la Repubblica, 28 agosto 2023
Intervista a Papa Francesco
Nella Chiesa a mettere in discussione il Vaticano II senza nominarlo sono in tanti. Negli Stati Uniti, in particolare, nella Chiesa cattolica degli Stati Uniti «c’è un’attitudine reazionaria molto forte», un «indietrismo» di alcuni gruppi che si isolano seguendo non la dottrina ma una «ideologia». Così Francesco nel corso di un incontro con i gesuiti portoghesi che ha incontrato a Lisbona, dove si è recato di recente per la Giornata mondiale della gioventù. Nel colloquio, pubblicato oggi da La Civiltà Cattolica e in parte riportato qui, il Papa racconta la «gioia» del Sinodo e la «preoccupazione» per la guerra e spiega che la Chiesa è aperta alle persone omosessuali e transessuali.
Guardando alla nostra società sessualizzata, consumista, crede che la nostra formazione sia strutturata per affrontare queste sfide?
«(…) Io non ho paura della società sessualizzata, no; mi fa paura come ci rapportiamo con essa, questo sì. Ho paura dei criteri mondani. Preferisco usare il termine “mondani”, piuttosto che “sessualizzati”, perché il termine abbraccia tutto. Per esempio, la smania di promuoversi. L’ansia di risaltare o, come diciamo in Argentina, di “arrampicarsi”. E pensare che chi si arrampica finisce per farsi male da solo. Mia nonna, che era una vecchia saggia, un giorno ci disse: “Nella vita bisogna progredire”, comprare un terreno, i mattoni, la casa… Parole chiare, venivano dall’esperienza dell’emigrante, anche papà era un immigrato. “Ma non confondete il progredire”, aggiungeva la nonna, “con l’arrampicarsi. Infatti, chi si arrampica sale, sale, sale e, invece di avere una casa, di mettere su un’impresa, di lavorare o farsi una posizione, quando è in alto l’unica cosa che mostra è il sedere».
Lei ci ha parlato spesso della vicinanza e l’amicizia con i poveri e con i migranti.
«Vi racconto una cosa. A me
piaceva andare nelle villas miserias quando ero arcivescovo.
Un giorno che ci andai, Giovanni Paolo II era molto grave. Presi l’autobus per andare a una dellevillase, quando arrivai, mi dissero che il Papa era morto. Celebrai la Messa con la gente, e poi ci siamo fermati a dialogare. Una vecchietta mi ha domandato: “Mi può dire come si elegge un Papa?”. Io ho spiegato… “E lei, la possono fare Papa?”. Ho detto: “Possono fare Papa chiunque”. Mi ha risposto: “Le do un consiglio: se la fanno Papa, si compri un cagnolino”. “Perché?”, le ho chiesto. “Dia da mangiare al cagnolino per primo”, mi ha replicato. La vecchia era povera, di unavilla miseria, ma di fatti della Chiesa se ne intendeva… È una cosa interessante. I poveri hanno una sapienza speciale (…)».
Negli Stati Uniti ho visto tanti, anche vescovi, criticare il suo modo di condurre la Chiesa.
«Hai verificato che negli Stati Uniti la situazione non è facile: c’è un’attitudine reazionaria molto forte, organizzata, che struttura un’appartenenza anche affettiva.
A queste persone voglio ricordare che l’indietrismo è inutile, e bisogna capire che c’è una giusta evoluzione nella comprensione delle questioni di fede e di morale (…). Andiamo al concreto. Oggi è peccato detenere bombe atomiche; la pena di morte è peccato, non si può praticare, e prima non era così; quanto alla schiavitù, alcuni Pontefici prima di me l’hanno tollerata, ma le cose oggi sono diverse (…). La comprensione dell’uomo muta col tempo, e così anche la coscienza dell’uomo si approfondisce.
Anche le altre scienze e la loro evoluzione aiutano la Chiesa in questa crescita nella comprensione. La visione della dottrina della Chiesa come un monolite è errata. Ma alcuni si chiamano fuori, vanno all’indietro, sono quelli che io chiamo “indietristi” (…). Quei gruppi americani dei quali parli, così chiusi, si stanno isolando da soli. E anziché vivere di dottrina, della vera dottrina che sempre si sviluppa e dà frutto, vivono di ideologie. Ma quando nella vita abbandoni la dottrina perrimpiazzarla con un’ideologia, hai perso, hai perso come in guerra».
Ci sono giovani omosessuali che si sentono parte attiva della Chiesa, ma non vedono nell’appello alla castità una chiamata personale al celibato, ma piuttosto una imposizione.
«È evidente che oggi il tema dell’omosessualità è molto forte, e la sensibilità a questo proposito cambia a seconda delle circostanze storiche. Ma quello che a me non piace affatto, in generale, è che si guardi al cosiddetto “peccato della carne” con la lente d’ingrandimento, così come si è fatto per tanto tempo a proposito del sesto comandamento. Se sfruttavi gli operai, se mentivi o imbrogliavi, non contava, e invece erano rilevanti i peccati sotto la cintola (…). Per accompagnare spiritualmente e pastoralmente le persone ci vuole molta sensibilità e creatività. Ma tutti, tutti, tutti, sono chiamati a vivere nella Chiesa: non dimenticatelo mai.
Prendo spunto dalla tua domanda e voglio aggiungere un’altra cosa che invece riguarda le persone transessuali. Alle udienze generali del mercoledì partecipa una suora di Charles de Foucauld, suor Geneviève, che ha ottant’anni e (…)lavora molto anche con ragazze che sono transgender. E un giorno mi ha detto: “Le posso portare all’udienza?”. “Certo!” (…). La prima volta che sono venute, piangevano. Una di queste donne mi ha detto: “Non pensavo che il Papa potesse ricevermi!”. Poi, dopo la prima sorpresa, hanno preso l’abitudine di venire.
Qualcuna mi scrive, e io le rispondo via mail. Tutti sono invitati! Mi sono reso conto che queste persone si sentono rifiutate, ed è davvero dura».
Che cosa le pesa sul cuore? E quali gioie sta provando in questo periodo?
«La gioia che ho più presente è la preparazione al Sinodo, anche se a volte vedo, in alcune parti, che ci sono carenze nel modo di condurla. La gioia di vedere come dai piccoli gruppi parrocchiali, dai piccoli gruppi di chiese, emergano riflessioni molto belle e c’è grande fermento (…). Ovviamente una cosa che mi preoccupa molto, senza alcun dubbio, sono le guerre. Dalla fine della Seconda guerra mondiale, in tutto il mondo le guerre sono state incessanti. E oggi vediamo che cosa sta accadendo nel mondo. Inutile che aggiunga parole».