Corriere della Sera, 28 agosto 2023
Viaggio al centro dell’orchestra
Che cosa sapete davvero di un’orchestra? La domanda che pone Nicola Campogrande (1969), compositore e direttore artistico – quest’anno alla sua ultima stagione alla guida del festival di MiTo SettembreMusica, che si svolgerà dal 7 al 22 settembre tra Milano e Torino – in apertura del suo nuovo libro Viaggio al centro dell’orchestra. La vita segreta della musica classica tra direttori e solisti, prove e strumenti, disastri e colpi di genio (in uscita domani per Bur Rizzoli) è una domanda che sintetizza piuttosto bene lo scopo divulgativo di questo scritto. Che porta il lettore, pagina dopo pagina, alla scoperta del funzionamento degli strumenti musicali che insieme vanno a costruire quella cattedrale sonora che è l’orchestra sinfonica.
Lo scopo? Semplice: per arrivare a raggiungere un ascolto più consapevole. Della serie: se sappiamo come funziona, possiamo anche trarne il maggior piacere possibile. Non fa una piega. Campogrande, con il suo tipico approccio da abile divulgatore, va così a coprire una falla nelle pubblicazioni di argomento musicale, che sono molto spesso di eccellente qualità ma, per gergo tecnico, concetti e riferimenti utilizzati, si fermano per forza di cose ai lettori più esperti. Non deve stupire, visto che viviamo in un Paese dove l’istruzione musicale nella scuola dell’obbligo sfiora il ridicolo (lo stesso Campogrande ne è consapevole, al punto da aver firmato un innovativo libro di testo, Prima la musica!, edito da Lattes nel 2022). Diceva con amara ironia il musicologo Fedele D’Amico (1912-1990) che viviamo nel Paese del Belcanto, dei Verdi, dei Rossini e dei Donizetti, ma se prendi quattro gitanti e provi a fare intonare loro una pur semplicissima melodia, due sbaglieranno l’intonazione e gli altri due il tempo.
Campogrande in questo nuovo saggio, dedicato alla memoria del suo maestro, il compositore Azio Corghi (1937-2022), riavvolge il nastro. A modo suo. E invita il lettore che ama la musica (attenzione: il libro è adatto anche alle generazioni più giovani) a entrare dalla porta di servizio e ad accomodarsi dietro le quinte. In silenzio. A osservare gli ingranaggi che mettono in moto un’orchestra. E si parte subito con la spiegazione delle differenze fra quella barocca (perfezionata da Johann Sebastian Bach e Antonio Vivaldi), quella classica (impiega da Franz Joseph Haydn, Wolfgang Amadeus Mozart e Ludwig van Beethoven), romantica (quella per la quale Hector Berlioz concepisce la sua Sinfonia Fantastica), tardo-romantica (la grandeur dell’Ottava di Gustav Mahler e della Nona di Anton Bruckner), fino alla cosiddetta orchestra «a uno» (quindi un flauto, un oboe, un clarinetto…), usata per un periodo delle avanguardie della seconda metà del Novecento, per due motivi: snobbare il passato e risparmiare (non erano molte le risorse a disposizione per quel genere).
Il terzo capitolo è dedicato agli strumenti e al loro ruolo. E per ognuno ci sono diversi brani storici tratti dalla letteratura musicale che li mette al meglio in rilievo. Un esempio: per capire il flauto e familiarizzarci, il consiglio d’ascolto è l’onirico poema sinfonico di Claude Debussy, Prélude à l’après-midi d’un faune. Per il clarinetto l’attacco inconfondibile della R hapsody in Blue di George Gershwin. Il capitolo prosegue con il fagotto, il corno, il basso tuba, le percussioni, e con gli strumenti più noti e più legati all’immaginario della music classica, dai violini in giù.
A metà libro, arriva lui. Il capo supremo. Il direttore, «l’unico musicista dell’orchestra che non suona», specifica Campogrande, cosa che «lo rende un professionista dal mestiere strano, curioso». È fra l’altro una figura che «esiste solo dall’inizio dell’Ottocento». E non serve forse nemmeno andare a scomodare l’Elias Canetti di Massa e potere (1960), dove l’autore scrive che «non c’è alcuna espressione del potere più evidente dell’attività del direttore d’orchestra», per rendersi conto della suprema importanza della figura (mitizzata) di un grande Maestro.
Il climax del libro arriva nella sua parte finale (come accade in tante sinfonie), quando l’autore racconta in una ventina di pagine, dieci brani a suo giudizio «orchestrati divinamente». Leggete la descrizione e poi ascoltatene una buona esecuzione. Per capire al meglio il concetto che sta alla base del libro: raggiungere un maggiore piacere attraverso un ascolto consapevole. Che non è poco.