il Fatto Quotidiano, 28 agosto 2023
Ricordando Delfini
Lo scrittore Antonio Delfini morì il 23 febbraio 1963. Era un irregolare, emarginato dai “poeti laureati”. Eppure sei mesi dopo, il 23 di agosto, con il suo libro “I racconti” (Garzanti) vinse il premio Viareggio tra non poche polemiche e il sostegno di Pier Paolo Pasolini e Giuseppe Ungaretti. Sembra una storia inventata da lui, ma è tutto vero.
Scriveva “La Stampa” del 24 agosto che, dopo “una lunga e vivacissima discussione”, i giurati avevano deciso che i quattro milioni del Viareggio sarebbero andati alla memoria di Delfini. Questi “‘Racconti’ sono saltati fuori all’ultimo momento, quando è venuta meno la candidatura Piovene. L’esclusione dell’autore de ‘Le furie’ ha una sua storia”. Il corrispondente de “La Stampa” raccontava che “Eugenio Montale era venuto al Royal dopo una assenza di dieci anni per sostenere lo scrittore veneto”. Guido Piovene “era in assoluta maggioranza, avrebbe dovuto vincere”, ma “è intervenuto Olivetti, finanziatore del premio”. Arrigo Olivetti “ha manifestato il suo disappunto; come antifascista rimproverava a Piovene alcuni articoli scritti durante il fascismo, come ebreo non poteva perdonargli alcune prese di posizione sulla questione razziale”.
La maggioranza non c’era più. A Piovene “fu esposta con tutta franchezza la situazione”. Si cercò di convincerlo che una “lettera di rinuncia sarebbe stata senz’altro accettata e sarebbe servita per calmare le acque”, però rifiutò. Pier Paolo Pasolini, allora, mise “in primo piano ‘I racconti’ di Delfini”. Ancora il quotidiano torinese, il giorno seguente, ritornò sulla vicenda: “La maggioranza del giudici era orientata a non assegnare il premio dei quattro milioni per la narrativa, mentre Ungaretti si batteva con energia ed efficacia a favore dello scomparso scrittore modenese (per il quale si è ritoccato il regolamento che vieta la palma della vittoria ai defunti). La tesi di Ungaretti, dopo la lunghissima discussione, è stata accettata, ma non per questo la polemica è finita”.
Tra Leonida Repaci e Alberto Moravia “è sorto uno scontro molto acceso”. In una lettera firmata “per primo dal presidente Repaci e quindi da tutti gli altri membri, e cioè Bigiaretti, Giacomo Debenedetti, Sandro De Feo, Montale, Moravia, Pasolini, Ravegnani, Ungaretti e Zavattini”, si affermava “in linea di principio la piena libertà di giudizio degli uomini chiamati ad esprimersi sulle opere letterarie culturali che affrontano la prova di un premio”. La seconda giuria, quella per la saggistica, “si univa alla decisione della prima e cosi la seconda lettera di dimissioni firmata da Antonicelli, Astolfi, Bobbio, Longhi, Paci, Pampaloni, Tecchi, Valiani e Sapegno, veniva immediatamente consegnata al Comitato”. Alla fine la “serata conclusiva si è svolta senza nessun intoppo. Pubblico elegantissimo (per la prima volta al Viareggio erano tutti in giacca e cravatta, con numerosissimi abiti da sera), accorso al fascinoso richiamo della premiazione più numeroso del solito. Repaci ha fatto il discorsetto introduttivo, Pasolini ha letto la relazione per la poesia, Moravia quella per la narrativa, Pampaloni quella per la saggistica. I premiati erano tutti presenti”. Salvo ovviamente Antonio Delfini, che forse se la stava ridendo.