Corriere della Sera, 28 agosto 2023
Intervista ad Arianna Meloni
«Giorgia mi ha detto: l’unico consiglio che ti do è di non dare peso alle cose che contano poco. Non farti prendere dall’ansia per le sciocchezze. Abbiamo una storia importante da scrivere, al resto evitiamo di dare troppa rilevanza». Arianna Meloni, 48 anni, da 31 militante a destra prima nel Msi, poi in An, nel Pdl e infine Fratelli d’Italia, si gode l’ultimo giorno di ferie al mare prima di cambiare vita.
Non tanto, spiega con voce così simile a quella dell’adorata sorella, per il lavoro che è stata chiamata a fare: «È un ruolo importante, lo so, ma chi mi conosce sa che è quello che ho sempre fatto. Con contratti da precaria alla Regione Lazio, sempre lo stesso genere di contratto, senza evoluzione di carriera, stesso stipendio...». Ma perché da oggi, con la ripresa dell’attività politica, non potrà più permettersi di rimanere quasi nell’anonimato, postazione «perfetta per una timida come me, che preferirebbe sempre fare un passo indietro». Ora ha un ruolo ufficiale.
E qui la polemica: la «sorella di», la «compagna di» che assume una carica di assoluto spicco. FdI è diventato un partito familistico?
«Vuole la verità? È un fuoco di fila di chi non ha voluto informarsi, o ha fatto finta di non conoscere la storia della nostra comunità politica. Mi iscrissi al Msi che avevo 17 anni, ho fatto di tutto: attaccavo i manifesti, contattavo i militanti, organizzavo gli eventi, poi via via ho preso a tenere i contatti alla Regione Lazio con i nostri vari eletti o candidati, più recentemente nel partito, che cresceva... Insomma, politica a tempo pieno».
Ma non ha mai avuto ruoli visibili. Perché?
«Una volta perché Giorgia era ministro o leader, una volta perché Francesco (Lollobrigida, ndr) assumeva altri incarichi... A me stava bene così. Non mi interessa apparire, ma lavorare».
Ora ha cambiato idea, perché? La premier ha chiamato a raccolta i fedelissimi?
«No, il motivo è semplice: in questo ultimo anno sono cambiate talmente tante cose, ci siamo assunti responsabilità enormi, tanti di noi sono impegnati in ruoli di vertice, di tutte le cosiddette aree interne della destra. Oggi c’è la fila di persone che si propone, chiede incarichi, con fin troppo entusiasmo... Ma sono in grado? Non stiamo giocando, qui si lavora per l’Italia. Io credo di saper fare alcune cose con serietà e passione, e posso farle anche al partito, mettendole a disposizione in un momento così frenetico e delicato. Tutte le nostre figure politiche più esperte credo che debbano necessariamente mettersi a regime, ponendo al primo posto la necessità di lavorare per un bene maggiore sacrificando se occorre un bene minore. Tradotto: nel mio caso, rinunciare a quel cono d’ombra che a me è sempre piaciuto tanto. Antonio Giordano, amico e deputato, mi ha definito “cintura nera d’ascolto”. Ecco, credo abbia ragione (sorride, ndr)».
Ora dovrà svolgere questo ruolo anche formalmente.
«Vero. Non era più possibile rimanere dietro le quinte. Sia perché è bene che per certi ruoli ci siano persone che conoscono la politica e sanno fare quello che è richiesto, e io credo di esserne in grado, sia perché è più onesto e serio avere un ruolo ufficiale – il che significa metterci la faccia e assumersi in pubblico responsabilità – che restare nell’ombra».
Nel suo partito qualche mugugno c’è stato, dall’ala di Rampelli si è chiesto il congresso...
«Guardi, io nel partito conosco tutti, siamo davvero un gruppo che è non solo partito ma un legame di vita. Su certe cose ci rido su. In FdI non esistono gruppi o correnti definite, si è creato un caso sul nulla, per dichiarazioni di singoli parlamentari. Se uno con la storia di Rampelli volesse chiedere un congresso, lo farebbe in prima persona: non è accaduto. Anche perché non si è capito a che servirebbe oggi un congresso: c’è una leader indiscussa, la linea politica è condivisa, lo spazio per lavorare c’è in tantissimi ruoli e organismi».
Sarebbe disponibile a candidarsi alle Europee, come si sussurra da più parti?
«Preferirei di no. Ma sono un soldato».
E un «soldato» lo dice un «no, così sbagli» a sua sorella, al suo compagno?
«Certo! Con Giorgia, a dire il vero, siamo sempre in sintonia. E nei rari casi in cui non è così, quasi sempre lei convince me. Con Francesco discutiamo spesso di politica, che penso glielo dico, eccome...».
Lei non aveva ruoli ufficiali quando, mesi fa, si è fatto molto gossip su una presunta relazione di suo marito. Come l’ha presa?
«Quella storia era assurda. Sapevo che girava, ne avevamo parlato in casa ma non ho mai avuto il minimo dubbio. La gente mi chiamava, “come stai, Arianna?”, con voce afflitta, mia madre mi chiese “Ari, dimmi figlia mia, come va?”. E io “ma di che parlate!”. E ci ridevo su, era surreale».
E stavolta si sente ferita?
«Stavolta no, perché me l’aspettavo. E, appunto, gli attacchi mi scivolano addosso. Ho avuto tanti di quei messaggi di stima, vicinanza e solidarietà che ancora non sono riuscita a leggerli tutti. Fu peggio quando lavoravo in Regione: qualcuno insinuò che fossi stata raccomandata, considerando che ero stata una dei pochi precari che aveva rinunciato a fare il concorso per essere stabilizzata… la cosa mi ferì. Mi sono sempre autopenalizzata. Ora è il momento di fare un passo avanti. Con il motto che ripete sempre Giorgia: in un mondo in cui tutti cercano di essere altro, la sfida è rimanere sé stessi. E ho l’intenzione di farlo. Con i piedi ben piantati per terra».