre, che l’ha abbandonata da piccola, si uniscono alle preoccupazioni per la sua tenuta psicologica: la vittima vive con la zia, in una zona che è la stessa in cui abitano i suoi (presunti) violentatori e in un ambiente familiare evidentemente poco protetto, perché in questi giorni lei ha inondato i social di “storie” in cui, partendo da spezzoni di film e video di canzoni, esprime tutto il disagio che sta attraversando, visto che sulla rete è oggetto di commenti a dir poco feroci. Un batti e ribatti continuo, che anticipa quella che sarà la battaglia con i difensori dei suoi (presunti) stupratori: oggi Christian Maronia sarà davanti ai giudici del riesame e il suo legale ripeterà la storia del consenso iniziale poi venuto meno, ma comunque della “buona fede” dei giovani aggressori che avevano visto video di lei un po’ così, la ragazza che ci stava…
Cosa che non spiega perché allora l’ubriacatura che le era stata fatta prendere, perché le botte, la costrizione, il condurla in un cantiere abbandonato del Foro Italico, in quella drammatica notte del 7 luglio, il video – dalla dubbia destinazione e ancor oggi ricercatissimo in rete – che conferma il pestaggio. Ma la vittima teme di essere trasformata in imputata: la denuncia, nel disegno difensivo, potrebbe essere ritorta contro di lei. Da qui la necessità di farle staccare la spina e per questo è stata portata fuori città e trasferita in un centro in cui le verrà anche offerta la possibilità di lavorare.
Hanno sicuramente avuto un peso in questo provvedimento le parole che la ragazza ieri aveva messo nero su bianco su Instagram, dopo che il giovane Gio, belloccio e con occhiali scuri, l’aveva per la millesima volta, dopo tanti altri, insultata: «Sono stanca, mi state portando alla morte. Io stessa, anche senza questi commenti, non ce la faccio più, non ho più voglia di lottare, né per me né per gli altri. Non posso aiutare nessuno se sto così, non serve a nulla continuare. Pensavo di farcela: non è così». Poi le parole agghiaccianti, quelle che hanno fatto scattare la svolta: «Se riesco a farla finita porterò tutti quelli che volevano aiutarmi sempre nel mio cuore». Frasi che confermano il grande dramma che la ragazza continua a vivere. Un clima in cui ieri è intervenuto anche il Garante della privacy, dopo l’Ordine nazionale dei giornalisti, ribadendo che l’identità della vittima non deve essere rivelata. Circola impunemente sui social, lei stessa – dimostrando di non fare i propri interessi – si è mostrata con nome e cognome, rendendo possibili le ricerche su Google, assaltato dai curiosi morbosi. Ci sono anche conseguenze penali, ha spiegato la nota del Garante, che comunque continua con l’istruttoria. Mentre l’Ordine dei giornalisti ha deferito al Consiglio di disciplina il direttore di una testata online che aveva pubblicato i dati contenenti l’identità della ragazza.
Le indagini della polizia postale, sulle tracce del video dello stupro, intanto vanno avanti spedite: si continua a cercare un filo per capire se qualcuno le abbia messe in rete o se siano state vendute. Gli ultimi sviluppi dell’inchiesta sono stati resi noti al sostituto procuratore Monica Guzzardi, che è al lavoro con il coordinamento dell’aggiunto Laura Vaccaro, in questi giorni in ferie, e del procuratore Maurizio de Lucia.
Dopo l’udienza per Maronia, che è difeso dall’avvocato Alessandro Musso, la settimana prossima, martedì 5 settembre, il riesame si occuperà di Samuele La Grassa (avvocato Michele Montalto) e venerdì 8 di Elio Arnao (difeso dall’avvocato Carmelo Adamo). I tre furono arrestati, assieme a Riccardo Parrinello (minorenne il 7 luglio, ma ora diciottenne) il 18 agosto, a distanza di poco più di due settimane dai primi tre portati in cella: Angelo Flores, Christian Barone, Gabriele Di Trapani, che vennero presi il 3 agosto. Per loro il tribunale della Libertà ha confermato il carcere.