La Stampa, 29 agosto 2023
Tajani mette in riga gli ambasciatori
Feluche d’Italia, allineatevi. Per spegnere qualsiasi tentazione critica dei funzionari spediti in giro per il mondo a rappresentare l’Italia, e per frenare la voglia social di diplomatici annoiati che tra tante opinioni ne esprimono qualcuna pure sul governo, il ministero degli Esteri lo scorso 9 agosto ha inviato una lettera a tutti gli ambasciatori e consoli italiani. L’oggetto della mail, di cui La Stampa è in possesso, riporta: «Esigenza di coerenza con le linee d’azione tracciate dal vertice politico». La firma il segretario generale Riccardo Guariglia, l’ex ambasciatore a Madrid che il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha voluto accanto a sé alla Farnesina.
L’iniziativa ha creato scompiglio nell’ambiente, non tanto per l’obiettivo – di fatto, mettere in riga gli ambasciatori più chiacchieroni – quanto per il linguaggio usato, che sembra echeggiare il vocabolario della Nazione del nuovo esecutivo di destra. «Tutti i capi missione – c’è scritto – e i responsabili degli uffici consolari e degli Istituti italiani di Cultura sono invitati a prestare la massima attenzione al fine di non incorrere in dichiarazioni pubbliche che rischino di tradursi in un disallineamento rispetto alle linee del governo».
Disallineamento. La questione appare scivolosa. In teoria, non ci sarebbe bisogno di un rimprovero del genere. Basterebbero le linee guida della Costituzione e la consuetudine che con sapienza i dipendenti della Farnesina hanno costruito mantenendo stabili i principi in decenni di governi precari, che durano al massimo in media un paio di anni, con colori politici che sbiadiscono in fretta. La missiva invece è la prova che qualcuno sfugge all’autocontrollo e che la misura delle segnalazioni è colma. Cosa che ci confermano fonti del ministero. Alla Farnesina c’è un ufficio che si occupa di monitorare comportamenti e gaffe dei diplomatici. Da come appare evidente dalla mail di Guariglia, molti si lasciano andare sui social network, commentano, ritwittano, dichiarano, aderiscono. Alcuni di loro, così facendo, sono inciampati in opinioni stonate, appunto, con la linea dell’esecutivo di Giorgia Meloni. «È stato osservato che alcuni canali social istituzionali della rete diplomatico-consolare sono stati utilizzati di recente per esprimere posizioni pubbliche disallineate rispetto agli indirizzi del governo». E invece, «deve prevalere, nell’azione di ciascuno di noi, – conclude Guariglia – l’interesse del Paese e del governo». Il caso dell’ex ambasciatrice di Belgio e Svezia, Elena Basile, in pensione dal 1° giugno, che sul Fatto quotidiano scriveva sotto pseudonimo articoli più morbidi verso la Russia e la sua responsabilità nell’invasione dell’Ucraina, è solo il più eclatante e il più noto di quelli che alla Farnesina hanno setacciato per mesi. Come spiegano dal ministero, i dirigenti vogliono evitare di trovarsi nel pasticcio che sta tormentando i vertici della Difesa, alle prese con le tesi omofobe e razziste del generale Roberto Vannacci.
Se la politica estera di Meloni è cambiata lo è rispetto alla leader che era un tempo, alla linea sovranista e filo-russa espressa per anni all’opposizione. Nulla, o quasi, è mutato rispetto ai suoi predecessori. Ma è pure vero che l’atlantismo della premier, l’adesione alle ragioni di Nato e Stati Uniti, viene considerato eccessivo e troppo acritico da una parte consistente della diplomazia italiana.
La raccomandazione riguarda anche i profili web personali di ambasciatori e consoli. La circolare rimanda a una precedente del 2022 che regolamenta l’utilizzo dei social. Si invita a usare il filtro degli «uffici di Roma» per «verificare che le dichiarazioni siano effettivamente in linea con le posizioni del governo». Un concetto, come si può notare, ripetuto più volte. Sarà il gabinetto del ministro o la segreteria generale a sciogliere ogni dubbio e ad assicurare il completo allineamento.