Corriere della Sera, 29 agosto 2023
Susanna Tamaro parla del suo cane
Susanna Tamaro ha un nuovo cane. Si chiama Pongo, ha sette anni, arriva dal canile di Orvieto. Ha il muso color crema, le orecchie caramello, la vulnerabile dolcezza di chi nella vita ha ricevuto poche carezze. È stata lei a presentarlo in un bel post su Facebook, dove ha lasciato intendere che ci saranno «varie puntate» dedicate al tema dell’adozione e magari, in futuro, anche un libro. Il titolo ipotetico, La mia vita in venti cani, ce lo anticipa per telefono, un po’ scherzando e un po’ sul serio, dal suo casale in Umbria dove oltre a Pongo le tengono compagnia le «sorelle» Trixi e Sissi, quattro gatti, due asini, più i pappagalli e i canarini che cinguettano in due grandi voliere. Racconta: «Non mi chiedo mai quanti altri romanzi scriverò, ma quanti altri cani arriveranno. Finora sono diciannove. Il primo, come quasi tutti gli altri, lo presi da un canile di Trieste, avevo dieci anni, si chiamava Red».
Quella prima adozione la ritroviamo in Va’ dove ti porta il cuore, il bestseller venduto in tutto il mondo che il 12 settembre torna in libreria per Solferino. Nel romanzo, la nonna spiega alla nipote come capirà che il cane che sta scegliendo è proprio il «suo»: «Ricorda come il Piccolo Principe ha addomesticato la volpe». Cinquantasei anni dopo, l’esperienza ha fatto dell’autrice un’esperta. Tanto da poter dare dei consigli a quanti desiderano prenderne uno al canile, ma poi desistono, spiazzati davanti all’abbaiare furioso e indistinto di tutti i cani che cercano di attirare la loro attenzione. Spiega Tamaro: «È un tema importante, perché spesso ci si lascia guidare soltanto dall’emotività, con il rischio di riportare indietro l’animale dopo poco tempo. E di passare dunque da un abbandono a un altro». Sono invece tante le cose delle quali bisogna tenere conto. E non sempre vanno lì dove ci porterebbe il cuore. «Il carattere del futuro proprietario è importante, così pure l’età, il tipo di vita che fa, se ha figli o no. Io, per esempio, non posso più prendere un cucciolo o un cane troppo grosso di stazza, perché potrebbe rompermi il femore se mi saltasse addosso».
Però conta anche il carattere del cane. «Io non amo i grandi abbaiatori, quelli rumorosi. Per questo bisogna informarsi bene in canile: magari un cane abbaia tanto lì, ma a casa no, e viceversa. Pongo, per dire, all’inizio abbaiava moltissimo: si metteva sulla collinetta e stava lì tre ore, con la sua voce adolescenziale, non abituata a farsi sentire, perché voleva farsi conoscere dai vicini. Quelle volte l’ho dovuto prendere di peso e riportarlo dentro casa». I suoi progressi sono tanti ed emozionanti. «Ha imparato a mettersi seduto e che la tavola è una cosa meravigliosa dalla quale possono planare dei bocconi sulla bocca». Lei è strabiliata dal fatto che dopo sette anni trascorsi in gabbia si sia adattato rapidamente a vivere in una casa. «È normale mettere in conto un periodo di ansia e fragilità. Pongo dorme ancora con la luce accesa, perché ha paura del buio e non riconosce i mobili, è tutto nuovo per lui. Ma mi colpisce molto la plasticità della sua intelligenza, vale per tutti i cani: capiscono di noi molto più di quanto noi pensiamo. Intercettano subito i nostri stati d’animo. Sanno sempre quando è ora di mangiare senza guardare l’orologio».
Pongo ha anche ottimi gusti musicali. «L’altro giorno, mentre stava dormendo, in televisione c’era uno speciale dedicato a Gianni Morandi, di cui sono grande fan. Ebbene, quando lo ha sentito cantare si è alzato tipo La carica dei 101 e si è messo a guardarlo con la testa inclinata, cercando di capire se fosse o no in casa, come a dirgli: “Sono qua, non mi vedi?”». Per non parlare delle sue «passioni»: «Va pazzo per l’acqua, ho dovuto compragli una tinozza dove si fa il bagnetto otto volte al giorno. È pulitissimo. Lo svantaggio è che poi sale bagnato sul divano...».
Pongo è arrivato dopo Tobia, scomparso a giugno. «Ero legatissima a Tobia, compagno di tante passeggiate, disobbediente come pochi. È morto all’improvviso per una malattia fulminante, senza darmi il tempo di abituarmi all’idea. È sepolto assieme agli altri animali nella parte della fattoria destinata al cimitero». In «famiglia», comunque, Pongo è stato accolto bene. «Ho altre due femmine: Trixi, ex cacciatrice di tartufi che non me ne ha mai portato nemmeno uno, e Sissi, l’unica che ho preso senza vederla prima, in tempo di Covid. In passato ho sempre avuto sette cani, come Biancaneve con i nani. I miei gatti? Sono temutissimi: quando i cani li vedono cominciano a strisciare...».
Per chiudere sul «metodo Tamaro»: «Nel canile bisogna prendersi del tempo, fare una passeggiata e fermarsi nei vari box. Poi a casa verranno in mente alcuni musi. Allora si ritorna la seconda volta e già la rosa si restringe». La prima selezione, però,«è da sguardo a sguardo, da anima a anima». Con un po’ di buon senso. Per seguire, dopo, soltanto il cuore.