Corriere della Sera, 27 agosto 2023
Intervista a Dmitrij Suslov, un uomo vicino allo zar
Vladimir Putin non può permettersi un’altra mobilitazione. «Anche se ora si è rafforzato, la guerra sarà lunga» dice Suslov, consigliere dello zar.
«Il fallimento della ribellione di Prigozhin e la sua fine rafforzano la stabilità del sistema. Putin ora è più forte, ha il pieno controllo su tutto l’apparato militare e di sicurezza e può guardare alle elezioni del 2024, quando sarà sicuramente rieletto con una stragrande maggioranza».
Dmitrij Suslov dirige il Centro di studi europei e internazionali presso la Scuola superiore di Economia, uno dei più importanti istituti russi dove viene pensata la politica estera del Cremlino.
L’offensiva Ucraina procede a rilento, cosa cambia questo per la Russia?
«La cosiddetta controffensiva ucraina è in realtà fallita e questo è un “game changer” non solo per noi, ma per l’intero conflitto. Essa, infatti, giocava un ruolo chiave nel piano occidentale. L’intenzione era tagliare il ponte che collega la Russia alla Crimea, raggiungere il mare di Azov e costringere la Russia al tavolo negoziale, dove trovare un compromesso che rispecchiasse più gli interessi dell’Ucraina e dell’Occidente che non quelli russi. Per esempio, costringendo Mosca a ritirare le sue forze sulle posizioni del 24 febbraio. Ora è chiaro che questo non accadrà, è fisicamente impossibile costringere la Russia al ritiro attraverso mezzi militari. Non ora, tanto meno il prossimo anno, quando è molto improbabile che l’Occidente sarà in grado di assicurare all’Ucraina una quantità di munizioni e armi comparabile con quelle fornite finora: l’aiuto occidentale a Kiev sarà decisamente inferiore».
Ma la Russia approfitterà di questa situazione per lanciare una sua offensiva?
«Non credo. Penso che non ci sarà una massiccia iniziativa strategica russa sul terreno».
Perché?
«Per farlo, sarebbe necessaria una nuova ondata di mobilitazione ufficiale. Quella informale continua, ma è funzionale a condurre una difesa offensiva o attacchi di piccole dimensioni come quello in corso a Kupiansk, nell’Est. Non sarebbe tuttavia sufficiente per un’offensiva su vasta scala. All’inizio del prossimo anno ci saranno elezioni presidenziali, Putin sarà sicuramente candidato e vuole evitare in ogni modo una nuova mobilitazione, sul modello di quella lanciata lo scorso anno. Sarebbe impopolare. Quindi escludo che per i prossimi mesi e fino alla primavera Mosca lancerà alcuna grande offensiva».
Se fosse così, si potrebbe immaginare che si creino le condizioni per una qualche forma di negoziato?
«In teoria sì. Ma la palla è nel campo degli Stati Uniti. Tocca all’amministrazione Biden decidere. Ci sono due alternative: la prima è una trattativa che porti a un armistizio anche senza accordo politico. L’altra è la continuazione della guerra, magari a bassa intensità. È convinzione del Cremlino che la Casa Bianca preferisca la seconda alla prima, poiché il consenso prevalente in America è che i costi del proseguimento della guerra per gli Usa siano inferiori a quelli di un armistizio o di un accordo politico, che sembrerebbero entrambi una sconfitta per l’Occidente collettivo e per l’America. Non ci sono soldati americani che muoiono in Ucraina, quindi il prezzo da pagare alla continuazione della guerra è accettabile per la Casa Bianca anche senza una prospettiva di vittoria. L’esempio è quello dell’Afghanistan: l’Amministrazione Obama concluse già nel 2009 che era impossibile vincere, ma gli Stati Uniti hanno ritirato le truppe solo 12 anni dopo. In Ucraina gli americani non combattono neppure, forniscono solo armi, addestramento e intelligence. In ogni caso ogni cambiamento della politica americana in Ucraina è legato a un cambio di Amministrazione dopo le elezioni del prossimo anno. Senza questo, non cambieranno linea».
Ma a quali condizioni Mosca sarebbe pronta a negoziare?
«C’è la convinzione che la Russia si preoccupi solo dei territori, che sarebbe pronta ad accettare un cessate il fuoco se mantenesse il controllo del Donbass, oltre naturalmente la Crimea. Non è così. Mosca non ha affatto dimenticato le sue più ampie richieste politiche, come i limiti alla cooperazione militare tra Kiev e la Nato. Per la Russia rimane inaccettabile sia l’ingresso di Kiev nella Nato, sia la cosiddetta opzione Israele, che rafforzerebbe militarmente l’Ucraina senza tuttavia farla aderire all’Alleanza. Se questo è quello che pensa l’Occidente, non avremo altra scelta che continuare la guerra di logoramento per tutto il tempo che sarà necessario».
Potete permettervelo? L’economia non va così bene, il rublo è crollato.
«È vero ci sono alcuni problemi, ma non sono criticità, si tratta piuttosto di tensioni congiunturali. Il debito crescente a causa dello sforzo bellico è all’origine della caduta del rublo, ma è assolutamente sostenibile. I consumi tengono, il complesso militar-industriale lavora a piena capacità. E non siamo affatto isolati nel mondo come dimostra il recente vertice dei Brics. Combattiamo una guerra difficile, ma abbiamo le risorse per continuarla. La domanda è se l’Ucraina possa permetterselo. Hanno enormi problemi di mobilitazione, le infrastrutture sono a pezzi e l’aiuto occidentale non sarà più ai livelli visti finora».